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Dal Gabon una scoperta archeologica che potrebbe riscrivere la storia
Archeologia
Dopo la notizia del furto di reperti africani ad opera di attivisti contro il colonialismo, finalmente una buona notizia che riguarda l’archeologia africana. Si tratta di una eccezionale scoperta archeologica avvenuta in Gabon che, se confermata, potrebbe cambiare il modo in cui intendiamo la preistoria.
Nel Parco Nazionale di Lopé, in Gabon, gli archeologi hanno datato dei reperti in pietra risalenti tra i 620mila e gli 850mila anni fa. Un arco temporale che si inserisce nel periodo nel paleolitico, in un’era precedente alla comparsa dell’uomo di Neanderthal. Questa scoperta, quindi, sarebbe la prima testimonianza conosciuta di una presenza umana nel bacino del Congo. L’archeologo che ha diretto le ricerche, Richard Oslisly, ha spiegato che «Nella cronologia africana, abbiamo sempre pensato che l’Africa centrale fosse riservata ai gorilla e alle grandi scimmie, ma in realtà è falso: c’era una presenza umana».
Lo sviluppo delle ricerche archeologiche
Nel 1987, durante il suo primo viaggio nella regione, l’archeologo notò quella che sembrava una terrazza scolpita, suggerendo un’antica attività agricola. In questo sito, Oslisly trovò strumenti in pietra. Si tratta di reperti che servivano per tagliare la carne. Inizialmente la datazione al carbonio suggeriva che i manufatti avevano quasi 400mila anni ma la tecnologia, negli anni Ottanta, era limitata.
Continuando con le ricerche, l’archeologo è arrivato alla conclusione che nel bacino del Congo ci fosse un’antica civiltà agraria. Una teoria innovativa, che va in contrasto con l’idea generale secondo cui la regione, in precedenza, era una foresta vergine, troppo fitta e pericolosa. Un ambiente difficile da raggiungere e da attraversare, soprattutto per i popoli primitivi.
Aiutato dal Centro Europeo per la Ricerca e l’Educazione nelle Geoscienze Ambientali, nel 2019 Oslisly ha compiuto una nuova spedizione nella terrazza alluvionale di Elarmékora nel Parco Nazionale di Lopé. Nuovi campioni degli antichi reperti sono stati testati con la tecnologia più innovativa. Se la datazione preliminare fino a 850mila anni fa dovesse reggere, questi manufatti potrebbero rappresentare la più antica prova dell’esistenza umana nel bacino del Congo.
Anche l’UNESCO ha riconosciuto l’importanza di questa scoperta. In una dichiarazione ufficiale si legge: «Questi risultati mostrano, quindi, un enorme progresso nella nostra conoscenza dell’evoluzione dei nostri antenati. Una scoperta che potrebbe non solo sconvolgere i modelli stabiliti sulla storia delle nostre origini, ma anche contribuire a una migliore comprensione dei cambiamenti climatici antichi».
Una buona notizia per l’archeologia sperimentale e controcorrente,contro i dogmi che ancora imperano.E una buona notizia anche per il riscatto ideologico dell’Africa,in questi cupi tempi di Floyd.Il continente era di raccoglitori-agricoltori, ha avuto lo stesso sviluppo sociale delle altre parti del pianeta,cade lo stereotipo delle giungle tarzanidi e del ramapiteco Lucy. Ma forse, un uomo preistorico veramente “primitivo”, non e’mai esistito,se non nelle fantasie di un Piltdown.