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Siamo quello che eravamo: intervista a Bruce Weber e Andrea Bettinetti
Cinema
Il programma dell’edizione della Festa del Cinema di Roma di questo autunno è un inno al ritrovarsi e a celebrare le radici di un passato glorioso nel quale fanno da padrone i docufilm; due in particolare colpiscono chi è in cerca di storie e protagonisti della fotografia e dell’arte, al festival: Marina Cicogna. La Vita e tutto il resto dello stesso autore di Cy Dear ovvero Andrea Bettinetti, e The Treasure Of His Youth: The Photographs Of Paolo Di Paolo, di Bruce Weber.
Parlando con Andrea Bettinetti, non posso non soffermarmi sulla sua comprovata attenzione nei confronti dell’arte; dal docufilm su Fabio Mauri, a quello su Piero Manzoni.
È Cy Dear dedicato a Cy Twombly che rimane particolarmente in mente. Quell’aura chimerica che ha caratterizzato la sua vita riemerge in questa raffinata narrazione realizzata dal regista, nel 2018. Contemporaneo di Robert Rauschenberg e Jasper Johns, Twombly è sempre stato uno delle figure più complesse della sua generazione (tra l’altro dal 30 Ottobre si può visitare da Gagosian la personale “Souvenirs of Time”) .
Bettinetti gli rende omaggio sapendo far fluire gli interventi dei maggiori esperti e studiosi dell’artista con i filmati dei viaggi nei posti chiave della sua esistenza: Roma, New York, la Carolina del nord, Lexington, e Gaeta.
Trasportato da una colonna sonora ispirante, scopriamo il processo creativo e lo spirito poetico di un uomo geniale; la cui vita prendeva forma tramite l’arte. I ricordi personali si fondono con le analisi sul suo vocabolario estetico, le visite alle retrospettive e le interviste ad alcuni dei maggiori protagonisti dell’arte che hanno avuto un rapporto significativo con l’artista, da Larry Gagosian, a Nicholas Serota, a Giosetta Fioroni, Anna Paparatti, Carlos Basualdo, fino ad arrivare al figlio Alessandro Twombly. Ma i Festival cinematografici sono ancora momenti di scambio, e ne approfitto per approfondire con Andrea Bettinetti il suo legame con le storie dei protagonisti dell’arte.
Quale è il tuo approccio nei confronti del documentario? Come elabori una narrazione di vite così complesse arrivando ad una sintesi che evolva verso un’inedita visione?
Direi che principalmente è la curiosità quella che guida tutte le mie scelte. Quando leggo o vedo qualcosa che mi intriga, cerco di saperne di più, mi informo, chiedo, ricerco. Può essere una tematica, un periodo storico, un luogo, una persona. È un percorso in continua evoluzione, che mi porta da un soggetto all’altro, fino a quando mi convinco che ci sia una storia da raccontare. Da raccontare in primo luogo a me stesso. Questa è la fase più complicata del processo perché è apparentemente casuale. Non ho una ricetta predefinita, inseguo sensazioni, emozioni pensieri. Mi fermo quando trovo qualcosa che mi tocca personalmente. Può essere un luogo, un’epoca, un fenomeno, una persona. La stessa cosa poi avviene nella preparazione del racconto, lascio che siano le informazioni che studio e gli incontri che faccio a indicarmi quale sia la strada migliore per far uscire la personalità di figure complesse e affascinanti. È sempre un percorso fatto di scelte, non è possibile racchiudere in maniera esaustiva qualcuno come Twombly o Manzoni in un’ora e mezza. Ma d’altro canto non è neanche pensabile realizzare un film di tre ore. Un film non è ne un libro ne un catalogo. Per questo spesso evito una narrazione cronologica. Mi piace che a guidarmi sia un percorso emotivo. Lo sforzo è riuscire a portare lo spettatore il più vicino possibile per fargli afferrare almeno un frammento della personalità di questi grandi artisti. Condividere con lui la passione che ti ha guidato come regista a volerli raccontare.
Come scegli i protagonisti delle tue storie?
Sono attratto dalle personalità che in qualche modo sono riuscite a lasciare un segno di rottura, che hanno tentato di vivere la vita seguendo le proprie scelte, ma anche da quelle che alle luci contrappongono spesso zone d’ombra. Persone spesso scomode e difficili, ma sempre affascinanti.
Inevitabile notare come l’arte moderna abbia un ruolo importante nelle tue scelte: Fabio Mauri, Piero Manzoni, Cy Twombly. Quale è il tuo legame con l’arte? Come nascono questi tre documentari?
Amo l’arte da quando sono nato, i miei genitori hanno sempre cercato di circondarsi di cose belle, oggetti, quadri, libri. Così frequentare musei, gallerie e mostre è una cosa che faccio da sempre ed è parte integrante della mia vita. Il primo documentario realizzato nel campo dell’arte è stato quello su Piero Manzoni nel 2013. E’ nato in seguito ad un evento fortuito quando un collega che insegna con me allo Ied di Milano, un giorno mi ha chiesto un consiglio su dove poter fare trasferire della pellicola sul digitale. Era uno spezzone relativo a uno dei Filmgiornali realizzati tra il 60 e il 61, con Piero Manzoni come protagonista. Sono andato a trovare Rosalia Pasqualino di Marineo, direttrice della Fondazione Piero Manzoni e le ho proposto di fare un documentario in occasione dei 50 anni dalla morte dell’artista. Ci siamo incontrati diverse volte, discusso insieme e alla fine ci siamo trovati. E così è nato Piero Manzoni Artista.
Fabio Mauri Ritratto a luce solida nasce sull’onda di Swinging Roma un documentario sulla scena artistica culturale di Roma degli anni 60 che ho realizzato sempre con la Good Day Films di Michele Bongiorno nel 2015.
E anche Cy Dear in un certo modo nasce da lì. Durante le riprese, grazie a Pepi Marchetti Franchi della Galleria Gagosian di Roma, ho conosciuto Nicola Del Roscio, presidente della Cy Twombly Foundation. E così nel 2019 insieme a Michele abbiamo deciso di proporgli di realizzare un documentario sul grande artista americano. Un’esperienza bellissima. Ho sempre amato le opere di Twombly.
Il passato glorioso esercita probabilmente un’affinità con la tua ricerca, credo ne sia parte anche il tuo ultimo lavoro su Marina Cicogna. Ce ne vuoi parlare?
Marina Cicogna è un altro personaggio di rottura, una donna super affascinante. Una delle primissime produttrici cinematografiche della storia del cinema. Vincitrice di un Oscar, una Palma d’oro, un Leone d’oro, David di Donatello… e chi più ne ha ne metta. I suoi film sono parte importante della storia del cinema italiano. Elegantissima e amatissima soprattutto all’estero, tenace, brillante, ironica, spesso temuta per il carattere non facile, una donna esigente e al tempo stesso stimolante. È stata una sfida complessa. Adesso che è finito posso dire di essermi divertito molto.
La ricchezza della fantasia. Bruce Weber a Roma
Stesso periodo d’oro per la società e la cultura Italiana; gli anni 50’e gli anni 60’ protagonisti dell’atteso documentario Paolo Di Paolo: Un Tesoro di Gioventù, di Bruce Weber.
The Treasure of His Youth ripercorre la vita del fotogiornalista autodidatta Paolo Di Paolo, nato a Larino, provincia di Campobasso, nel 1925, oggi quasi centenario. Il film parte dal Molise sua terra natale e attraversa la sua breve carriera che si è svolta in gran parte a Roma, dove, dal 1954 al 1968, ha collaborato a pubblicazioni culturali come Il Mondo e con rotocalchi come Tempo raccontando la storia di un paese in fermento nel quale la poesia ed il riscatto sociale animavano quel periodo.
Proprio per il Tempo Illustrato realizzò una serie di incontri eccezionali: Alberto Moravia che intervistava Claudia Cardinale, Luchino Visconti con Mina, il premio Nobel Salvatore Quasimodo con Anita Ekberg, appena uscita dalla fontana della Dolce Vita di Federico Fellini.
Gli scatti di Paolo Di Paolo raccontano il mondo dell’arte, della cultura, della moda, del cinema e della vita quotidiana, mostrando con intimità e realismo l’Italia che riemerge dalla distruzione e dalla povertà della seconda guerra mondiale. Con la sua Leica, il fotografo molisano ha conquistato i favori e le simpatie dell’élite culturale agli albori della dolce vita.
Ha vissuto la Roma del mito, la stessa che scelte Cy Twombly, fotografando e conoscendo le star del cinema, i principi della nobiltà nera, gli intellettuali e gli artisti, che animavano le vie del centro, nelle feste, nei set cinematografici, da Anna Magnani a Pier Paolo Pasolini, da Marcello Mastroianni a Sophia Loren. Ha realizzato anche tanti reportage, che sono una pietra miliare per capire quel periodo storico; sull’espansione della città ma anche sul Sud ancora arretrato come quello della sua infanzia.
La purezza del suo rapporto con la fotografia, é riemerso nuovamente pochi anni fa con la riscoperta del suo archivio da parte della figlia, che casualmente, lo ritrova in cantina, e da quel momento assume il ruolo di archivista.
Nel 2019, si è svolta la prima mostra della carriera di Paolo Di Paolo al Maxxi, intitolata Il Mondo Perduto, cui sono seguite nel 2021 altre due personali La lunga strada di sabbia e MILANO (fotografie 1956-1962).
Quella Italia che Paolo Di Paolo ha narrato in modo magistrale, è arrivata anche al giovane Bruce Weber che rimase folgorato dal bel paese e ne immagazzinò l’estetica e l’aura tramite i suoi scatti. La proiezione di Paolo Di Paolo: Un Tesoro di Gioventù diventa l’occasione per una conversazione intensa con l’iconico Bruce Weber, nella quale il documentario presentato alla festa del Cinema, l’amore per il cinema e come sia iniziata la sua carriera a New York, diventano una storia espansa raccolta nei video realizzati all’Hotel Eden, di Roma, che trovate in questa pagina.
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