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Cultura in movimento. Merano 1965 – 1990
Una mostra e una pubblicazione, dedicati alla storia culturale di Merano tra il 1965 e il 1990
Comunicato stampa
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Se si guarda alla sua storia, Merano tra il 1965 e il 1990 è stata un centro culturale situato in mezzo all’Europa di fondamentale importanza. Questa affermazione, tutt’altro che presuntuosa, è suffragata dai numerosissimi aspetti emersi da anni di ricerca su 25 anni di vita politica, culturale e sociale nella piccola città bilingue sul Passirio.
La mostra "Cultura in movimento: Merano 1965-1990", allestita a Merano Arte dal 26 febbraio, offre un’ampia panoramica della produzione artistica di questi anni attraverso più di 100 opere particolarmente significative.
Mentre l’omonimo volume ha un ampio approccio storico-culturale, la mostra si concentra sulla produzione artistica di questi anni, aprendo a un panorama molto ampio: il movimento Fluxus, la performance, gli assemblage, la mail art, la pittura astratta, il disegno, l’arte dei goielli, la fotografia…
La mostra restituisce anche un cambio generazionale che ha comportato trasformazioni, scambi e rapporti di amicizia, offrendo uno spaccato sia del contesto storico dell’epoca sia delle idee politiche, spesso ribelli, di alcuni di questi artisti.
Il confronto e la tensione tra queste personalità molto differenti tra loro si concretizzano in una fitta rete di relazioni, mostre e incontri. I lavori dei 45 artisti e artiste esposti mostrano infatti una costante trasformazione, caratterizzata dalla coesistenza di un complesso sviluppo culturale di vasta portata anche con momenti di radicale rottura. Questo processo non è stato il risultato di una sterile competizione interna, ma piuttosto il frutto di un proficuo scambio tra artisti radicati nel territorio e artisti attivi non solo in città, operando essi sia a Merano che a livello internazionale. Le tracce di un dialogo comune emergono tanto nelle mostre collettive quanto in lavori, come performance e azioni, realizzati a più mani. Una serie di giovani artisti si affermano inoltre sulla scena internazionale a partire da una formazione all’estero e da prime esperienze espositive lontano dall’Alto Adige.
Il periodo tra il 1965 e il 1990 è stato caratterizzato da una forte spinta critica, ma fondamentalmente positiva. Lo scontro politico - condotto finalmente in modo non violento da parte delle istituzioni dopo i cosiddetti “anni delle bombe”, - le istanze legate al movimento del ’68 unite a un forte desiderio di modernità, hanno determinato significative trasformazioni in diversi ambiti culturali. La rinnovata stabilità ha quindi favorito un’ampia proposta di eventi culturali e una forte internazionalizzazione, intesa come allargamento degli orizzonti; parallelamente si è assistito ad una progressiva professionalizzazione di molti artisti attraverso accademie, università, soggiorni all’estero e mostre. Inoltre, in questi anni, sono emerse in modo crescente nuove figure di critici e collezionisti, capaci di dare visibilità in modo attento ai nuovi sviluppi, tanto a livello sociale che sui media.
Il percorso espositivo prende le mosse da artisti e artiste che, fin dagli anni del dopoguerra, hanno sviluppato una ricerca orientata verso i linguaggi delle avanguardie internazionali e hanno gettato un ponte verso le successive generazioni. Nel periodo preso in esame, giunti alla loro produzione matura, hanno dimostrato anche la loro capacità di rinnovarsi. Tra essi si possono menzionare Peter Fellin (1920-1999), Hansgeorg Hölzl (1932-2018) o Anton Frühauf (1914-1999). Le molteplici connessioni presenti tra opere differenti restituiscono una serie di scambi avvenuti sia nel rapporto tra insegnanti e alunni sia in forma di amicizia: è il caso ad esempio di Rudolf Stingel (1956) e Ivo Mahlknecht (1955), che condividevano lo studio, si erano formati con Mili Schmalzl (1912-2006) ed erano legati al più anziano artista Hansgeorg Hölzl, oppure ancora dell’amicizia tra lo stesso Stingel e Franz Pichler (1939).
Alcuni artisti e alcune artiste che hanno vissuto principalmente a Merano, si sono allontanati dalla produzione culturale del momento per motivi biografici, cambiamenti professionali o per una predisposizione a diversi ambiti, facendosi strada sostanzialmente da soli. Tra essi di possono ricordare Antonio Manfredi (1912-2001), Rina Riva (1922-2010), Luis Stefan Stecher (1937), Pepi Tischler (1942), Toni Hanny (1941) o Gina Klaber Thusek (1900-1983). Manfredi e Stecher condividevano un duplice talento: entrambi infatti si sono dedicati in modo costante tanto alla pittura quando alla letteratura, gettando un ponte tra questi due generi. Peppi Tischler non solo è stato un capace disegnatore, ma ha anche promosso altri artisti gestendo una galleria all’interno degli spazi del suo negozio di arredamento. Anche Gina Klaber Thusek ha sostenuto, anche attraverso l’insegnamento, numerosi giovani artisti. Sebbene sia in parte rimasta a margine della scena artistica locale, le sue amicizie con Toni Hanny, Vilém Flusser (1920-1991), Luigi Serravalli (1914-2002), Anton Frühauf (1914-1999), Karl Vonmetz (1950), Walter Erckert (*1938) ed Elisabeth Hölzl (1962) sono alcuni degli esempi più entusiasmanti dell’affiatamento che esisteva tra gli artisti in città.
Un gruppo di artisti, più giovani di quelli precedentemente incontrati, ha affrontato questioni sociali, linguistiche, educative, (inter)etniche e politiche. A Merano, il nucleo di questo gruppo era costituito da Franz Pichler (1939), Jakob de Chirico (1943) – che produceva regolarmente le serigrafie per altri artisti – e Matthias Schönweger (1949). Assieme, hanno anche preso parte a collettivi come il Gruppo Netzkunst ed erano all’interno di una rete di scambi che spaziava dal contesto locale (ad esempio con Egon Rusina), all’Italia (con Claudio Costa e Francesco Conz), alla Germania (con Georg Jappe e Angelika Thomas), all’Austria (con Hermann Nitsch). Seppur con accenti diversi, il loro lavoro continua fino ad oggi ad essere caratterizzato dall’impegno sociale e sindacale, da un’ottica pedagogica - legata alla propria professione-, dalla messa in discussione dei ruoli di generi tradizionali, da un’osservazione sempre attenta e critica della vita quotidiana.
Se si guarda retrospettivamente alle attività svolte dal Piccolo Palazzo d’Arte, un’associazione artistica privata fondata nel 1985 a Merano da un gruppo di appassionati, emerge come esso abbia rappresentato uno dei luoghi fondamentali per le tendenze avanguardistiche di quegli anni. Le mostre promosse hanno portato a momenti di riflessione, di attrito, di condivisione e di amicizia estremamente significativi per la scena locale. In oltre dieci anni di attività, il Piccolo Palazzo d’Arte ha proposto artisti quali Oswald Oberhuber (1931-2020), Georg Jappe (1938-2007), Hermann Nitsch (1938), Raphael Montañez Ortiz (1934), Aldo Mondino (1938-2005), Francesco Conz (1935-2010).
Nel corso degli anni ’80, la tendenza a una maggiore internazionalizzazione e professionalizzazione emerge in particolare se si guarda a figure di artisti, tuttora attivi e noti su un piano internazionale, come Rudolf Stingel (1956), oppure Marcello Jori (*1951), Eduard Habicher (*1956) o Manfred Alois Mayr (*1952).
I lavori di Carmen Müller (1955), Elisabeth Oberrauch (1950), Siegfried Höllrigl (1943) e Margit Klammer (1958) incontrano invece l‘artigianato, la stampa tipografica e l’illustrazione, o dialogano con lo spazio urbano e naturale, muovendosi in modo indipendente, al di là delle mode e delle tendenze. Nei tardi anni ’80 Arnold Mario Dall’O (1960), Ulrich Egger (1959) e Elisabeth Hölzl (1962) rientrano a Merano a seguito di una formazione accademica e di soggiorni di studio– rispettivamente a Venezia, Firenze e Milano –ed entrano subito a far parte della scena artistica locale.
Il momento conclusivo della mostra, e per certi aspetti un suo contrappunto, è costituito dalla sezione dedicata a una selezione di opere di oreficeria.
Anton Frühauf (1914–1999) è stato, direttamente o indirettamente, un punto di riferimento per diverse generazioni di orafi argentieri. Oggi i suoi allievi lavorano in tutto il mondo – ad esempio a Londra, a Vienna o a Parigi – e portano avanti, assieme ai gioiellieri attivi in città, questa importante tradizione. Frühauf – Walter Erckert (1938) – Konrad Laimer (1960) possono essere accostati come perle di una stessa collana. Frühauf – Hans Tischler (1947) – Barbara Bertagnolli (1961) – Linda Ladurner (1954) e Christoph Blum (1960) sembrano essere collegati da un nastro invisibile nel loro “linguaggio orafo”. Anche Karl Vonmetz (1950), che ha preso poi una direzione particolare specializzandosi in arte oggettuale, ha preso le mosse dal laboratorio di Frühauf.
Non fa parte invece di questo gruppo l’orefice e argentiere Willy Wiemann (1937), attivo dagli anni ’70 e autore in particolare di numerosi arredi liturgici presenti in tutto il territorio.
Nell’omonima pubblicazione, che comprendere 36 contributi e oltre 700 immagini, in buona parte di lavori ancora inediti, i contributi di diversi autori – e in particolar modo del professor Markus Neuwirth – mettono in luce come qua convergano i fili di diversi avvenimenti culturali internazionali. Molti artisti e artiste, filosofi e filosofe, scienziati e scienziate, giornalisti e giornaliste, creativi e creative, si sono infatti confrontati con eventi e tendenze internazionali attraverso pubblicazioni, dischi, opere d'arte, azioni o performance. Vilém Flusser, Ernst von Glasersfeld, Valentin von Braitenberg, Regina Klaber Thusek, per citarne solo alcuni, sono stati “nomadi europei” e, durante gli anni di permanenza a Merano, hanno preso parte a un dialogo intellettuale vivace, costruttivo e creativo con gli abitanti del luogo. Conferenze, mostre e corrispondenze, così come la costante partecipazione a una scena artistica internazionale, sono pietre miliari che dimostrano come per decenni la città si sia mossa nella direzione dell’internazionalizzazione. In particolare, Ernst von Glasersfeld e Valentin von Braitenberg sono state figure di scienziati di spicco a livello internazionale nei campi della psicologia cognitiva, della cibernetica, del costruttivismo e teoria dell'informazione. Vilém Flusser è stato uno dei teorici del media più influenti del XX secolo e il suo soggiorno di tre anni a Merano durante gli anni ’70 emerge chiaramente anche nei suoi scritti successivi.
In tutto questo la fotografia ha giocato un ruolo fondamentale. Non solo è divenuta una disciplina artistica riconosciuta, ma anche uno strumento di documentazione di centrale importanza. Il lascito del fotografo e giornalista Gigi Bortoli, la donazione dell’appassionato e talentuoso fotografo amatoriale Walter Haller e la raffinata sensibilità della fotografa meranese Elisabeth Hölzl hanno catturato una moltitudine di eventi e stati d’animo. I loro contributi arricchiscono notevolmente sia i saggi sia la mostra.
La mostra "Cultura in movimento: Merano 1965-1990", allestita a Merano Arte dal 26 febbraio, offre un’ampia panoramica della produzione artistica di questi anni attraverso più di 100 opere particolarmente significative.
Mentre l’omonimo volume ha un ampio approccio storico-culturale, la mostra si concentra sulla produzione artistica di questi anni, aprendo a un panorama molto ampio: il movimento Fluxus, la performance, gli assemblage, la mail art, la pittura astratta, il disegno, l’arte dei goielli, la fotografia…
La mostra restituisce anche un cambio generazionale che ha comportato trasformazioni, scambi e rapporti di amicizia, offrendo uno spaccato sia del contesto storico dell’epoca sia delle idee politiche, spesso ribelli, di alcuni di questi artisti.
Il confronto e la tensione tra queste personalità molto differenti tra loro si concretizzano in una fitta rete di relazioni, mostre e incontri. I lavori dei 45 artisti e artiste esposti mostrano infatti una costante trasformazione, caratterizzata dalla coesistenza di un complesso sviluppo culturale di vasta portata anche con momenti di radicale rottura. Questo processo non è stato il risultato di una sterile competizione interna, ma piuttosto il frutto di un proficuo scambio tra artisti radicati nel territorio e artisti attivi non solo in città, operando essi sia a Merano che a livello internazionale. Le tracce di un dialogo comune emergono tanto nelle mostre collettive quanto in lavori, come performance e azioni, realizzati a più mani. Una serie di giovani artisti si affermano inoltre sulla scena internazionale a partire da una formazione all’estero e da prime esperienze espositive lontano dall’Alto Adige.
Il periodo tra il 1965 e il 1990 è stato caratterizzato da una forte spinta critica, ma fondamentalmente positiva. Lo scontro politico - condotto finalmente in modo non violento da parte delle istituzioni dopo i cosiddetti “anni delle bombe”, - le istanze legate al movimento del ’68 unite a un forte desiderio di modernità, hanno determinato significative trasformazioni in diversi ambiti culturali. La rinnovata stabilità ha quindi favorito un’ampia proposta di eventi culturali e una forte internazionalizzazione, intesa come allargamento degli orizzonti; parallelamente si è assistito ad una progressiva professionalizzazione di molti artisti attraverso accademie, università, soggiorni all’estero e mostre. Inoltre, in questi anni, sono emerse in modo crescente nuove figure di critici e collezionisti, capaci di dare visibilità in modo attento ai nuovi sviluppi, tanto a livello sociale che sui media.
Il percorso espositivo prende le mosse da artisti e artiste che, fin dagli anni del dopoguerra, hanno sviluppato una ricerca orientata verso i linguaggi delle avanguardie internazionali e hanno gettato un ponte verso le successive generazioni. Nel periodo preso in esame, giunti alla loro produzione matura, hanno dimostrato anche la loro capacità di rinnovarsi. Tra essi si possono menzionare Peter Fellin (1920-1999), Hansgeorg Hölzl (1932-2018) o Anton Frühauf (1914-1999). Le molteplici connessioni presenti tra opere differenti restituiscono una serie di scambi avvenuti sia nel rapporto tra insegnanti e alunni sia in forma di amicizia: è il caso ad esempio di Rudolf Stingel (1956) e Ivo Mahlknecht (1955), che condividevano lo studio, si erano formati con Mili Schmalzl (1912-2006) ed erano legati al più anziano artista Hansgeorg Hölzl, oppure ancora dell’amicizia tra lo stesso Stingel e Franz Pichler (1939).
Alcuni artisti e alcune artiste che hanno vissuto principalmente a Merano, si sono allontanati dalla produzione culturale del momento per motivi biografici, cambiamenti professionali o per una predisposizione a diversi ambiti, facendosi strada sostanzialmente da soli. Tra essi di possono ricordare Antonio Manfredi (1912-2001), Rina Riva (1922-2010), Luis Stefan Stecher (1937), Pepi Tischler (1942), Toni Hanny (1941) o Gina Klaber Thusek (1900-1983). Manfredi e Stecher condividevano un duplice talento: entrambi infatti si sono dedicati in modo costante tanto alla pittura quando alla letteratura, gettando un ponte tra questi due generi. Peppi Tischler non solo è stato un capace disegnatore, ma ha anche promosso altri artisti gestendo una galleria all’interno degli spazi del suo negozio di arredamento. Anche Gina Klaber Thusek ha sostenuto, anche attraverso l’insegnamento, numerosi giovani artisti. Sebbene sia in parte rimasta a margine della scena artistica locale, le sue amicizie con Toni Hanny, Vilém Flusser (1920-1991), Luigi Serravalli (1914-2002), Anton Frühauf (1914-1999), Karl Vonmetz (1950), Walter Erckert (*1938) ed Elisabeth Hölzl (1962) sono alcuni degli esempi più entusiasmanti dell’affiatamento che esisteva tra gli artisti in città.
Un gruppo di artisti, più giovani di quelli precedentemente incontrati, ha affrontato questioni sociali, linguistiche, educative, (inter)etniche e politiche. A Merano, il nucleo di questo gruppo era costituito da Franz Pichler (1939), Jakob de Chirico (1943) – che produceva regolarmente le serigrafie per altri artisti – e Matthias Schönweger (1949). Assieme, hanno anche preso parte a collettivi come il Gruppo Netzkunst ed erano all’interno di una rete di scambi che spaziava dal contesto locale (ad esempio con Egon Rusina), all’Italia (con Claudio Costa e Francesco Conz), alla Germania (con Georg Jappe e Angelika Thomas), all’Austria (con Hermann Nitsch). Seppur con accenti diversi, il loro lavoro continua fino ad oggi ad essere caratterizzato dall’impegno sociale e sindacale, da un’ottica pedagogica - legata alla propria professione-, dalla messa in discussione dei ruoli di generi tradizionali, da un’osservazione sempre attenta e critica della vita quotidiana.
Se si guarda retrospettivamente alle attività svolte dal Piccolo Palazzo d’Arte, un’associazione artistica privata fondata nel 1985 a Merano da un gruppo di appassionati, emerge come esso abbia rappresentato uno dei luoghi fondamentali per le tendenze avanguardistiche di quegli anni. Le mostre promosse hanno portato a momenti di riflessione, di attrito, di condivisione e di amicizia estremamente significativi per la scena locale. In oltre dieci anni di attività, il Piccolo Palazzo d’Arte ha proposto artisti quali Oswald Oberhuber (1931-2020), Georg Jappe (1938-2007), Hermann Nitsch (1938), Raphael Montañez Ortiz (1934), Aldo Mondino (1938-2005), Francesco Conz (1935-2010).
Nel corso degli anni ’80, la tendenza a una maggiore internazionalizzazione e professionalizzazione emerge in particolare se si guarda a figure di artisti, tuttora attivi e noti su un piano internazionale, come Rudolf Stingel (1956), oppure Marcello Jori (*1951), Eduard Habicher (*1956) o Manfred Alois Mayr (*1952).
I lavori di Carmen Müller (1955), Elisabeth Oberrauch (1950), Siegfried Höllrigl (1943) e Margit Klammer (1958) incontrano invece l‘artigianato, la stampa tipografica e l’illustrazione, o dialogano con lo spazio urbano e naturale, muovendosi in modo indipendente, al di là delle mode e delle tendenze. Nei tardi anni ’80 Arnold Mario Dall’O (1960), Ulrich Egger (1959) e Elisabeth Hölzl (1962) rientrano a Merano a seguito di una formazione accademica e di soggiorni di studio– rispettivamente a Venezia, Firenze e Milano –ed entrano subito a far parte della scena artistica locale.
Il momento conclusivo della mostra, e per certi aspetti un suo contrappunto, è costituito dalla sezione dedicata a una selezione di opere di oreficeria.
Anton Frühauf (1914–1999) è stato, direttamente o indirettamente, un punto di riferimento per diverse generazioni di orafi argentieri. Oggi i suoi allievi lavorano in tutto il mondo – ad esempio a Londra, a Vienna o a Parigi – e portano avanti, assieme ai gioiellieri attivi in città, questa importante tradizione. Frühauf – Walter Erckert (1938) – Konrad Laimer (1960) possono essere accostati come perle di una stessa collana. Frühauf – Hans Tischler (1947) – Barbara Bertagnolli (1961) – Linda Ladurner (1954) e Christoph Blum (1960) sembrano essere collegati da un nastro invisibile nel loro “linguaggio orafo”. Anche Karl Vonmetz (1950), che ha preso poi una direzione particolare specializzandosi in arte oggettuale, ha preso le mosse dal laboratorio di Frühauf.
Non fa parte invece di questo gruppo l’orefice e argentiere Willy Wiemann (1937), attivo dagli anni ’70 e autore in particolare di numerosi arredi liturgici presenti in tutto il territorio.
Nell’omonima pubblicazione, che comprendere 36 contributi e oltre 700 immagini, in buona parte di lavori ancora inediti, i contributi di diversi autori – e in particolar modo del professor Markus Neuwirth – mettono in luce come qua convergano i fili di diversi avvenimenti culturali internazionali. Molti artisti e artiste, filosofi e filosofe, scienziati e scienziate, giornalisti e giornaliste, creativi e creative, si sono infatti confrontati con eventi e tendenze internazionali attraverso pubblicazioni, dischi, opere d'arte, azioni o performance. Vilém Flusser, Ernst von Glasersfeld, Valentin von Braitenberg, Regina Klaber Thusek, per citarne solo alcuni, sono stati “nomadi europei” e, durante gli anni di permanenza a Merano, hanno preso parte a un dialogo intellettuale vivace, costruttivo e creativo con gli abitanti del luogo. Conferenze, mostre e corrispondenze, così come la costante partecipazione a una scena artistica internazionale, sono pietre miliari che dimostrano come per decenni la città si sia mossa nella direzione dell’internazionalizzazione. In particolare, Ernst von Glasersfeld e Valentin von Braitenberg sono state figure di scienziati di spicco a livello internazionale nei campi della psicologia cognitiva, della cibernetica, del costruttivismo e teoria dell'informazione. Vilém Flusser è stato uno dei teorici del media più influenti del XX secolo e il suo soggiorno di tre anni a Merano durante gli anni ’70 emerge chiaramente anche nei suoi scritti successivi.
In tutto questo la fotografia ha giocato un ruolo fondamentale. Non solo è divenuta una disciplina artistica riconosciuta, ma anche uno strumento di documentazione di centrale importanza. Il lascito del fotografo e giornalista Gigi Bortoli, la donazione dell’appassionato e talentuoso fotografo amatoriale Walter Haller e la raffinata sensibilità della fotografa meranese Elisabeth Hölzl hanno catturato una moltitudine di eventi e stati d’animo. I loro contributi arricchiscono notevolmente sia i saggi sia la mostra.
26
aprile 2021
Cultura in movimento. Merano 1965 – 1990
Dal 26 aprile al 27 giugno 2021
arte contemporanea
Location
KUNST MERAN/O ARTE
Merano, Via Portici, 163, (Bolzano)
Merano, Via Portici, 163, (Bolzano)
Biglietti
intero € 6,00; Ridotto (Over 65, guestcard..) € 5,00; Studenti fino a 26 anni € 2,00; Bambini fino a 14 anni: gratuito
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 10-18
domenica e festivi 11-18
Vernissage
30 Novembre -0001, Non è previsto un vernissage
Sito web
Autore
Curatore