09 luglio 2021

MEETing point della cultura digitale. Intervista con Maria Grazia Mattei

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Inaugurato lo scorso ottobre, MEET è il primo hub innovativo, inclusivo e transdisciplinare in Italia dedicato alla cultura digitale, alle radici del nuovo e all’interpretazione del presente

Sala immersiva di MEET. Foto Elena Galimberti

MEET Digital Culture Center è poliedrico, multidisciplinare e trasformabile. Si trova a Milano in un palazzo storico del Novecento, nell’ex spazio Oberdan acquistato da Fondazione Cariplo e restaurato su progetto di Carlo Ratti. Fondatrice e presidente Maria Grazia Mattei che sin dagli anni Ottanta esplora i territori del digitale e le frontiere dell’innovazione tecnologica. Questa sua indagine a 360 gradi è confluita nel 2005 nella piattaforma Meet The Media Guru che ha portato in Italia numerose testimonianze internazionali di pionieri, pensatori e ricercatori del nostro tempo. Ci siamo fatti raccontare i punti cardine del centro, la sua linea “editoriale”, gli obiettivi, le ambizioni e le prospettive.

Ritratto di Maria Grazia Mattei (2019), Fondatrice e Presidente di MEET

Quali sono le parole chiave per definire MEET?
«Experience, digitale, cultura, creatività/arte».

Gli obiettivi?
«Essere uno snodo fisico di un network internazionale. Mancava un punto di riferimento forte che connettesse idee e persone in maniera diversa con l’Italia. Valorizzare le nostre punte di creatività e le nostre eccellenze con una circolazione e disseminazione anche in un contesto internazionale. Contribuire a lavorare per superare un digital divide che in Italia, oggi, è culturale prima ancora che tecnologico. Creare consapevolezza sul processo in atto di trasformazione della nostra società nella dimensione digitale e fisica. Internazionalizzazione, quindi, valorizzazione, aumento della consapevolezza e diffusione della cultura digitale».

My Lounge di MEET con appesi poster di manifestazioni storiche. Foto Michele Nastasi

La linea editoriale?
«La nostra linea d’intervento si sviluppa attraverso traiettorie tematiche che enucleiamo a fine anno per quello successivo. Nel 2020 abbiamo avuto una forte attenzione sulla ricerca e sull’esplorazione di più livelli di creatività. MEET è il luogo delle tendenze, un periscopio più che un osservatorio. Tutto il MEET è uno spazio education, fisico e virtuale, con un interesse alla trasmissione di idee, di contenuti e approfondimento. È un ambiente “fluido” in cui entri e apprendi sempre qualcosa. Che sia una lecture, una mostra, un laboratorio, un workshop o l’incontro con un guru».

Con MEET, quindi, le classiche barriere di on site, off site e online cadono.
«Sì, sia come spazio fisico che come programmazione. Ricordo che in Mediateca — spazio a Milano dove si svolgevano in presenza e in streaming gli incontri di Meet the Media Guru, n.d.r — dicevo “voglio sfondare questi muri”. Già allora volevo una comunicazione che interpretasse i parametri della cultura digitale. Una cultura che si sta plasmando intorno a diversi comportamenti e stili di vita indotti anche dalle tecnologie».

Theater di MEET. Foto Michele Nastasi

La tecnologia, oggi, non va a braccetto con l’ecologia. Come si rapporta MEET col pensiero critico?
«Col ciclo di programmi che ha preceduto la nascita di MEET — che è Meet The Media Guru — ho sempre aperto a riflessioni a tutto tondo e su più campi, mettendo spesso l’accento proprio sugli aspetti critici. Non solo d’impatto nella società in trasformazione ma anche i rischi di uno sviluppo accelerato della tecnologia — pensa all’Intelligenza Artificiale —, sollevando questioni nell’eticità della progettazione. Un tema oggi su cui riflettere con attenzione è l’impatto di tutta questa accelerazione nell’uso del digitale — computer, server, consumo energetico. Anche la mobilità digitale ha delle criticità perché porta al consumo di risorse, impattando fortemente sull’ambiente. MEET ha tre perni nello sviluppo dei suoi programmi: creatività, approccio critico per acquisire più consapevolezza e le radici del nuovo. C’è una storia importante analogica che prelude a ciò che sta succedendo oggi. E c’è una storia del digitale che ai più sfugge che vale la pena far conoscere per ricostruire un processo che è irreversibile. Costruire un sapere critico è necessario. MEET è un processo mai finito e in costante divenire. Non è solo un edificio fatto di muri ma un organismo che si evolve».

La Scala Abitata di MEET. Foto Michele Nastasi

Per restare sull’approccio critico e sull’acquisire consapevolezza, penso a un recente intervento del filosofo Maurizio Ferraris — di cui è da poco uscito il libro Documanità. Filosofia del mondo nuovo per Laterza — che afferma che noi tutti lavoriamo ogni giorno, inconsapevolmente, per le grandi piattaforme commerciali poiché forniamo loro dati di comportamento che vengono raccolti, classificati e capitalizzati. Senza tanti giri di parole, lui sostiene che dovremmo essere pagati per questo.
«Ha ragione. I nostri dati hanno un enorme valore economico. Siamo i nuovi sfruttati senza rendercene conto. Una delle linee di MEET è la Digital Literacy (alfabetizzazione digitale, n.d.r) pensando ai giovani, agli studenti, agli insegnanti e ai cittadini. E uno dei temi che affronteremo è quello della consapevolezza. Per non essere in balia delle tecnologie ma consapevoli nell’uso e nella comprensione di questo processo. E come lo faremo? Con dibattiti, convegni ma anche con l’aiuto di artisti e creativi che aiutino le persone a capire. Si tratta di aprire delle piste educative su questi temi (dati, privacy, machine learning…) perché rischiano di travolgerci senza che sappiamo minimamente capire quello che sta avvenendo. Il tema vero è come aumentare la consapevolezza delle persone».

Sempre Ferraris, di contro, ha parlato di una “Dittatura del proletariato”, una sorta di panottico inverso. Oggi grazie ai social, tutti noi, abbiamo a disposizione strumenti che hanno un forte potere d’influenza, culturale, sociale e politica.
«Immagina di avere questo potere su una base di inconsapevolezza. Il paradosso dei paradossi. Mai l’umanità ha avuto a disposizione degli strumenti così potenti per esprimersi e intervenire. Su questi temi è importante lavorare in sinergia e fare rete».

 

I numeri di MEET Digital Culture Center
Anno di fondazione: 2018
Inaugurazione: ottobre 2020
Metri quadri: 1500 su 3 piani
Immersive room di 200 mq dotata di 15 proiettori in 4k per immagini continuative su tre paretiTheater di 230 mq con 189 sedute con schermo cinema cielo-terra e palcoscenico 10×3 mtScala Abitata di 75 mq, alta 15 mt con 2 proiettori e 3 schermi

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