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Lowlands
Mostra collettiva di arte contemporanea.
Comunicato stampa
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“Il progetto del neoliberismo di proporsi come sistema economico e sociale “naturale” è, dunque, riuscito perfettamente. Non solo in economia, dove Milton Friedman aveva descritto il libero mercato come infallibile perché mosso appunto da forze, a suo dire, “naturali”, ma anche negli ambiti della vita sociale e privata. E dunque, diventano “naturali” le mostruose diseguaglianze, lo smaltimento dello stato sociale, le discriminazioni, le privatizzazioni, il consumo di massa e l’individualismo.” Realismo Capitalista – Mark Fisher
“La coscienza di un mondo reale e dotato di significato è legata intimamente alla scoperta del sacro. Mediante l’esperienza del sacro lo spirito umano ha colto la differenza tra ciò che si rivela reale, potente, ricco e dotato di significato, e ciò che è privo di queste qualità: il flusso caotico e pericoloso delle cose, le loro apparizioni e le loro scomparse fortuite e vuote di significato” – “Il sacro è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa”. “Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, perché l’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale – in altre parole essere o divenire – un uomo significa essere religioso.” La nostalgie des Origines 1969 – Mircea Eliade
E’ difficile rendere il senso di smarrimento che un ascolto attento del circostante e dell’attuale rende sulle impressioni del paesaggio attorno a noi.
La pressoché’ totale mancanza di alterità’ a fronte di una sempre maggiore disponibilità di stimoli ed esperienze sono solo uno dei sintomi di una desertificazione in atto e che a partire dal malessere economico, dalle sue depressioni, inficia la stessa descrizione e alfabetizzazione del mondo e delle sue possibilità. Quasi che, al termine di questo interminabile contrattare fra un umanità sempre più in difficoltà e la descrizione di uno schizofrenico intrattenersi con espressioni mai realmente dissimili ci scopriremo abitare nuovamente un medioevo.
Nel “il tempo dei lupi” film di Michael Haneke uscito nel 2003, in un tempo abbastanza vicino a quello presente una famiglia che ha lasciato la città a causa delle forti tensioni sociali prende a vagare per la campagna. Ha così inizio un’odissea ambientata in una no man’s land in cui non filtra quasi mai la luce del sole. Haneke immagina un apocalisse resa tale dall’impossibilità di comunicare. A descrivere l’incubo di Haneke sono il silenzio e la mancanza di luce. Un esperienza del paesaggio il cui l’attraversamento evoca memorie di un tempo dell’uomo in cui non ha ancora il dominio assoluto sulla natura.
Mentre acqua e il cibo diventano i quotidiani pensieri delle persone la mancanza di dispositivi e apparati di comunicazione lascia la stessa comunità cali in un medioevo espressivo ed esperenziale in cui l’uomo cede il passo alle tenebre e ai suoi racconti. Ribaltando le narrative immaginate da Michael Haneke ne il tempo dei lupi le teorie apocalittiche più in voga oggi non trovano la loro genesi in un blackout o in una sospensione della possibilità di comunicare, ma, piuttosto (e sono in molti ad immaginarlo in questo modo), nel suo esatto opposto, piuttosto nel continuare a sostenere l’incalzante ritmo di una comunicazione che tutto mostra e nulla permette di conoscere, sino ad un impoverimento generale della vita tale da riportarci a intuire questo tempo quale una Dark Age.
Abitando un paesaggio sempre meno ricco. Intrappolati in un impotenza espressiva e cognitiva, le nostre voci hanno ormai perso la capacità di produrre un segno significativo.
Le intuizioni connettive maturate a Berkeley dal free speech libertario e con le tecnologie connettive hanno dato vita ad una mente post-alfabetica,il cui schizofrenico segno ha fatto dell’iper espressione un metodo sublime per irretire ogni criticità’ sino a tratteggiare il profilo di un meta-paesaggio nel quale a tutti gli effetti vivere una vita affianco alla vita.
Le culture alternative e sperimentali del secondo novecento hanno perso appeal vedendo nel mentre della loro capitolazione crescere un coro di idiozia e populismo.
Un mondo – quello online – ha impoverito il rituale linguistico sino a devastare totalmente i rapporti di senso e significato, la ragione politica e sociale sono divenute voci di un orientarsi di cui si e’ smarrito il senso.
Il risultato, quel che rimane, e’ un flusso di linguaggio che travolge la facoltà di maturare razionalmente la propria condizione e minare l’esperienza emotiva sino a elaborare forme di autismo tali da rendere impossibile qualsiasi conversione, sino a rendere necessariamente povera e infantile qualsiasi narrazione.
“La tempesta di merda – shitstorm, termine coniato dal filosofo Bjung Chul Han – è la forma generale della comunicazione nell’infosfera ipersaturata. Innumerevoli tempeste di merda, sommandosi, hanno trasformato l’Infosfera globale in uno tsunami di merda che ha disattivato l’universalismo della ragione, ridotto la sensibilità e distrutto i fondamenti del comportamento etico.” (Franco Bifo Berardi)
Una quantità innominabile di stimoli hanno trasformato il paesaggio globale sino a renderlo saturo, impossibile, impraticabile, come di fronte o dentro un enorme massa/blob, impotenti abbiamo disattivato l’universalismo delle singolarità, riducendo e rinunciando alla sensibilità individuale, la sua disposizione all’indipendenza pedagogica e alla costruzione di criticità.
Azzerando le capacita’ prospettiche dell’umanesimo e dell’illuminismo cosi’ come l’eredita del socialismo, Il mondo impoverito s’avvia ad essere esperito per esecuzioni, automatismi, burocrazie, protocolli narrativi, norme, economie, sintesi, ruoli, abitudini, funzioni, regole plasmate secondo le esigenze del modello neoliberista il cui tramonto come ricorda Mark Fisher rimane nell’impensabile. E il paesaggio, la sua impressione, la sua esperienza, la sua ruvidità, forse ritornano ad essere il luogo antico del divenire in uno scontro e confronto fra esperienza ed espressione.
“La coscienza di un mondo reale e dotato di significato è legata intimamente alla scoperta del sacro. Mediante l’esperienza del sacro lo spirito umano ha colto la differenza tra ciò che si rivela reale, potente, ricco e dotato di significato, e ciò che è privo di queste qualità: il flusso caotico e pericoloso delle cose, le loro apparizioni e le loro scomparse fortuite e vuote di significato” – “Il sacro è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa”. “Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, perché l’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale – in altre parole essere o divenire – un uomo significa essere religioso.” La nostalgie des Origines 1969 – Mircea Eliade
E’ difficile rendere il senso di smarrimento che un ascolto attento del circostante e dell’attuale rende sulle impressioni del paesaggio attorno a noi.
La pressoché’ totale mancanza di alterità’ a fronte di una sempre maggiore disponibilità di stimoli ed esperienze sono solo uno dei sintomi di una desertificazione in atto e che a partire dal malessere economico, dalle sue depressioni, inficia la stessa descrizione e alfabetizzazione del mondo e delle sue possibilità. Quasi che, al termine di questo interminabile contrattare fra un umanità sempre più in difficoltà e la descrizione di uno schizofrenico intrattenersi con espressioni mai realmente dissimili ci scopriremo abitare nuovamente un medioevo.
Nel “il tempo dei lupi” film di Michael Haneke uscito nel 2003, in un tempo abbastanza vicino a quello presente una famiglia che ha lasciato la città a causa delle forti tensioni sociali prende a vagare per la campagna. Ha così inizio un’odissea ambientata in una no man’s land in cui non filtra quasi mai la luce del sole. Haneke immagina un apocalisse resa tale dall’impossibilità di comunicare. A descrivere l’incubo di Haneke sono il silenzio e la mancanza di luce. Un esperienza del paesaggio il cui l’attraversamento evoca memorie di un tempo dell’uomo in cui non ha ancora il dominio assoluto sulla natura.
Mentre acqua e il cibo diventano i quotidiani pensieri delle persone la mancanza di dispositivi e apparati di comunicazione lascia la stessa comunità cali in un medioevo espressivo ed esperenziale in cui l’uomo cede il passo alle tenebre e ai suoi racconti. Ribaltando le narrative immaginate da Michael Haneke ne il tempo dei lupi le teorie apocalittiche più in voga oggi non trovano la loro genesi in un blackout o in una sospensione della possibilità di comunicare, ma, piuttosto (e sono in molti ad immaginarlo in questo modo), nel suo esatto opposto, piuttosto nel continuare a sostenere l’incalzante ritmo di una comunicazione che tutto mostra e nulla permette di conoscere, sino ad un impoverimento generale della vita tale da riportarci a intuire questo tempo quale una Dark Age.
Abitando un paesaggio sempre meno ricco. Intrappolati in un impotenza espressiva e cognitiva, le nostre voci hanno ormai perso la capacità di produrre un segno significativo.
Le intuizioni connettive maturate a Berkeley dal free speech libertario e con le tecnologie connettive hanno dato vita ad una mente post-alfabetica,il cui schizofrenico segno ha fatto dell’iper espressione un metodo sublime per irretire ogni criticità’ sino a tratteggiare il profilo di un meta-paesaggio nel quale a tutti gli effetti vivere una vita affianco alla vita.
Le culture alternative e sperimentali del secondo novecento hanno perso appeal vedendo nel mentre della loro capitolazione crescere un coro di idiozia e populismo.
Un mondo – quello online – ha impoverito il rituale linguistico sino a devastare totalmente i rapporti di senso e significato, la ragione politica e sociale sono divenute voci di un orientarsi di cui si e’ smarrito il senso.
Il risultato, quel che rimane, e’ un flusso di linguaggio che travolge la facoltà di maturare razionalmente la propria condizione e minare l’esperienza emotiva sino a elaborare forme di autismo tali da rendere impossibile qualsiasi conversione, sino a rendere necessariamente povera e infantile qualsiasi narrazione.
“La tempesta di merda – shitstorm, termine coniato dal filosofo Bjung Chul Han – è la forma generale della comunicazione nell’infosfera ipersaturata. Innumerevoli tempeste di merda, sommandosi, hanno trasformato l’Infosfera globale in uno tsunami di merda che ha disattivato l’universalismo della ragione, ridotto la sensibilità e distrutto i fondamenti del comportamento etico.” (Franco Bifo Berardi)
Una quantità innominabile di stimoli hanno trasformato il paesaggio globale sino a renderlo saturo, impossibile, impraticabile, come di fronte o dentro un enorme massa/blob, impotenti abbiamo disattivato l’universalismo delle singolarità, riducendo e rinunciando alla sensibilità individuale, la sua disposizione all’indipendenza pedagogica e alla costruzione di criticità.
Azzerando le capacita’ prospettiche dell’umanesimo e dell’illuminismo cosi’ come l’eredita del socialismo, Il mondo impoverito s’avvia ad essere esperito per esecuzioni, automatismi, burocrazie, protocolli narrativi, norme, economie, sintesi, ruoli, abitudini, funzioni, regole plasmate secondo le esigenze del modello neoliberista il cui tramonto come ricorda Mark Fisher rimane nell’impensabile. E il paesaggio, la sua impressione, la sua esperienza, la sua ruvidità, forse ritornano ad essere il luogo antico del divenire in uno scontro e confronto fra esperienza ed espressione.
22
settembre 2020
Lowlands
Dal 22 settembre al 05 dicembre 2020
arte contemporanea
fotografia
fotografia
Location
OFFICE PROJECT ROOM
Milano, Via Altaguardia, 11, (Milano)
Milano, Via Altaguardia, 11, (Milano)
Orario di apertura
da Lunedì a Venerdì su appuntamento
Vernissage
22 Settembre 2020, dalle 17.00 alle 21.00; 23/09/2020 dalle 14.00 alle 19.00
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Produzione organizzazione