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SIAE, ci sei? Il punto sull’emergenza Covid-19, dalla parte dei musicisti
Attualità
Il mondo della musica in Italia si trova in un momento di cruciale importanza. Per anni, la regola è stata non preoccuparsi delle regole e, spesso, quelle che c’erano proteggevano tutti, tranne quelli per cui erano state fatte. In poche settimane, grazie a un ritrovato senso di comunità, ha preso vigore tra i musicisti l’esigenza di essere riconosciuti e tutelati dallo Stato.
Se questo bisogno giunge tardivo e in corrispondenza di una crisi, ciò non deve essere interpretato come una redenzione opportunistica last minute, ma come l’occasione d’oro per poter finalmente allontanare il musicista dalla deriva dell’illegalità, uno degli elementi più preoccupanti e diffusi in Italia, dove la libertà artistica corrisponde non di rado a libertà fiscale. Soltanto a novembre dello scorso anno, durante la Milano Music Week, la Fondazione Centro Studi Doc aveva lanciato una Call to Action volta a raccogliere proposte per contrastare il lavoro in nero nel settore della musica live, che si calcola produca un sommerso annuale di almeno 3 miliardi di euro.
Come faccio a far capire all’INPS che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?
Al centro del dibattito c’è la controversa figura dell’artista, il cui lavoro sembra non essere quantificabile e immediatamente riconoscibile, come spiega anche Lewis Hyde nel suo illuminante saggio The gift. Eppure ci sono Paesi come la Francia che, pur riconoscendo questo limite, hanno provveduto a risolverlo, fornendo regole essenziali e contratti semplificati grazie ai quali un musicista può intraprendere la sua carriera e condurre una vita normale senza rinunciare alla sua creatività.
Una differenza abissale se si pensa al sistema di aiuti messi a disposizione in Italia che tengono fuori ancora molti professionisti dello spettacolo: ne sanno qualcosa i cantanti d’Opera, che pur esibendosi sui palchi di tutto il mondo, non sono riusciti a dimostrare all’INPS le 30 giornate lavorative richieste per ottenere il bonus.
Se invece sei un autore iscritto a SIAE, la società di collecting fa sapere che gli interventi economici potranno essere operativi solo dopo la formale approvazione dell’Assemblea Generale, prevista per il 18 settembre. Un lasso di tempo tutt’altro che trascurabile. Resta la possibilità di chiedere un anticipo sul maturato dei diritti d’autore, a patto che ne abbiate maturati nei due semestri 2019. Stessa possibilità se siete affiliati alla competitor Soundreef, la quale ha già accreditato sul conto dei suoi autori il 50% dei compensi che gli stessi avevano registrato nel 2019. Aiuti economici non proprio irreprensibili se si guarda alle altre collecting europee come GEMA e SACEM, i cui fondi d’emergenza risultano più cospicui, tempestivi e con una eleggibilità piuttosto ampia.
A distinguersi su territorio italiano è NuovoImaie, la collecting che si occupa dei diritti di esecutori e interpreti di cui pochi conoscevano l’esistenza, che ha messo a disposizione circa 5 milioni di euro a favore degli associati iscritti prima del 4 marzo. Un gesto a cui ha fatto seguito un comprensibile boom di iscrizioni.
E così SIAE
Se avete beneficiato di uno dei 2.500 pacchi messi a disposizione da SIAE, è meglio che iniziate a centellinare le provviste: probabilmente gli unici concerti che farete o a cui assisterete, saranno rigorosamente in streaming.
Non c’è ancora l’accordo che permette ai club e ai teatri di aprire senza rischiare il salasso economico o violare le norme di prevenzione imposte dal dpcm del 26 aprile, l’unica soluzione per ora è affidata all’idea di un Netflix della Cultura proposto dal ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, che può rivelarsi un’idea interessante solo nel caso in cui sia transitoria, sostenibile e soprattutto inclusiva.
Fino a ora, nei tanti tavoli presieduti da associazioni e personaggi di spicco del mondo dello spettacolo, quelli dell’unità e inclusione restano infatti i problemi centrali, per risolvere i quali sono stati investiti 20 milioni per i settori non finanziati dal Fus (teatri minori, circo, musica, danza). A non poter accedere al tavolo legislativo sono ancora tante tipologie di professionisti invisibili che, per una ragione o l’altra, non riescono a rientrare in nessuna categoria: è soprattutto in quelle acque che si accumula il sommerso ed è lì che bisogna migliorare le condizioni lavorative: si parla di ammortizzatori sociali alla francese, tasse SIAE agevolate per piccoli e medi locali, sgravi fiscali, abrogazione del comma 188 della legge finanziaria 2001.
Questi provvedimenti sono utili soltanto se tempestivi, scongiurando una preoccupante quanto reale prospettiva, quella di vedere, già dal prossimo mese, migliaia di artisti disoccupati sottostare a condizioni lavorative al limite della legalità pur di lavorare. Anche per questo c’è bisogno che gli stessi musicisti si presentino come un’unica grande categoria senza distinzioni, che favorisca tutti e contemporaneamente tuteli chi questo lavoro lo fa da più tempo e come unica professione.