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Art Paris Art Fair apre la sua ventiduesima edizione al Grand Palais, fino al 13 settembre, con 112 gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di cui 24 straniere, il 36% di nuovi partecipanti, 900 artisti, 14 giovani gallerie emergenti e un filo tematico sulla penisola iberica. Soltanto la prima giornata di ieri, secondo i dati, avrebbe già accolto 10.575 visitatori, quasi a testimoniare che, in effetti, l’evento fosse molto atteso. Inizialmente previsto per i primi di aprile, a cui ha fatto seguito una versione online, questo must-see della scena artistica parigina è di fatto un’edizione della resistenza, così come l’ha definita Guillaume Piens, curatore generale di Art Paris.
Questa dichiarazione acquista tutto il suo senso quando, sfogliando la pubblicazione di The Art Basel and UBS Global Art Market Report, si legge che la cancellazione delle fiere d’arte nella prima metà del 2020 ha ridotto radicalmente le vendite delle gallerie al 16% (rispetto al 46% nel 2019). Le vendite sembrano decollare fin dalle prime ore di apertura, anche se per i corridoi e gli stand ben arieggiati – l’ingresso è limitato a 3mila persone – si incrocia un pubblico perlopiù francese, ma la proposta artistica resta comunque internazionale. Africa, Asia, America del Sud e del Nord e certo l’Europa, con in testa il 78% di gallerie francesi; tra queste partecipano per la prima volta la Perrotin, Yvon Lambert, Jeanne Bucher Jaeger, e la Karsten Greve associata alla Caroline Smulders, mentre si riconfermano Nathalie Obadia, Daniel Templon, Lahumière e Paris-Beijing. A presentare una delle venti mostre monografiche due italiane, con Jacques Martinez presso la veneziana SPARC Spazio Arte Contemporanea, e Miaz Brothers presso la romana Wunderkammern.
Ne abbiamo approfittato per cogliere qualche battuta di alcuni galleristi italiani presenti alla fiera
«Se non fossimo venuti avremmo perso molti soldi. Infatti, prima di venire abbiamo intervistato i contatti che abbiamo qui a Parigi, e sia i clienti che i galleristi hanno detto che loro non vedevano l’ora che aprisse la fiera, visto che molte sono saltate. Comunque se non avessimo avuto il feedback che confermava la presenza di collezionisti avrei forse preferito non venire. È meglio la fine di un errore che un errore senza fine». Dichiara Deodato Salafia della Wunderkammern, gallerista e autore del testo Contemporary Art “How To”: Your First Five Contemporary Works of Art (101111 Editore, 2019).
«C’è del movimento, quello che è mancato negli ultimi mesi. Questa è un’occasione per incontrare qualcuno dei nostri clienti o dei nuovi, ma anche per cercare di capire come si svilupperà la situazione. In che senso? Per il momento la maggior parte delle fiere è online, ma sappiamo benissimo che la fiera è un luogo d’incontro, per passare del tempo e scambiare delle parole con il cliente in modo diretto. Questo scambio viene a mancare con l’online. È curioso vedere cosa ci aspetterà domani, se riaprirà una vendita diretta». Dichiara Matteo Da Dalt della Galerie Italienne sita nel primo arrondissement parigino.
«Ci sono dei collezionisti che sono venuti appositamente per vedere le opere di Martinez, che manca dalla scena francese da tempo. È un’opportunità per presentare finalmente una mostra dal vivo dopo mesi di progetti virtuali, e per riconnettersi con la realtà dei collezionisti e con le persone che ci conoscono. Ci siamo interrogati molto su come poter presentare le opere online in modo efficace, però finora non abbiamo trovato una soluzione che possa rimpiazzare l’esperienza diretta. Il fatto di essere qui testimonia anche che questa presenza va tenuta e vanno trovate le soluzioni affinché ciò possa accadere. È bello vedere le persone che circolano, che entrano per vedere le opere esposte». Affermano Francesca Giubilei e Luca Berta della SPARC di Venezia
Tra le collettive troviamo le foto di Hassan Hajjaj presso la 193 Gallery – ammirate durante l’ultima Fiac – e le opere di Miguel Branco presso la Jeanne Bucher Jaeger. Ampia e interessante la proposta di diversi artisti africani, come nel caso della Ycos-Project, che accoglie le opere di Steeve Bauras, o delle tele di Mahjoub Ben Bella presso la Provost-Hacker. La parigina Galerie Chauvy, invece, presenta i lavori di Wole Lagunju e quelli del senegalese Soly Cissé, tra cui Campo di cotone (60 steli di ferro e fibre di cotone, 2019). Si tratta di un’installazione notevole, un omaggio a donne e uomini strappati alla libertà, che ha visto anche una seconda versione composta da 170 steli, che oggi si trova al Musée des Civilisations Noires a Dakar, ma che è stata esposta due anni fa durante la Off della Biennale di Dakar, sull’isola di Gorée – nota per essere stata un centro di smistamento e di commercio degli schiavi.
Presenti alla Art Paris Art Fair anche diversi rappresentanti della Street Art, con Invader esposto alla Ange Basso, mentre da David Pluskwa troviamo Tilt, conosciuto come il feticista dei graffiti, insieme a una giovane artista di talento, Rose Madone, che vive tra Barcellona e Marsiglia dove condivide il suo atelier con l’artista figurativo David Negri, alias Skunkdog, d’ispirazione punk-rock.
Histoires communes et peu communes è la sezione curata dal critico d’arte indipendente Gaël Charbau, che presenta una ventina di artisti francesi le cui opere evidenziano le nozioni di storie narrative, singolari e universali. Ci sono nomi noti come Hervé Télémaque della Rabouan Moussion, o Elsa & Johanna de La Forest Divonne, due fotografe giovani e pluripremiate, ma anche Anaïs Boudot della parigina Binome, una galleria dedicata alla fotografia contemporanea. Dopo l’America Latina, il settore Stelle del Sud accoglie la penisola Iberica, con un percorso curato dalla curatrice indipendente Carolina Grau, che vede artisti come Julio González o Joan Mirò presso la Marc Domènech; oltre alla presenza di gallerie barcellonesi come Alzueta e Pigment Gallery, troviamo le portoghesi Foco e Espace L & Brisa.
Questa edizione di Art Paris, inconsueta e certo indispensabile, rivela la grande capacità di resilienza dei professionisti dell’arte e la loro voglia di riappropriarsi, nonostante tutto, di uno spazio d’azione culturale e sociale reale e tangibile. Cambio di location per la prossima edizione di Art Paris Art Fair, che durante il restauro del Grand Palais sarà accolta al Grand Palais Éphémère, un edificio provvisorio progettato dall’architetto Jean-Michel Wilmotte, che sarà installato presso lo Champ-de-Mars fino alla fine dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi del 2024.