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Superstudio, Istogrammi d’architettura, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Pezzo da Museo
di redazione
Il gruppo fondato a Firenze nel 1967 e composto da Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia, Roberto Magris, Piero Frassinelli, Alessandro Magris, con Alessandro Poli dal 1970 al 1972, è stato attivo fino al 1978 e ha svolto attività di ricerca sperimentale e teorica sulla progettazione, operando nell’ambito dell’architettura e del design “radicale”, in parallelo a coeve ricerche delle neoavanguardie artistiche, pop, minimaliste, concettuali e della Land Art.
Gli Istogrammi di architettura formano un catalogo di diagrammi tridimensionali, con una superficie omogenea e isotropica, intesa ad uso del design di oggetti, mobili, ambienti e architettura, come una griglia trasponibile su varie scale. Considerati anche le “tombe degli architetti”, gli Istogrammi sono il risultato del rifiuto di ogni convenzione o idea di design e architettura. Osservando l’impossibilità di proporre nuove forme, Superstudio decide di far sparire l’idea di “qualità” in architettura attraverso “una griglia senza fine, in cui ognuno può vivere (o morire) senza essere fisicamente o spiritualmente consumati”, riferita all’idea di immutabilità per “cercare un’immagine inalterabile” di natura.
Come conseguenza di un generale processo di riduzione, gli Istogrammi rappresentano diagrammi mentali, liberi da modelli e imitazioni; il loro reticolo invade tutto: territorio, oggetti d’arredo, architettura, città, in un “ripensamento totale della tipologia del classicismo”.
Con gli Istogrammi d’Architettura (1969) Superstudio portava a compimento il percorso di antidesign iniziato con la contrapposizione di un design d’evasione (Superarchitettura, 1966-67) al design di invenzione, prendendo le distanze dal mondo del design per proporre uno schema comportamentale da applicare in aree e scale diverse mentre, con il Monumento continuo, elaborava un modello architettonico di urbanizzazione totale usata in chiave di metafora, come mezzo critico estremo della disciplina.
Su Domus n. 517, nel dicembre 1972 Superstudio scriveva: “In quegli anni poi divenne molto chiaro che continuare a disegnare mobili, oggetti e simili casalinghe decorazioni non era la soluzione dei problemi dell’abitare e nemmeno di quelli della vita e tantomeno serviva a salvarsi l’anima. Divenne anche chiaro come nessuna cosmesi o beatificazione era bastante a rimediare i danni del tempo, gli errori dell’uomo e le bestialità dell’architettura. Il problema quindi era quello di distaccarsi sempre più da tali attività del design adottando magari la tecnica del minimo sforzo in un processo riduttivo generale. Preparammo un catalogo di diagrammi tridimensionali non continui, un catalogo d’istogrammi d’architettura con riferimento a un reticolo trasportabile in aree o scale diverse per l’edificazione di una natura serena e immobile in cui finalmente riconoscersi.
Dal catalogo degli istogrammi sono stati in seguito generati senza sforzo oggetti, mobili, environments, architetture. Ma di tutte queste cose non ce ne importa molto, né molto ce n’è mai importato. La superficie di tali istogrammi era omogenea e isotropa: ogni problema spaziale e ogni problema di sensibilità essendo accuratamente stato rimosso. Gli istogrammi si chiamavano anche Le Tombe degli Architetti”.
[Scheda a cura del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci]
Pezzo da Museo è la rubrica di exibart dedicata alle collezioni dei musei italiani: ogni settimana, schede e approfondimenti sulle opere più iconiche e suggestive oppure sui capolavori meno conosciuti e da riscoprire. Un viaggio nella storia dell’arte, dall’archeologia al contemporaneo, a portata di schermo. Per le altre puntate potete dare un’occhiata qui.