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Una Regina a Bergamo: intervista a Lorenzo Giusti
Arte moderna
di Paola Tognon
La mostra di Regina (Regina Cassolo Bracchi 1894-1974, regina appunto della scultura), è apparsa in maniera potente per la sua inedita ricerca e qualità espositiva, segnando la riapertura della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Camminare nelle sale della mostra, osservare il percorso e il sistema di allestimento, permette di scoprire un’identità artistica femminile ben caratterizzata, ma altrettanto nascosta nel decenni del XX secolo italiano. Il sistema costruttivo del progetto, le sue fasi di lavoro, le collaborazioni tra istituzioni italiane ed estere, sono al centro di questo dialogo con Lorenzo Giusti, direttore della GAMeC (rinnovato per 5 anni) che avvia proprio in questi mesi anche un percorso di trasferimento della sede museale ed espositiva dell’istituzione.
La Mostra di Regina nella GAMeC è una doppia opportunità. Quella di avvicinare un’opera inedita; quella di collocare la ricerca artistica italiana e femminile del XX secolo su un piano di osservazione e visibilità internazionale. Qual è stato l’inizio del percorso che ha permesso lo sviluppo di questo progetto?
Nel 2017, quando ero ancora direttore del Museo MAN di Nuoro, ho curato con Heike Eipeldauer una mostra sulle coppie di artisti dell’avanguardia russa. Doveva essere la prima di una trilogia dedicata all’emersione del contributo di figure femminili all’interno di alcuni dei principali movimenti dell’avanguardia storica. Da tempo lavoro su cicli espositivi pluriennali, quasi sempre divisi in tre parti. È una modalità che ho adottato per realizzare grandi progetti all’interno di istituzioni che non hanno risorse o spazi sufficienti per operare singolarmente su vasta scala. Quando ho lasciato il MAN per la GAMeC, alla fine del 2017, con Raffaella Resch e Chiara Gatti stavamo lavorando alla realizzazione della seconda mostra di questo ciclo, dedicata alla presenze femminili nel futurismo. È nel contesto di quella ricerca che la figura di Regina è emersa ai nostri occhi in tutto il suo valore.
La tua formazione di storico dell’arte e le tue esperienze di direzioni museali sono state di indirizzo e sostegno nella costruzione di questo progetto per la GAMeC e nei suoi sviluppi internazionali?
Pur essendomi sempre occupato del contemporaneo, che è senza dubbio il mio primo interesse, ho una formazione di storico dell’arte che molto si è concentrata sul contesto italiano tra le due guerre. Per la tesi di specializzazione ho fatto una ricerca su Corrado Pavolini, critico d’arte del “Tevere”, una delle riviste “fascistissime”. Ne ho anche pubblicato una monografia, un po’ noiosa ma completa. La tesi di dottorato l’ho dedicata a Ungaretti e ai poeti ermetici meridionali come critici d’arte tra le due guerre. Tra questi c’era anche Leonardo Sinisgalli, che operò nella Milano degli anni Trenta ai tempi in cui Regina frequentava la Galleria del Milione. L’occasione di tornare sul suo lavoro si è presentata quando Christine Macel ha voluto condividere con me la sua idea di realizzare per il Pompidou una grande mostra dedicata al contributo femminile alla storia dell’astrazione.
Sollecitato a condividere delle proposte, mi sono confrontato con Chiara Gatti, che nel frattempo aveva continuato ad approfondire la conoscenza del lavoro di Regina, oltre gli anni del futurismo. Fondamentale a quel punto è stato l’incontro con i collezionisti Gaetano e Zoe Fermani, a cui Regina ha lasciato in eredità il proprio archivio insieme a una grande quantità di lavori. Con Christine abbiamo fatto più volte visita a Gaetano e Zoe ed è in una di queste occasioni che è maturata in loro l’idea di donare un’importante serie di opere alle due istituzioni.
Quali pensi che possano essere gli esiti di una condivisione progettuale con un’istituzione europea come il Centre Pompidou?
La speranza è che il lavoro di Regina possa finalmente emergere in tutto il suo valore ed essere conosciuto nel contesto europeo, che è quello che Regina idealmente frequentò per tutta la vita. Nel senso che – pur non muovendosi mai da Milano, se non in occasione di un viaggio a Parigi nel 1937, quando conobbe André Breton e Léonce Rosenberg – Regina mantenne sempre vivo il confronto con i più aggiornati movimenti dell’avanguardia internazionale, anche in anni in cui era forte la spinta autarchica.
Il progetto dedicato a Regina significa anche l’acquisizione di opere per la collezione della GAMeC che dirigi. Che valore ritieni abbia per un’istituzione la costruzione e l’ampliamento di una collezione?
Senza dubbio un grande valore. Nel caso della GAMeC è un nucleo che si aggiunge ad altri storici donati negli anni della sua costituzione e che pone le basi per quell’incremento strategico delle raccolte d’arte su cui dovremo lavorare nei prossimi quattro anni in vista dell’apertura della nuova sede del museo.
Questo progetto vede la collaborazione e la cura di più persone, oltre che istituzioni. Secondo la tua esperienza – e per la ricerca su Regina – ciò rappresenta per te un elemento significativo e moltiplicativo?
I tempi di realizzazione della retrospettiva – che volevamo presentare in parallelo alla mostra di Parigi – e della monografia – che abbiamo pubblicato insieme alle Edizioni del Centre Pompidou – erano stretti. Anche per questa ragione è stato fondamentale il coinvolgimento di due studiosi che avevano già avuto modo di riflettere su Regina nel contesto di ricerche universitarie, ovvero Paolo Campiglio, che aveva anche curato una mostra antologica di Regina nel 2010 alla Fondazione Ambrosetti di Brescia, e Paolo Sacchini, autore di uno studio approfondito sugli anni del cosiddetto secondo futurismo.
C’è una cura particolare e inedita nell’allestimento della mostra di regina in GAMeC. Un aspetto particolarmente significativo nella cornice dell’intero progetto
Abbiamo affidato il progetto dell’allestimento a Francesco Faccin, un bravissimo designer del prodotto, da sempre attento ai temi della sostenibilità, che ha ideato un sistema di basi e sostegni in ferro crudo – non trattato o assemblato con altri materiali e quindi interamente riciclabile – capaci di esaltare la straordinaria leggerezza delle sculture di Regina. La scelta del ferro è stata fatta anche in relazione ai materiali connotativi del progetto di ristrutturazione dell’antico Monastero delle Dimesse e delle Servite – sede della GAMeC, realizzato da Vittorio Gregotti alla fine degli anni Ottanta, e ai colori dominanti dell’edificio.
[…] il testo di Briony Fer del 1997. Esposte anche diverse italiane come Bice Lazzari, Carla Accardi e Regina Cassolo Bracchi. Se da una parte il titolo rimanda all’astrattismo significa anche “a prescindere da”, come a […]