05 maggio 2021

La Biennale di Istanbul spostata al 2022, a causa del Covid

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Mentre Frieze apre le porte e a Venezia si scaldano i motori, la Biennale di Istanbul va in controtendenza e annuncia lo spostamento dell’edizione 2021 a settembre 2022

Biennale di Istanbul 2019, Arter Museum

Nonostante la ventata di ottimismo portata dalle riaperture dei grandi appuntamenti dell’arte e della cultura, con la Biennale di Architettura di Venezia ormai alle porte e gli stand di Frieze New York allestiti allo Shed, qualcuno preferisce rimandare ancora. Un po’ in controtendenza quindi l’annuncio dello spostamento della 17ma edizione della Biennale di Istanbul che, inizialmente prevista per settembre 2021, è stata riprogrammata per l’anno prossimo, dal 17 settembre al 20 novembre 2022. La decisione è stata presa dalla IKSV – Istanbul Foundation for Culture and Arts, in accordo con il prestigioso advisory board della Biennale, composto da Iwona Blazwick, Ayşe Erek, Yuko Hasegawa, Agustín Pérez Rubio, Levent Çalıkoğlu, con i curatori della 17ma edizione, Ute Meta Bauer, Amar Kanwar e David Teh, con i partner e con tutti i partecipanti, «In considerazione della gravità della crisi sanitaria in corso in molte regioni del mondo e dell’incertezza dei prossimi mesi», fanno sapere dall’organizzazione.

Questo però non vuol dire che si ferma tutto. Come già previsto nel programma curatoriale, la Biennale di Istanbul continuare a proporsi come una piattaforma per la presentazione di diversi progetti, in particolare online, che verranno comunque presentati nel corso del 2021. Mostre e incontri in spazi fisici si terranno invece a settembre 2022.

«Potrebbe non esserci un grande raduno, nessuna riunione orchestrata in un momento e in un luogo. Invece potrebbe essere una grande dispersione, una fermentazione invisibile», scrivevano i curatori nel loro statement di presentazione della 17ma edizione. «I suoi fili si uniranno, ma si moltiplicheranno e divergeranno, a ritmi diversi, incrociandosi qua e là ma senza un culmine rumoroso, senza nodo finale. Può iniziare prima che inizi e continuare anche dopo che sarà finita», continuavano, giocando con il linguaggio e con l’aspettativa di una manifestazione che, in ogni caso, anche se spostata a una data “di sicurezza”, dovrà fare a meno dei grossi assembramenti.

Dalla sua prima edizione, nel lontano 1987, la Biennale di Istanbul ha saputo imporsi nel panorama internazionale e ormai affollato delle manifestazioni periodiche dedicate all’arte contemporanea, grazie anche al netto taglio curatoriale che caratterizza ogni edizione. Dopo le prime due edizioni, svoltesi sotto il coordinamento generale di Beral Madra – una figura di riferimento della critica d’arte in Turchia – la IKSV decise infatti di commissionare ogni edizione a un curatore diverso, nominato da un comitato consultivo internazionale.

Le ultime due edizioni sono state di grande qualità, grazie anche a scelte curatoriali precise e di impatto: nel 2017, furono Elmgreen & Dragset a sfidare la censura turca con la loro proverbiale e sottile ironia, mentre nel 2019 a curare la Biennale di Istanbul fu Nicolas Bourriaud, che declinò la sua “versione” in tema ambientalista, prendendo spunto dal Settimo Continente, l’isola di plastica che naviga tra gli oceani.

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