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Luce, ambiente e tutela: gli scatti di Daesung Lee a Sestri Levante
Fotografia
Intervista a Anna d’Ambrosio, ideatrice di EconomART e curatrice della mostra di Daesung Lee, che apre a Sestri Levante il Festival di Fotografia “Penisola di Luce”. Che ci parla di terre lontane e problemi comuni. E non più trascurabili.
Come segno di ripresa dell’attività culturale post Covid, nonostante le difficoltà Sestri Levante ospita la 14 edizione di “Penisola di Luce” Festival della Fotografia, tra le manifestazioni liguri più attese dell’estate, come nasce la mostra di Daesung Lee?
Il progetto espositivo è stato fortemente voluto dal Comune di Sestri Levante, che, nella persona di Roberto Montanari (presidente dell’Associazione Carpe Diem), mi aveva contattata a gennaio 2020, per espormi esigenze e concept dell’edizione 2020 del Festival, su clima ed ambiente, da realizzare in vari format e location rendendolo così più fruibile e diffuso. Il nome dell’artista sud coreano Daesung Lee era già deciso perché rispondeva alla tematica e poneva riflessioni critiche sul valore dell’opera fotografica e dell’intervento artistico incentrato su questioni, problemi, fenomeni sociali, politico-economici in contesti globali. L’artista è rappresentato dalla mia galleria milanese AMY D Arte Spazio che con la piattaforma economART tratta da sempre tematiche come ambiente, ecologia, innovazione tecnologica scienza ed economia. “Ghoramara” e “Futuristic Archaeology” sono i titoli di due cicli di fotografie di Deasung Lee, tra i più noti artisti sudcoreani a livello internazionale, quali sono i contenuti di queste immagini così drammaticamente poetiche?
Sia “Ghoramara – The Vanishing Island” che la serie “Futuristic Archaeology” sono state molto apprezzate e premiate da giurie internazionali per le tematiche ambientali e la forte valenza estetica. In Ghoramara le Immagini surreali sembrano uscite da una fiaba. Siamo in India e la calamità naturale alla quale gli scatti si riferiscono riguarda l’isola di Ghoramara, situata nel delta del Gange. A 150km da Calcutta, il livello delle acque marine in continuo aumento sta inghiottendo questa porzione di terra, è solo questione di tempo e di questo territorio non rimarrà più traccia. Il nemico ha un nome tremendo: effetto serra. A causa del riscaldamento globale e dell’innalzamento del livello del mare, il litorale dell’isola è stato eroso dalla marea. Con una serie di scatti, Daesung Lee ha ripreso con mirabile occhio, uomini, donne, bambini, animali, nella loro bellezza fiera. Sono ritratti di destini intrecciati ed ineluttabili; come guerrieri solitari che resistono ancorati a pochi lembi di terra. L’intento della fotografia di Lee è la bellezza della costa erosa che scompare, simbolo di un fato impossibile da evitare. Un esercito di profughi “ambientali”, consapevoli che il loro intero ecosistema è a rischio. La costa erosa racconta la storia di un’isola colpita dal drastico cambiamento climatico. “Futuristic Archaeology” è un progetto fotografico sull’estinzione del nomadismo dovuta alla desertificazione progressiva di vasti territori delle steppe mongole a causa dell’ inquinamento dell’ acqua dall’arsenico usato dalle compagnie minerarie per la ricerca dell’oro. Deasung Lee nei colori del deserto odierno rievoca la Mongolia verdeggiante di inizio novecento. Il fotografo ci offre una rappresentazione molto efficace e originale del territorio mongolo e della realtà nomade che lo abita realizzando delle ambientazioni in scala ridotta con l’idea che le persone fotografate possano trovarvi rifugio per poter sopravvivere in futuro. In questo modo i paesaggi fotografati diventano una sorta di limbo , un qualcosa a metà tra la situazione attuale e una previsione futuristica della precarietà della vita nomade. Quelli di Daesung sono diorami ecologisti, ingresso di un museo vivente in una doppia dimensione spazio-temporale.
Chi è Deasung Lee e perché è stato scelto per il Festival della Fotografia, quest’anno incentrata su tematiche ambientali?
Daesung Lee è nato a Busan nel 1975 e vive e lavora a Parigi. Dopo la laurea a Seul si dedica alla fotografia documentativa, stile che ritiene più adatto per il suo impegno sociale. Il suo lavoro analizza l’impatto della globalizzazione sugli esseri umani e la natura, sviluppando un approccio concettuale che gli consente di sperimentare con il mezzo fotografico e trasmettere la sua visione del mondo. I suoi lavori sono stati pubblicati in diversi giornali internazionali, come, Le Monde, Geo e il Washington Post, inoltre ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti tra cui il Sony World Photography Awards nel 2013 e nel 2015, il Prix voies-off 2016, Arles, France, il LensCulture visual storytelling award 2014. Nel 2015 vince il premio internazionale Happiness On The Move a Cortona. Sono state proprio le sue tematiche ambientali legate a una serialità progettuale ad averlo premiato nella selezione per il Festival “Penisola di luce”.
Che funzione ha la luce in queste immagini e perché diventano un manifesto contro gli effetti della catastrofe ambientale globale che stiamo vivendo troppo passivamente?
Fotografia significa “scrivere con la luce” , quindi la luce è l’elemento principale e indispensabile per poter scattare. Soprattutto nella fotografia di Daesung Lee dove l’oggetto riguarda paesaggi e persone è la luce a definire i volumi e le forme dei soggetti fotografati come anche le profondità di campo e gli orizzonti. La luce si legge dalle ombre, è da queste, infatti, che comprendi il ciclo giornaliero della luce del sole perché la luce naturale è sempre da preferirsi. Sia in “Ghoramara” che in “Futuristic Archaelogy”, l’utilizzo che Daesung fa della luce è parte integrante della sua poetica surrealista, è anch’esso un mezzo espressivo di denuncia tangibile e molto toccante. Segna le persone, dona una speciale aureola di fierezza alle “sentinelle ecologiste” dell’autore.
“Festival di Luce” è un evento incentrato sulla diffusione della cultura, della promozione della fotografia e di valorizzazione del territorio promosso dal comune di Sestri Levante, quest’anno punta sulla sensibilizzazione di tematiche ambientali, ma secondo lei quando una fotografia diventa “etica” senza essere documentaristica?
Da un primo incontro con l’assessore alla cultura e alla sindaco di Sestri Levante, Valentina Ghio, si è subito parlato di green, sensibilizzazione, motivazione e consapevolezza legate al territorio ligure ma con respiro internazionale. Parlare di fotografia etica è a mio parere parlare di un progetto immagine senza scopo di lucro, che si prefigge l’approfondimento delle complesse relazioni tra fotografia, comunicazione ed etica, dando voce e presenza a un aspetto di questo lavoro spesso ignorato e comunque sempre difficile. Una fotografia, quella etica, che necessita di un passo lento e uno sguardo attento, avvicinano con un corretto approccio argomenti importanti come la sofferenza dell’uomo e i suoi possibili rimedi. Tutti questi elementi sono assenti dalla fotografia documentaristica che diventa tale non a causa della natura intrinseca ma a seconda delle applicazioni e finalità. Come direbbe Becker “il lavoro documentario è superficiale”. La fotografia documentaria sociale non è analiticamente difficile da comprendere. Il motivo potrebbe essere che i fotografi utilizzano teorie che sono oltremodo semplici”.
Immagini e dibattiti, quali sono gli altri incontri che fanno “luce” sull’allarme ambientale ?
All’interno del Festival ci sono varie sezioni e mostre tra cui “Nepal” di Pietro D’Orto, la collettiva “Il rigore dello sguardo” a cura di Roberto Mutti per conto di Fondazione 3M. Per “Clima e Ambiente” a cura di Carpe Diem saranno in mostra Nazzareno Berton, con l’opera SOS Venezia, Sergio Carlesso, Ilenio Celoria, Roberto Montanari, Piero D’Orto. Roberto Biggio con “ Le croci del Sud” e Antonietta Preziuso con “Torno Subito”. In un nuovo spazio –Saletta Pescatori- verrà ospitata una collettiva dal titolo “Una finestra sulla tua città” una serie di immagini che durante il lockdown gli appassionati di fotografia hanno postato su Instagram del portale turistico del Comune di Sestri Levante.
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