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Claudio Marini – Cattiva digestione
mostra personale di Claudio Marini. L’artista presenta una decina di lavori
Comunicato stampa
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"Non cuocerai troppo.
Utilizzerai prodotti freschi e di qualità.
Alleggerirai il tuo menù.
Non sarai sistematicamente modernista.
Ricercherai tuttavia il contributo di nuove tecniche.
Eviterai marinate, frollature, fermentazioni, ecc.
Eliminerai le salse e i sughi ricchi.
Non ignorerai la dietetica.
Non truccherai la presentazione dei tuoi piatti.
Sarai inventivo.”
[Henri Gault e Christian Millau nel 1973, Les 10 commandements de la nouvelle cuisine ]
Rompe la sua andatura flessuosa in una filza di riprese, la chiocciola sofferente per indigestione da probiotici naturali. Pasto e consumatrice di ritmi circadiani a basso impatto emozionale, testimone ed essa stessa segno (@) dell’evaporazione della comunicazione analogica, monitora singhiozzando l’avanzare del predatore bipede, attuato come nella fisiologia dell’essere in un sistema interconnesso così, parallelamente, nelle oscillazioni delle sue consuetudini alimentari. Dal vezzo dell’impiattamento minimal al portato estetico della scienza in gastronomia, dal dolorismo nutrizionale - “less is more” - alla dis-poetica dell’aspartame: in costante regime low-empathy, la locomozione del mollusco ha intercettato le gastriti ingenerate dall’interazione multimediale sovraespansa, macchiato della sua bava antica l’ordine aumentato dei bisogni umani. Ha perso l’appetito, diverrà una escargot à la bourguignonne, epilogo gourmet di una storia intitolata “Cattiva digestione”.
Alla mensa di Claudio Marini, una ricostruzione scenica di efferatezze visivo-gustative a base di decorazioni geometriche (salsa) e azoto liquido, la Romberg indietreggia lungo la scala evolutiva delle necessità primarie del Banchettatore, incontro all’elementarità montata a neve nei laboratori delle fusioni contemporanee; crossover linguistici e operazionali, misture concettuali e vitaminiche, ordite con sapienza al fine – per dirla con Gilles Lipovetsky – di piacere e colpire, esorbitando dai semplici meccanismi di attrazione volti al sostentamento degli organi vitali. Piacere e colpire, eros e pathos, dettano il principio fertilizzante della retorica ipermoderna: ciò che nella poetica visualmente impietosa di Marini è effetto indesiderato e non pensiero-concime a rilascio controllato, il risultato di primitive e nuove dialettiche, di prevaricazioni, compenetrazioni, compensazioni e, nella forma, di contrasti materici-cromatici in cui le dinamiche dell’universo collettivo si fanno immagine, preservando una traccia di formidabile accidentalità. In questo spazio, dove le forzature centrifughe della sperimentazione estetico-culinaria allineano, sulle pareti, i rifiuti organici di una gestualità sommersa da materiali residuali, l’opera di Claudio Marini presenta la stratigrafia di una regione primordiale e, sulla superficie, una radiografia della sua identità espressiva: nelle sequenze di lingue di terra, legni e gineprai di cascami - gomitoli di lana non trattata – attraversate da tracce di lumaca, e dall’artista lacerate con schizzi di smalto e acrilico ed elementi cartacei, si definisce la volumetria di un’astrazione capace di suggerire le strutture subliminali dell’esistere associato, mediante la ricerca dell’essenza non iconica del mondo interiore. Il conflitto evolutivo da archetipo sociale diviene paradigma del linguaggio pittorico, humus di nuove ibridazioni aromatiche, e qualcuno vi è caduto: al centro della tavola, un’ombra congestiona il tempo della convivialità, galleggiando in una mise en place di grafite come un richiamo sepolcrale, cronaca di un’intossicazione trapassata.
Utilizzerai prodotti freschi e di qualità.
Alleggerirai il tuo menù.
Non sarai sistematicamente modernista.
Ricercherai tuttavia il contributo di nuove tecniche.
Eviterai marinate, frollature, fermentazioni, ecc.
Eliminerai le salse e i sughi ricchi.
Non ignorerai la dietetica.
Non truccherai la presentazione dei tuoi piatti.
Sarai inventivo.”
[Henri Gault e Christian Millau nel 1973, Les 10 commandements de la nouvelle cuisine ]
Rompe la sua andatura flessuosa in una filza di riprese, la chiocciola sofferente per indigestione da probiotici naturali. Pasto e consumatrice di ritmi circadiani a basso impatto emozionale, testimone ed essa stessa segno (@) dell’evaporazione della comunicazione analogica, monitora singhiozzando l’avanzare del predatore bipede, attuato come nella fisiologia dell’essere in un sistema interconnesso così, parallelamente, nelle oscillazioni delle sue consuetudini alimentari. Dal vezzo dell’impiattamento minimal al portato estetico della scienza in gastronomia, dal dolorismo nutrizionale - “less is more” - alla dis-poetica dell’aspartame: in costante regime low-empathy, la locomozione del mollusco ha intercettato le gastriti ingenerate dall’interazione multimediale sovraespansa, macchiato della sua bava antica l’ordine aumentato dei bisogni umani. Ha perso l’appetito, diverrà una escargot à la bourguignonne, epilogo gourmet di una storia intitolata “Cattiva digestione”.
Alla mensa di Claudio Marini, una ricostruzione scenica di efferatezze visivo-gustative a base di decorazioni geometriche (salsa) e azoto liquido, la Romberg indietreggia lungo la scala evolutiva delle necessità primarie del Banchettatore, incontro all’elementarità montata a neve nei laboratori delle fusioni contemporanee; crossover linguistici e operazionali, misture concettuali e vitaminiche, ordite con sapienza al fine – per dirla con Gilles Lipovetsky – di piacere e colpire, esorbitando dai semplici meccanismi di attrazione volti al sostentamento degli organi vitali. Piacere e colpire, eros e pathos, dettano il principio fertilizzante della retorica ipermoderna: ciò che nella poetica visualmente impietosa di Marini è effetto indesiderato e non pensiero-concime a rilascio controllato, il risultato di primitive e nuove dialettiche, di prevaricazioni, compenetrazioni, compensazioni e, nella forma, di contrasti materici-cromatici in cui le dinamiche dell’universo collettivo si fanno immagine, preservando una traccia di formidabile accidentalità. In questo spazio, dove le forzature centrifughe della sperimentazione estetico-culinaria allineano, sulle pareti, i rifiuti organici di una gestualità sommersa da materiali residuali, l’opera di Claudio Marini presenta la stratigrafia di una regione primordiale e, sulla superficie, una radiografia della sua identità espressiva: nelle sequenze di lingue di terra, legni e gineprai di cascami - gomitoli di lana non trattata – attraversate da tracce di lumaca, e dall’artista lacerate con schizzi di smalto e acrilico ed elementi cartacei, si definisce la volumetria di un’astrazione capace di suggerire le strutture subliminali dell’esistere associato, mediante la ricerca dell’essenza non iconica del mondo interiore. Il conflitto evolutivo da archetipo sociale diviene paradigma del linguaggio pittorico, humus di nuove ibridazioni aromatiche, e qualcuno vi è caduto: al centro della tavola, un’ombra congestiona il tempo della convivialità, galleggiando in una mise en place di grafite come un richiamo sepolcrale, cronaca di un’intossicazione trapassata.
06
febbraio 2020
Claudio Marini – Cattiva digestione
Dal 06 febbraio al 05 aprile 2020
arte contemporanea
Location
TEATRO FELLINI
Pontinia, Piazza Indipendenza, (Latina)
Pontinia, Piazza Indipendenza, (Latina)
Orario di apertura
da venerdì a domenica ore 10-13 / 15-19
telefonare per conferma, i giorni e gli orari possono subire variazioni.
Vernissage
6 Febbraio 2020, h 19:00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico
Produzione organizzazione