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‘Endecameron 21’: artisti in residenza al Castello di Rocca Sinibalda, Rieti
Progetti e iniziative
di Silvia Conta
Endecameron 21 è la quarta edizione della residenza artistica interdisciplinare iniziata nel 2018 nel Castello di Rocca Sinibalda, in provincia di Rieti, in corso dal 31 luglio a domani, 7 agosto, quando gli artisti presenteranno i loro lavori a tutto il gruppo dei residenti e a un gruppo di invitati.
Gli artisti protagonisti di questa edizione sono il duo Marianna Andrigo – Aldo Aliprandi (body performance), il duo Claudia Aliotta – Fabio Imbergamo (musica), Francesco Cabras (fotografia), Mauro De Carli (multimedia), Alex Hartley (mixed media), Kris Lemsalu (mixed media e perfomance), Jacopo Mandich (scultura), Marcondiro (musica), Monica Pennazzi (fiber art), VestandPage (video performance art).
Il tema dell’edizione 2021: l’Incubazione
Il titolo dell’intero progetto Endecameron è ispirato al Decameron di Giovanni Boccaccio e di interroga su che cosa accada l’undicesimo giorno, al termine dei dieci giorni in cui i narratori si sono rifugiati nella villa per sfuggire alla peste.
«Qui – hanno spiegato gli organizzatori – inizia l’Endecameron, un progetto di ricerca e artistico intorno al continua negoziato tra caos e cosmos. Per il 2021, il tema è Incubazione. L’incubatio è una pratica antichissima e diffusa: si dorme in un luogo considerato in qualche modo sacro e qui si attende che nel sonno e nel buio si manifestino sogni e segni sul futuro, visioni, soluzioni a problemi di vita, cure per una malattia. Ma l’incubazione è anche il momento in cui qualcosa di nuovo si produce di nascosto e nel silenzio, invisibile eppure vivo e destinato a manifestarsi: un’idea, un virus o malattia, una catastrofe o un cambiamento. Nell’Undicesimo Giorno del 2021 gli artisti lavorano sul post-pandemia e sull’incubazione di nuovi mondi possibili, ciascuno in totale libertà secondo i propri modi e linguaggi. Il Castello diventa ventre materno, luogo primario e metaforico di ogni incubazione. Qui gli artisti interagiscono con antropologi, psicoanalisti, architetti, comunicatori. Ogni artista sceglie la sua “stanza” tra i molti spazi singolari del Castello, il luogo specifico della sua incubazione».
Il Castello di Rocca Sinibalda: una storia legata all’arte
Il Castello di Rocca Sinibalda è un edificio quasi millenario, eretto 1062-66, ridisegnato nella configurazione attuale da Baldassarre Peruzzi (1532-1536), divenuto monumento nazionale dal 1928. Ha la peculiarità di essere un edificio zoomorfo unico in Europa, che ricorda un’aquila con ali ripiegate o uno scorpione). Oggi privato, il Castello ha ospitato artisti come Salvador DalÍ, Ezra Pound, Lilian Lijn, Takis, poeti della Beat Generation come Gregory Corso e Allen Ginzberg, il Living Theater, protagonisti del cinema indie come Gregory Markopoulos, scrittori come Martin Amis, mecenati come Peggy Guggenheim e Caresse Crosby.
Nel 2013 è stato riaperto dopo otto anni di restauro diretto dall’Arch. Claudio Silvestrin e nel 2014 è stato insignito dell’Athenaeum Prize (Chicago) per il Restauro. Al sup interno di trovano la Galleria ovidiana delle Metamorfosi, affreschi rinascimentali-manieristi, collezioni etnografiche importanti (soprattutto Totem e maschere rituali della Northwest Coast sub-alaskana), una collezione di oltre 500 maschere, opere e installazioni di arte contemporanea, un archivio di decine di migliaia di immagini di street art.
Intervista a Enrico Pozzi, co-ideatore insieme alla moglie Cristina Cenci del progetto di residenze artistiche Endecameron al Castello di Rocca Sinibalda (Rieti)
Come è nato il progetto Endecameron, iniziato nel 2018? Come si è modificato, se si è modificato, nel corso delle varie edizioni?
«Endecameron è nato dalla percezione di una crisi e di una angoscia diffusa che cercano di esprimersi per riconoscersi. Per i Dieci Giorni del Decameron, le narrazioni hanno tenuto la Peste fuori dalla villa dove vivono i dieci giovani narratori del Boccaccio. L’Undicesimo Giorno è il giorno dopo. Le storie non ci sono più. Il Male entra. Che succede nella Villa? Nascono nuove storie e forme in grado di bloccarlo? Come saranno? Cosa diranno? In che modo lo diranno? Cosa cambia se la Villa è un Castello millenario di grande bellezza e monumento nazionale?
Questa è stata il concept da una edizione all’altra. Nel 2018 abbiamo scelto come narrazione-guida la Maschera della Morte Rossa di E. A. Poe. Un Principe, per sfuggire alla Morte Rossa, si rinchiude in un Castello con i suoi cortigiani, ne sbarra ogni ingresso e qui gode della vita. Ma la sua è una difesa autistica. Dentro la corazza che dovrebbe difenderci pian piano andiamo morendo di vuoto. Ovvero scopriamo con orrore che la Morte Rossa era già dentro, tra noi, presente da sempre.
Nel 2019 il tema è diventato le Città invisibili di Calvino, le città immaginarie che un Marco Polo inventa per dare vita ai sensi e alla mente del Khan depresso che lo ospita nel suo Palazzo. L’anno scorso, in una edizione totalmente digitale causa Covid, il Male ha preso la forma della eliminazione dei corpi e Endecameron ha affrontato una variante piuttosto drammatica: come esprimersi in forme e storie se il corpo è sottratto.
Quest’anno un altro tema. L’Undicesimo Giorno è il giorno della incubatio, rito antichissimo e insieme contemporaneo. Si dormiva in terra in un luogo sacro. Un sogno mandato dal dio poteva dare risposta alla ragione che ci aveva spinti lì, indicandoci una guarigione, predicendo il nostro futuro, dicendoci una soluzione a un problema grave. Il Castello di Rocca Sinibalda come spazio ‘sacro’ per far emergere dal profondo sogni di risposte al proliferare degli incubi».
Endecameron è un progetto di residenza per artisti, un “progetto di ricerca e artistico intorno al continua negoziato tra caos e cosmos”, si legge nella descrizione. Durante la residenza, prosegue il testo, “gli artisti interagiscono con antropologi, psicoanalisti, architetti, comunicatori”. Come è strutturato, in pratica, il periodo di residenza?
«Endecameron non è una semplice residenza artistica. È un laboratorio di lavoro comune e di riflessione che dura otto giorni. Gli artisti vi svolgono un ruolo decisivo, come esploratori di nuove forme, interpreti e traduttori delle ombre del caos. Non sono soli. Si confrontano ogni giorno con gli antropologi, psicoanalisti, comunicatori ecc. che organizzano la residenza. L’interscambio è continuo. Gli artisti risiedono nel Castello o nei dintorni immediati, ma trascorrono tutto il giorno dentro le mura. Qui lavorano, dialogano, si confrontano, mangiano, vivono la loro vita quotidiana. A mezzogiorno e la sera, artisti e organizzatori si riuniscono. Stimoli visivi, musicali e letterari vengono proposti per facilitare la riflessione, la discussione e la creatività. Giorno dopo giorno gli artisti presentano il loro work in progress. Spesso nascono collaborazioni intorno ai progetti singoli. In una serata finale ad inviti gli artisti presentano il lavoro fatto durante la residenza».
Quali sono gli obiettivi e le potenzialità di questa impostazione che si possono rintracciare nelle varie edizioni?
«L’obiettivo è mettere insieme artisti e scienziati sociali per riflettere, capire, tradurre ed esprimere l’Undicesimo Giorno come zona incerta sospesa tra il caos e il cosmos. Finora le varie edizioni hanno risposto bene a questo obiettivo e hanno dimostrato l’efficacia del dispositivo che abbiamo inventato».
Con quali criteri vengono selezionati gli artisti?
«Usiamo un sistema misto di bandi e di chiamate dirette su tutte le modalità di espressione artistica, dalle più classiche alle più tecnologiche. Nelle proposte allegata alla domanda di partecipazione gli artisti devono dimostrare sia grandi qualità artistiche, sia la capacità di riflettere su quello che fanno. È fondamentale una sensibilità forte per ciò che accade nella realtà intorno, la crisi e le angosce che moltissimi stanno vivendo. Altrettanto importante è la fiducia nel ruolo potente della creazione artistica per dare risposte complesse a ciò che avviene nella terra di nessuno tra caos e cosmos. Non risposte didattiche o ideologiche, non visioni del mondo e programmi, ma traduzioni libere e sensibili, trasformative perché nate dalla creazione di forme».
Quali progetti avete per il futuro di Endecameron?
«Staremo ancora a lungo nell’Undicesimo Giorno. Avremo bisogno ancora a lungo di generare complesse conoscenze emotive intorno a ciò che viviamo e vivremo. Endecameron proseguirà e stiamo già pensando al tema per il 2022. Sempre nel Castello, il vero protagonista silenzioso della Residenza».