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Viaggio esperienziale nelle opere fisiche (e virtuali) di Vincenzo Marsiglia
Arte contemporanea
Il percorso artistico dell’autore Vincenzo Marsiglia (1972, Belvedere Marittimo, CS) si evolve ormai da oltre venticinque anni d’instancabile ricerca. Un’indagine sistematica e coerente che l’artista ha condotto a partire dall’elaborazione di un segno distintivo, il modulo a forma di stella chiamata Unità Marsiglia, declinato in soluzioni e ideazioni differenti tra loro, sia fisiche che virtuali.
La mostra e il catalogo PROSPECT works 2010 – 2021, a cura di Beatrice Audrito e Davide Sarchioni, presso la NM Contemporary nel Principato di Monaco, costituisce una sorta di retrospettiva in cui l’artista ripercorre tutta la sua ricerca dalla fine degli anni Novanta ad oggi, dalla riflessione sulla pratica pittorica con le prime opere di matrice astratta, alla lavorazione della scultura in ceramica e in marmo, fino all’approdo a una concezione spaziale, con la progettazione di veri e propri ambienti tridimensionali.
Qual è il bilancio di questo primo venticinquennio di attività e quali sono gli sviluppi espressivi che hai voluto approfondire in questa mostra?
«Come hai annunciato, questa personale racchiude le tematiche a me care ed affrontate nella produzione artistica precedente e quelle al centro della ricerca attuale.
Il percorso espositivo si apre, infatti, con due opere storiche, una in feltro (Shuttle Star Lily, 2005/2006) e l’altra interattiva (Star Interactive, 2009) messe a confronto, allestite una di fronte all’altra, per generare la mia visione sincrona del mondo reale e di quello virtuale. Lo Shuttle Star Lily eseguito a decoupage, in feltro morbido e tattile, secondo schemi geometrici che ripetono l’UM in positivo e negativo, fronteggia e compensa Star Interactive, uno schermo interattivo che riflette come uno specchio le immagini del luogo anch’esse scomposte e ricomposte attraverso la monade UM.
Le due opere introducono lo spettatore all’esperienza immersiva, “analogica”, del Wall Op Mirror, un wall paper installato sulle pareti principali della prima sala, che ingloba il visitatore nello spazio della galleria e lo pone in dialogo con le opere installate e al contempo riflesse ripetutamente nell’ambiente.
Wall Op Mirror è stato realizzato grazie alla collaborazione con Ricoh Italia, azienda che mi ha dato la possibilità di sperimentare nuove modalità di stampa grazie a macchine di ultima generazione.
Esso rappresenta, inoltre, il nucleo principale della ricerca attuale basata sul rapporto tra intervento artistico e architettura. Ricerca che ho sviluppato nelle numerose esperienze interattive e digitali, ma soprattutto, nel progetto Keleidoscope eseguito per Buonanotte Contemporanea, progetto curato da Maria Letizia Paiato, invitato da Alessandro Melis al Padiglione Italia della Biennale di Venezia di Architettura, in corso fino a Novembre».
All’interno del tuo percorso, Vincenzo, si è palesato, con sempre maggiore prepotenza, il desiderio di sperimentare nuove modalità di interazione tra opera e spettatore. Nella seconda metà degli anni Duemila approdi alle nuove tecnologie digitali che in quel periodo iniziano ad avere una sempre maggiore diffusione.
Ho sempre pensato che nella tua ricerca convivessero due categorie che la tradizione occidentale ha spesso contrapposto l’una all’altra: ars e techné, quel legame inscindibile tra arte e tecnica che implica la compresenza da un lato di una idea, di una concezione, necessaria a costituire la forma artistica, dall’altro di una tecnologia che fornisca una nuova piattaforma estetica ed espressiva.
Dalle prime opere digitali del 2008 che includevano schermi LCD agli specchi polarizzati del 2009 che coinvolgevano il fruitore nell’opera a un doppio livello (fisico e virtuale tramite una webcam) fino allo sviluppo nel 2010 di Interactive Star App, applicazione ideata per trasformare i ritratti fotografici e i selfie dei partecipanti in coloratissime texture digitali poi condivisi nei social, come si è trasformato il tuo rapporto con i new media e quali caratteristiche poetiche hai voluto esprimere?
«Il rapporto con le tecnologie è stato un passaggio importante nel mio percorso artistico, come l’idea di far diventare il fruitore il generatore dell’opera stessa. Grazie all’interazione di quest’ultimo infatti, l’opera evolve, vive. Nel 2010 il passaggio alle applicazioni, come nuova forma di opera d’arte, è stato fondamentale per arrivare a concepire l’opera come parte del proprio corpo. L’idea, sull’onda del pensiero Munariano, nasce anche dalle letture filosofiche tratte da un libro importante di Maurizio Ferraris dal titolo Anima e iPad, che parla dell’Ipad come prolungamento del nostro corpo e dell’anima e strumento che ha rivoluzionato il pensiero e l’approccio di ogni uno di noi al lavoro di tutti i giorni.
Con questa applicazione ho voluto sottolineare un aspetto importante, quello dell’unicità delle mie opere digitali anche nell’era della riproducibilità, oggi un tema molto in voga nell’ambito della Blockchain e degli NFT.
Star App ha segnato per me una svolta sociale importante. Durante il lockdown, ho chiesto al mondo della cultura e non di partecipare con il proprio selfie/ritratto al progetto #unritrattoperunirci. Artisti, scrittori, musicisti, medici, infermieri e chiunque altro avesse desiderio di oltrepassare le mura di casa o dell’ospedale, mi mandava una propria foto con il telefono che io rielaboravo con quest’App per poi immetterla sulle piattaforme dei social, creando un’unità virtuale in un momento d’isolamento fisico. Il progetto, curato da Laetitia Florescu e Julie Fazio, ha raggiunto più di 500 ritratti e verrà proiettato nei mesi a venire sulle facciate di spazi istituzionali, in interazione con l’applicazione creata appositamente per il progetto per generare altri ritratti in diretta».
Ultima e recentissima tappa del tuo percorso è il progetto Map (Star) The World ideato per HoloLens2, dispositivo creato da Microsoft e disponibile in Italia dal 2020, che permette la fusione tra mondo reale e virtuale: “il primo computer olografico completamente untethered del mondo” così come lo definisce la stessa Microsoft.
Si tratta, ad oggi, del dispositivo più completo tra quelli presenti sul mercato, che combina elementi di realtà aumentata e realtà mista grazie all’utilizzo di un visore di tipo see-through e di molteplici sensori, e che permette un’esperienza totalmente immersiva.
In che modo si è sviluppato questa tua progettualità per HoloLens2? Quali sono le potenzialità tecniche e tecnologiche che, con la tua visione artistica, possono essere sfruttate e sviluppate ulteriormente?
«Il lavoro con Hololens2 è nato un anno fa grazie al progetto Trame, curato da Annalisa Ferraro. In quest’occasione si è ulteriormente rafforzata la collaborazione con Xonne Mobile Solutions, che risale a 11 anni fa.
Lo sviluppo di questa tecnologia mi ha dato l’opportunità di essere il primo artista ad aver sperimentato con l’HoloLens2. Il primo contatto con questo strumento l’ho avuto l’anno scorso all’uscita del primo prototipo HoloLens, che mi ha aperto a nuove soluzioni per lavorare sulla realtà aumentata e la possibilità di interagire con lo spazio reale.
Dopo l’esperienza del progetto Trame vi è stata un’evoluzione importante con la collaborazione della Fondazione Luca e Katia Tomassini diretta da Davide Sarchioni.
Il progetto è stato presentato nel corso del festival Parma 360 nell’ambito di Parma Capitale della Cultura 2020 + 21, con il titolo Map (Star) the World. Il poter relazionarsi con un mezzo così immersivo e di utilizzazione libera, mi ha aperto nuove strade sulle potenzialità di interazione con questo mezzo in un futuro prossimo, nella fruizione degli spazi architettonici generati e creati da me. Quello che mi interessa maggiormente è il dialogo fisico/digitale, mi affascina la mix reality e credo diventerà sempre più importante mettere in relazione lo spazio visionario dell’artista con lo spazio reale.
Quello che vorrei indagare, attraverso questa tecnologia, è il rapporto che si può creare tra le persone che generano esperienze».
L’emozionalità e la personalizzazione della visione sono le due caratteristiche principali di cui spesso parli quando descrivi il tuo approccio al mezzo. Puoi spiegarmi meglio cosa intendi?
«L’emozione, la meraviglia, sono fattori importanti per far diventare il mezzo tecnologico non più freddo ma un mezzo che dà vita a emozioni. L’esperienza di HoloLens2 è visibile a occhio nudo; quando le persone indossano l’occhiale a un certo punto vedi sul viso la positività e la bellezza della meraviglia e dell’immersione; il poter toccare con mano (digitale) gli elementi scultura e gli elementi d’architettura che grazie al tocco possono cambiare e muoversi.
Infatti il viaggio esperienziale che si genera da quest’opera immersiva non è mai lo stesso, cambia in continuazione e questo è una dei punti che ho sempre affrontato nella mia visione. Mi affascina ancor di più che ognuno possa creare la propria opera/esperienza, il potere dell’arte e il potere delle tecnologie è anche questo, il far vivere esperienze nuove e il creare nuove visioni».
Quali pensi possano essere gli utilizzi futuri di questo tuo progetto soprattutto nell’ambito della valorizzazione del patrimonio storico artistico e turistico italiano?
«Il progetto Map (Star) The World racchiude in sé, già nel titolo, l’intenzione di voler creare un’opera ambiziosa e di grande respiro.
Grazie all’applicazione sviluppata per HoloLens2, il mezzo segue lo sguardo del fruitore e attraverso il guardare si genera una sorta di pelle digitale e geometrica, originata dalla mia UM, che ricopre ogni elemento toccato dallo sguardo di chi indossa il visore: una vera e propria “trama stellare”. Da qui l’idea di mappare architetture, sculture e paesaggi; avvolgere ed evidenziare ogni cosa, mostrandola sotto una veste inedita.
Quest’esperienza può essere condivisa fisicamente o a distanza. Ogni mio viaggio nei luoghi storici consente di vedere le opere del passato in un modo nuovo e ancora più coinvolgente, valorizzando ulteriormente l’esperienza e la fruizione del patrimonio storico-artistico.
Tutto questo è nato quando ho creato una video performance con HoloLens2 in occasione della Maker Faire Roma, a cura di Valentino Catricalà, in collaborazione con la Fondazione Luca e Katia Tomassini di Orvieto: dato che eravamo in modalità online si è pensato di creare un video fruibile dal web e di conseguenza ho creato questo viaggio fisico e virtuale nella città di Parma.
A breve partirà il viaggio per la città di Orvieto, Macerata e Taranto. Per quest’ultima mi affascina l’idea di farla conoscere a tutti tramite il mio intervento su di un’architettura contemporanea come la Cattedrale Gran Madre di Dio di Giò Ponti».