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Umberto Buscioni – Cieli Interni
SpazioA è lieta di presentare la mostra personale di Umberto Buscioni (Bonelle 1931-2019) negli spazi della galleria.
Comunicato stampa
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SpazioA è lieta di presentare, sabato 11 settembre, il lavoro di Umberto Buscioni (Pistoia 1931-2019), con una mostra che prende in esame l’ultimo e meno noto ventennio di attività del pittore, che a partire dagli anni Novanta fino alla morte recupera elementi e immaginari già presenti nella sua produzione precedente per approdare a una sintesi tra figura – che è oggetto, ritratto, autoritratto – e sfondo – più che paesaggio, piano dell’immagine. Queste misteriose apparizioni, che si direbbero sacre conversazioni domestiche, sembrano sospese in uno spazio compresso, pieghevole, stratificato ad infinitum.
In questi lavori ritornano inoltre alcuni oggetti che caratterizzano i quadri degli anni Sessanta,lavori presenti in mostra solo come richiamo e contrappunto: close up di motociclette, scarpe, abiti maschili, cravatte, segni del mondo moderno che l’artista però sembra sottrarre al ruolo di merce conferendovi un tono lirico e intimo. Così un abito diventa uno spazio, una cravatta e una gruccia sono linee di contorno che delimitano una superficie (una sorta di mise en abime della cornice, una figura del quadro); gli aquiloni sono quell’elemento ambiguo che è oggetto autonomo ma anche elemento del paesaggio; i dépliant moltiplicano il piano del quadro attraverso la rappresentazione.
In questi anni Buscioni è protagonista, assieme a Barni e Ruffi, della Scuola di Pistoia, termine con cui il critico Cesare Vivaldi identifica il lavoro di tre artisti toscani uniti da una riflessione sulla Pop Art che è però declinata in maniera personale e situata.
Sono composizioni che sembrano rilanciare i primi lavori realizzati durante il suo viaggio in Marocco in cui l’artista “oggettiva i termini del proprio discorso figurale, ma li costruisce appunto non più su una partecipazione fisica diretta, testimoniata sulla tela, quanto nell’istituzione sulla tela di una sorta di spettacolo-ricomposizione del rapporto con la natura, e più estesamente con la realtà del proprio mondo quotidiano” (Enrico Crispolti). Il soggiorno in Marocco è infatti un vero viaggio di formazione, in cui l’artista precisa un linguaggio e una ricerca propria, mettendo a fuoco soluzioni sulle quali torna puntualmente a riflettere nel corso della sua carriera.
Nelle grandi tele esposte in mostra sembrano infatti condensarsi e trovare sintesi lo spettro di intuizioni e soluzioni che hanno caratterizzato le diverse fasi della ricerca dell’artista: dall’immaginario definito negli anni Sessanta al ritorno della figura degli anni Ottanta, a cui Buscioni arriva attraverso la suggestione, mai in realtà abbandonata, del manierismo Toscano e in particolare delle invenzioni compositive di Pontormo.
Quell’elemento magico, che attraversa come un filo rosso tutta la produzione di Buscioni e torna nelle opere dell’ultima fase non viene (o non solamente) dal Surrealismo, ma da una riflessione sulla pittura Toscana del Cinquecento che, come diventa più evidente in questi lavori, inevitabilmente passa attraverso il Novecento.
Così in un interno definito da partizioni e quinte che sono tende, specchi, finestre o quadri e che moltiplicano le potenzialità narrative dello spazio del dipinto, rappresentazioni di stanze che aprendosi al paesaggio lo inglobano, appaiono figure – sedute o stanti – che si distribuiscono sulla superficie pittorica attivandola attraverso posture e gesti non sempre identificabili. Sono apparizioni che si collocano in una spazialità indefinita e vibratile, come riflessi o come ombre, che fanno da contrappunto a uno spazio fluttuante che a ben vedere è lo spazio della pittura.
In questi lavori ritornano inoltre alcuni oggetti che caratterizzano i quadri degli anni Sessanta,lavori presenti in mostra solo come richiamo e contrappunto: close up di motociclette, scarpe, abiti maschili, cravatte, segni del mondo moderno che l’artista però sembra sottrarre al ruolo di merce conferendovi un tono lirico e intimo. Così un abito diventa uno spazio, una cravatta e una gruccia sono linee di contorno che delimitano una superficie (una sorta di mise en abime della cornice, una figura del quadro); gli aquiloni sono quell’elemento ambiguo che è oggetto autonomo ma anche elemento del paesaggio; i dépliant moltiplicano il piano del quadro attraverso la rappresentazione.
In questi anni Buscioni è protagonista, assieme a Barni e Ruffi, della Scuola di Pistoia, termine con cui il critico Cesare Vivaldi identifica il lavoro di tre artisti toscani uniti da una riflessione sulla Pop Art che è però declinata in maniera personale e situata.
Sono composizioni che sembrano rilanciare i primi lavori realizzati durante il suo viaggio in Marocco in cui l’artista “oggettiva i termini del proprio discorso figurale, ma li costruisce appunto non più su una partecipazione fisica diretta, testimoniata sulla tela, quanto nell’istituzione sulla tela di una sorta di spettacolo-ricomposizione del rapporto con la natura, e più estesamente con la realtà del proprio mondo quotidiano” (Enrico Crispolti). Il soggiorno in Marocco è infatti un vero viaggio di formazione, in cui l’artista precisa un linguaggio e una ricerca propria, mettendo a fuoco soluzioni sulle quali torna puntualmente a riflettere nel corso della sua carriera.
Nelle grandi tele esposte in mostra sembrano infatti condensarsi e trovare sintesi lo spettro di intuizioni e soluzioni che hanno caratterizzato le diverse fasi della ricerca dell’artista: dall’immaginario definito negli anni Sessanta al ritorno della figura degli anni Ottanta, a cui Buscioni arriva attraverso la suggestione, mai in realtà abbandonata, del manierismo Toscano e in particolare delle invenzioni compositive di Pontormo.
Quell’elemento magico, che attraversa come un filo rosso tutta la produzione di Buscioni e torna nelle opere dell’ultima fase non viene (o non solamente) dal Surrealismo, ma da una riflessione sulla pittura Toscana del Cinquecento che, come diventa più evidente in questi lavori, inevitabilmente passa attraverso il Novecento.
Così in un interno definito da partizioni e quinte che sono tende, specchi, finestre o quadri e che moltiplicano le potenzialità narrative dello spazio del dipinto, rappresentazioni di stanze che aprendosi al paesaggio lo inglobano, appaiono figure – sedute o stanti – che si distribuiscono sulla superficie pittorica attivandola attraverso posture e gesti non sempre identificabili. Sono apparizioni che si collocano in una spazialità indefinita e vibratile, come riflessi o come ombre, che fanno da contrappunto a uno spazio fluttuante che a ben vedere è lo spazio della pittura.
11
settembre 2021
Umberto Buscioni – Cieli Interni
Dall'undici settembre al 30 ottobre 2021
arte contemporanea
Location
SPAZIOA GALLERY
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Orario di apertura
MAR - SAB 11 - 14 / 15 -19
Sito web
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