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‘Corpi sul palco’: da oggi l’edizione online. Intervista a Andrea Contin
Arti performative
di Silvia Conta
Corpi sul palco. Performance da casa in tempo di quarantena è l’evoluzione del progetto curato da Andrea Contin Corpi sul palco al Teatro Linguaggicreativi di Milano che, dopo la prima edizione nel dicembre 2019, presenta oggi e domani un’edizione online per dare voce alla performance e ai suoi artisti attraverso lavori nuovi, in attesa della riapertura dei teatri.
Per la nuova edizione il primo e il due maggio sul sito di Corpi sul palco verrà pubblicata una serie di video di performance realizzate durante il lockdown dagli artisti invitati.
«Le performance diventeranno una rassegna nel teatro virtuale della rete – all’interno del palcoscenico digitale aperto da Teatro Linguaggicreativi per l’occasione – che viene pubblicata in due giornate, il primo maggio, data simbolica a livello mondiale, e il giorno successivo: un venerdì e un sabato, come da consuetudine teatrale, nonché date simbolicamente a ridosso della riapertura» si legge nel comunicato stampa.
Gli artisti che hanno preso parte alla nuova edizione, passati dai quattoridici di dicembre ai trentasetta di oggi, sono Simone Berti, Ivo Bonacorsi, Sergio Breviario, Nicoló Bruno, David De Carolis, Giuseppe De Mattia, Cleo Fariselli, Flavio Favelli, Luca Francesconi, Chiara Gambirasio, Daniel Gonzàlez, H.H. Lim, LIUBA, Michele Mariano, MASBEDO, Simona Migliori, Ruben Montini, Giovanni Morbin, Andrea Nacciarriti, Elena Nemkova, Giancarlo Norese, Silvia Pastoricchio, Pawel und Pavel, Ilaria Piccardi, Giusy Pirrotta, Aronne Pleuteri, Luigi Presicce, Giovanna Ricotta, Sara Rizzi, Camilla Rocchi e Riccardo Sebastiani, Alessandro Sciarroni, Marinella Senatore, Paolo Trotti, Anna Ulivi, Enzo Umbaca, Marcella Vanzo. Le performance, come nell’edizione di dicembre, vengono presentate da Andrea Contin.
Dal palcoscenico fisico a quello digitale
«Prosecuzione ideale della rassegna presentata lo scorso dicembre nello spazio di via Villoresi a Milano, “CORPI SUL PALCO” – dove il palco è barrato a rimarcarne l’inaccessibilità attuale – trova oggi la sua collocazione ideale nel palcoscenico virtuale creato dal teatro stesso, luogo immateriale ma ora più che mai concreto, ricalcando lo schema della serata a teatro in un momento in cui questi sono chiusi a causa della pandemia», ha proseguito il comunicato stampa.
«Agli artisti invitati è stato proposto di raccontare la loro esperienza di chiusura forzata, accettando la sfida di interpretare la loro pratica performativa in una modalità diversa, ma densa di potenzialità anche future. È stato chiesto di pensare a un’azione, quasi un aforisma performativo, da mettere in scena negli spazi della quarantena – siano essi in casa, in giardino o in fuga nei campi vicini, sul tetto del palazzo o ovunque si abbia accesso in questo periodo – senza nessun altro vincolo, né tecnico né tematico né espressivo e da realizzare con i mezzi a disposizione».
Andrea Contin, curatore e presentatore di Corpi sul palco, ci ha raccontato il progetto.
La prima edizione di Corpi sul palco si è svolta a dicembre 2019 al Teatro Linguaggicreativi, come è nato il progetto e con quali obiettivi?
«Tutto è nato dall’idea di mettere a confronto due mondi dall’origine comune ma dalla realtà sociale e culturale molto diversa. Inserendo le modalità della performance delle arti visive nello spazio simbolico del teatro lo abbiamo messo a confronto con la quarta parete e con la simbologia che porta con sé, compreso il diverso meccanismo di fruizione da parte del pubblico. Una sfida che gli artisti hanno accettatto con un entusiasmo che è andato oltre le più ottimistiche previsioni».
Nel concept dell’edizione di dicembre uno dei filoni di interesse era il legame tra performance e teatro, che in questa nuova edizione si interrompe per cause di forza maggiore. Che cosa significa portare questo progetto fuori dal teatro, avere gli artisti dentro le loro case e il pubblico dietro uno schermo?
«Significa aumentare la complessità del progetto originario, partendo dal presente per ridefinire produzione e fruizione in prospettiva. Entriamo in un territorio che non è un surrogato della realtà ma un luogo inesplorato e autonomo. L’artista dentro casa deve portare il processo creativo a una sintesi che rivela le sue vere strutture portanti, affrontando un confronto sia paradigmatico che introspettivo. Il pubblico, liberato dal condizionamento derivante dal luogo fisico, si trova a entrare in un gioco di specchi in cui le due intimità si intrecciano, aprendo dei canali empatici impossibili in altre forme di comunicazione artistica».
L’edizione di questi giorni si svolge all’interno del «palcoscenico digitale aperto da Teatro Linguaggicreativi per l’occasione», come funziona un palcoscenco digitale organizzato da un teatro?
«Un palcoscenico digitale si costruisce come quello di una compagnia itinerante della Commedia dell’arte, dove i praticabili diventano il template di un sito internet nella sua forma più scarna e fruibile. Entrare nel sito di Corpi sul palco significa trovarsi in un homepage che è come un foyer, dove attardarsi sui memorabilia delle edizioni passate, sulle biografie degli artisti e sui materiali extra da loro forniti. Spingersi nella visione delle opere, brevi e preziose come un haiku, significa godere della visione diretta del pensiero rivolto dall’artista a chi abbia voglia di esserci. Darsi un appuntamento in quei giorni a quell’ora significa scambiarsi il reciproco rispetto per il tempo che a quell’incontro tutti, dagli artisti al pubblico, abbiamo dedicato».
Come avete scelto gli artisti invitati, che rispetto alla prima edizione sono più che raddoppiati?
«Assieme agli artisti della scorsa edizione abbiamo nomi che ci sono sembrati adatti, per spontaneità creativa e generosità, ai presupposti di questa nuova visione. Questo nell’idea di “Performance night” che è alla base del progetto: un luogo in cui condividere il punto della propria ricerca in un contesto di sfida ottimale, perché la sperimentazione abbia un valore di crescita. La lista degli artisti è quindi destinata a crescere fino a creare un vero e proprio circuito, che dia una linfa nuova al concetto di performance in tutte le accezioni possibili».
Come avete selezionato la performance presentata da ciascun artista?
«Le performance sono state create in totale autonomia, con i soli vincoli dettati dal momento presente che stiamo vivendo. Io non sono un curatore ma a mia volta un artista, e questo mi ha permesso di applicare un “less is more” che dà agli artisti la massima libertà e permette a me di ottenere un risultato finale gestalticamente diverso e maggiore della somma di quelle stesse parti».
Nel susseguirsi delle performance si inserisce un presentatore, quale ruolo ha rispetto all’impianto generale del progetto? Come si tradurrà questo ruolo online?
«Il ruolo del presentatore aderisce metaforicamente a quello del curatore e si riflette nella mia identità originaria di artista, che produce la sua performance presentando le performance e trasforma la rassegna in un’opera autonoma nel suo insieme. Questo oggi si riverbera nella “riproducibilità tecnica” offerta dalla visione della presentazione in video della rassegna, performance tra le performance che contribuisce alla realizzazione dell’happening digitale perpetuo che il sito di Corpi sul palco vuole rappresentare».
Quali ritieni siano, in generale, le principali criticità che dovranno affrontare la performance e i suoi artisti nell’immediato futuro? Quali misure andrebbero adottate per superarle e chi le dovrebbe promuovere?
«Le criticità vanno affrontate dagli artisti. Abbiamo lasciato che un sistema top-down annullasse la selezione naturale e questo ha spinto gli artisti a un individualismo conformista, che permettesse loro di rispettare le regole implicite del campo sociale per essere riconosciuti nello status necessario alla loro stessa esistenza. Così ci siamo persi almeno due decenni di sperimentazioni e autoselezione dal basso, impoverendo in modo drammatico il dibattito e il contatto con la realtà. Ma oggi noi artisti possiamo contribuire a rifondare i paradigmi sociali che hanno prodotto questa situazione e la performance può essere uno strumento di lotta straordinario, per il suo portato storico di antieconomicità e di reimpostazione dei ruoli tra pubblico e artista e per il suo rapporto privilegiato con il video che, nell’era digitale, è più vivo ed efficace che mai. Come il bracciante giacca in spalla di Pellizza da Volpedo o il fiero Beuys a difesa della natura, i nostri corpi parlanti possono raccontare oggi un’altra realtà, più vera, necessaria e feconda di contenuti e prospettive».