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Henri Chopin – Body Sound Space
Quartz Studio presenta Body Sound Space, la prima mostra personale a Torino dell’artista francese Henri Chopin (Parigi, Francia, 1922 – Norfolk, UK, 2008), a cura di Eva Brioschi. La mostra prova a dar conto delle strade che ha percorso questo artista poliedrico e sciamanico.
Comunicato stampa
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Lunedì 21 settembre 2020 alle ore 19.00, Quartz Studio presenta Body Sound Space, la prima mostra personale a Torino dell'artista francese Henri Chopin (Parigi, Francia, 1922 – Norfolk, UK, 2008), a cura di Eva Brioschi. La mostra prova a dar conto delle numerose strade che ha percorso questo artista poliedrico e sciamanico per attraversare i confini tra corpo, suono e spazio, i tre elementi che compongono il titolo.
Il corpo. E' questo il mezzo che Chopin utilizza per realizzare le sue opere di poesia sonora. La gola, la lingua, le labbra, le corde vocali, la cassa toracica, vibrano, si muovono, interagiscono con l’aria, schioccano, fremono, in un esercizio di recupero delle proprietà primitive e ancestrali del linguaggio, che emerge potente e libero dallo stomaco dell’artista attraverso la cavità orale.
Il suono. Le particelle di suono prodotte attraverso questi esercizi rappresentano il grado zero di lessico, sintassi, grammatica. La parola si fa pura energia vitale creatrice, priva di senso.
Lo spazio. In esso il corpo libera l’urgenza creativa. Agli esperimenti con il magnetofono, con cui l’artista registra suoni primordiali su nastri poi sovrapposti, ritagliati, incollati, seguono opere scultoree che recuperano frammenti di questi nastri da lui stesso definiti “sensibili” (perché impressi di energia, suono, vita) e li mescolano a ritagli di giornali, oggetti trovati, segni, nella creazione di collages e sculture totemiche. Nascono poi partiture fatte di lettere, parole, grafemi, che riacquistano il loro valore segnico, in una danza di textures, patterns, forme, che ritmano pagine dattiloscritte - i Dattilopoemi - in cui la battitura a macchina diventa il mezzo meccanico e ripetitivo che dà ordine al caos del verbo, lo sottrae alla sua natura eterea e lo imprigiona in griglie e strutture definite. Questo artista visionario ha violato nella sua vita ogni forma di prigionia, da quella biografica della guerra e dei campi di concentramento a quelle intellettuali imposte da pregiudizi, diplomazie, limiti. L’uomo e l’artista sono una sola entità. La creazione attraverso il suono o la parola concreta sulla carta, è una ricerca costante di equilibrio tra il caos e l’ordine, la libertà e il controllo, la macchina e l’animale. L’utilizzo della tecnologia ha permesso a Chopin di arrivare dove altri non era riusciti, liberando l’artista dalla tirannia del linguaggio.
Henri Chopin (Parigi, Francia, 1922 – Norfolk, UK, 2008) è stato un artista, un poeta, uno scrittore, un performer, un curatore, un editore e un visionario. Dopo la scioccante esperienza della prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale, decide di dedicare la propria vita all’arte. Nel 1955 riceve in regalo un magnetofono e comincia a sperimentare attraverso l’uso della voce, della poesia e del linguaggio. Lo spazio intorno a lui viene investito e attivato da parole e particelle sonore durante le performance che conduce con l’ausilio di un magnetofono, che gli permette di registrarle, sovrapporle, rallentarle e giustapporle. La poesia diventa così un mezzo per produrre suoni e immagini piuttosto che significati. I suoi famosi dattilopoemi, collages, sculture, realizzati attraverso l’uso di nastro magnetico di scarto, ritagli di giornali, disegni, macchie di caffè, oggetti trovati, compongono un universo unico e immaginifico. Sue mostre personali sono state realizzate fra le altre al Centre d'Art Contemporain, Ginevra, Svizzera (2018); Fundação Serralves, Porto, Portogallo (2011); MUKA, Anversa, Belgio (2011); Fondazione Morra, Napoli, (2005); Norwich Gallery, UK (1998); Whitechapel Art Gallery, Londra UK (1974).
Quartz Studio ringrazia Giannantonio Morghen e Giovanni Bordino per la collaborazione. La mostra resterà aperta dal 21 settembre al 28 ottobre 2020, su appuntamento.
Il corpo. E' questo il mezzo che Chopin utilizza per realizzare le sue opere di poesia sonora. La gola, la lingua, le labbra, le corde vocali, la cassa toracica, vibrano, si muovono, interagiscono con l’aria, schioccano, fremono, in un esercizio di recupero delle proprietà primitive e ancestrali del linguaggio, che emerge potente e libero dallo stomaco dell’artista attraverso la cavità orale.
Il suono. Le particelle di suono prodotte attraverso questi esercizi rappresentano il grado zero di lessico, sintassi, grammatica. La parola si fa pura energia vitale creatrice, priva di senso.
Lo spazio. In esso il corpo libera l’urgenza creativa. Agli esperimenti con il magnetofono, con cui l’artista registra suoni primordiali su nastri poi sovrapposti, ritagliati, incollati, seguono opere scultoree che recuperano frammenti di questi nastri da lui stesso definiti “sensibili” (perché impressi di energia, suono, vita) e li mescolano a ritagli di giornali, oggetti trovati, segni, nella creazione di collages e sculture totemiche. Nascono poi partiture fatte di lettere, parole, grafemi, che riacquistano il loro valore segnico, in una danza di textures, patterns, forme, che ritmano pagine dattiloscritte - i Dattilopoemi - in cui la battitura a macchina diventa il mezzo meccanico e ripetitivo che dà ordine al caos del verbo, lo sottrae alla sua natura eterea e lo imprigiona in griglie e strutture definite. Questo artista visionario ha violato nella sua vita ogni forma di prigionia, da quella biografica della guerra e dei campi di concentramento a quelle intellettuali imposte da pregiudizi, diplomazie, limiti. L’uomo e l’artista sono una sola entità. La creazione attraverso il suono o la parola concreta sulla carta, è una ricerca costante di equilibrio tra il caos e l’ordine, la libertà e il controllo, la macchina e l’animale. L’utilizzo della tecnologia ha permesso a Chopin di arrivare dove altri non era riusciti, liberando l’artista dalla tirannia del linguaggio.
Henri Chopin (Parigi, Francia, 1922 – Norfolk, UK, 2008) è stato un artista, un poeta, uno scrittore, un performer, un curatore, un editore e un visionario. Dopo la scioccante esperienza della prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale, decide di dedicare la propria vita all’arte. Nel 1955 riceve in regalo un magnetofono e comincia a sperimentare attraverso l’uso della voce, della poesia e del linguaggio. Lo spazio intorno a lui viene investito e attivato da parole e particelle sonore durante le performance che conduce con l’ausilio di un magnetofono, che gli permette di registrarle, sovrapporle, rallentarle e giustapporle. La poesia diventa così un mezzo per produrre suoni e immagini piuttosto che significati. I suoi famosi dattilopoemi, collages, sculture, realizzati attraverso l’uso di nastro magnetico di scarto, ritagli di giornali, disegni, macchie di caffè, oggetti trovati, compongono un universo unico e immaginifico. Sue mostre personali sono state realizzate fra le altre al Centre d'Art Contemporain, Ginevra, Svizzera (2018); Fundação Serralves, Porto, Portogallo (2011); MUKA, Anversa, Belgio (2011); Fondazione Morra, Napoli, (2005); Norwich Gallery, UK (1998); Whitechapel Art Gallery, Londra UK (1974).
Quartz Studio ringrazia Giannantonio Morghen e Giovanni Bordino per la collaborazione. La mostra resterà aperta dal 21 settembre al 28 ottobre 2020, su appuntamento.
21
settembre 2020
Henri Chopin – Body Sound Space
Dal 21 settembre al 24 ottobre 2020
arte contemporanea
Location
QUARTZ STUDIO
Torino, Via Giulia Di Barolo, 18d, (Torino)
Torino, Via Giulia Di Barolo, 18d, (Torino)
Orario di apertura
su appuntamento
Vernissage
21 Settembre 2020, h 19.00
Sito web
Autore
Curatore