-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La natura è una speranza luminosa: in Puglia, Hic et nunc di Zeroottouno
Mostre
«Non esiste alcun ingegno se non mescolato alla pazzia». Così scriveva Francesco Petrarca nell’Epistola a Zoito, inserendosi in una folta schiera di autori, sia precedenti che successivi, che nella follia hanno riconosciuto un requisito fondamentale del genio. Un’associazione, quella tra arte e malattia mentale, oramai consolidata, sostenuta da vere e proprie teorizzazioni, alcune suggestive altre fantasiose, che hanno dato luogo a un topos non sempre giustificabile. Il binomio, tuttavia, può raccontare una storia diversa, meno abusata ma altrettanto suggestiva, non di identificazione ma di sostegno, in cui l’arte contemporanea diviene veicolo di conoscenza e discussione. Su questa storia, in gran parte ancora da scrivere, si struttura A-Head Art Project, spin-off artistico dell’Associazione socio-sanitaria Angelo Azzurro Onlus, fondata a Roma nel 2009 con lo scopo di sviluppare progetti individualizzati di assistenza domiciliare e riabilitativa per adulti e bambini.
Il senso della natura per Zeroottouno
Nato nel 2017 come ulteriore piano operativo dell’associazione, A-Head Project promuove eventi di arte contemporanea sostenendo le ricerche contemporanee e il dibattito sulle malattie mentali. Ultimo evento in ordine di tempo è “Hic et nunc”, personale di Zeroottouno, a cura di Piero Gagliardi, visitabile, fino al 20 settembre, all’interno della cappella dedicata alla Madonna dell’Abbondanza, oggi sconsacrata, sita nel Parco Messapico di Alezio, nell’entroterra gallipolino.
Nato nel 2010 e composto da Davide Negro e Giuseppe Guerrisi, il duo agisce all’interno del rapporto uomo-natura mettendone in luce tutta la complessità. Non urla di protesta ambientaliste ma poetici interventi luminosi che ambiscono a risvegliare l’innato bisogno che l’uomo ha del contatto con l’ambiente naturale. Nella ricerca di Zeroottouno, la natura non è solo ancora di salvezza ma anche ventre, terreno identitario, sedimentazione di memoria, cultura e tradizioni.
A Head Art Project: la tappa di Hic et Nunc
Ad Alezio, il duo, muovendosi tra spazio e luce, non senza riferimenti alla poetica kosuthiana, combina testimonianze materiali e immateriali, intreccia storia e leggenda, vicende personali e vissuto collettivo, coinvolgendo lo spettatore in un allestimento immersivo che ha tutto il sapore di un’opera d’arte totale. Un percorso che, nelle parti naturali, pare generato dall’ambiente circostante salvo poi tradirlo nell’assetto futuristico (ma non troppo) del neon. Un corto circuito tra passato e presente dichiarato fin dalle prime opere, segni realizzati in neon desunti dalle iscrizioni messapiche e dell’iconografia votiva, residui iconici della storia del luogo.
Alcuni di questi simboli, montati su piccoli blocchi di pietra prelevati direttamente dalla campagna circostante, rafforzano il legame con la terra riportando la loro geolocalizzazione. È questo il tentativo poetico di ancorare per sempre un segno a un luogo, senza precludergli la possibilità di essere trasferito altrove, facendosi testimonianza della sua terra, veicolo di conoscenza in un interrotto dialogo tra genti e culture.
Una liricità che si scopre invariata anche nell’installazione a parete pensata in formula site specific e che dà il titolo alla mostra. L’hic è fisso, immutabile, perpetuo perché intrinsecamente legato al luogo, mentre il nunc è momentaneo, transitorio, condizionato da un sensore che genera l’intermittenza, vincolato al flusso temporale e alla vita di ciascuno. È l’uomo che percepisce “l’ora” e da questo ne è inevitabilmente segnato.
A seguire, nel percorso s’incontrano radici e rami su cui fili resi fluorescenti dalle lampade di wood creano intricate ragnatele. Apprezzabili al buio, queste opere segnano lo spazio senza forzarlo, ponendosi come ulteriore testimonianza di interazione pacifica con la natura. Due enormi radici di ulivi espiantati, elementi tragici e mortiferi, con l’intervento del duo sono riconsegnate alla natura riscattate dalla liricità dell’arte. Un riferimento alla xylella ma anche agli ulivi calabresi, progressivamente espiantati per far posto alla più redditizia, ma non proprio autoctona, produzione del kiwi.
Chiude il percorso Earth-Heart, riuscita sperimentazione verbovisiva al neon già esposta a Matera. Un’opera che è anche un manifesto per il duo giacché l’h, nello spostamento da una parola all’altra, compie una rotazione da angolo piatto, come nel nome stesso del duo generato dal capovolgimento del numero 180. Nelle intenzioni degli artisti la migrazione dell’h rievoca visivamente il disallineamento tra terra e cuore, tra uomo e natura, ma se relazionata al contesto, martoriato da incendi e xylella, si carica di un ulteriore significato, quello della sovrapposizione e identificazione, laddove le ferite inferte alla terra si ripercuotono inevitabilmente sul cuore.
Un messaggio drammatico ma anche di speranza, che nell’immagine congiunta di terra e cuore unisce spazio e tempo, individuo e collettività, invitando alla riflessione su un possibile quanto necessario cambiamento di rotta, per un futuro migliore, rispettoso e sostenibile.