26 novembre 2021

Racconti d’Afghanistan, nelle vivide fotografie di Mario Laporta

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Scattate durante l’Operazione Anaconda, nel 2002, le fotografie di Mario Laporta raccontano la storia tortuosa dell'Afghanistan recente attraverso i visi delle persone: la mostra a Saluzzo

Complessa, tortuosa, la storia dell’Afghanistan si legge però chiaramente negli sguardi delle persone, degli uomini e delle donne che quelle vicende le conoscono in una memoria atavica e le attraversano ogni giorno. Sono i volti ritratti da Mario Laporta ed esposti, a partire dal 25 novembre 2021 e fino al 23 gennaio 2022, negli spazi del Quartiere di piazza Montebello, a Saluzzo. Presentata in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne,la mostra è ideata e curata dall’Istituto Garuzzo per le Arti Visive ed è promossa dal Comune di Saluzzo, che sta portando avanti la sua candidatura, insieme alle Terre del Monviso, per il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2024.

Fotogiornalista testimone di alcuni tra gli avvenimenti cruciali che hanno segnato la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio, come la caduta del Muro di Berlino, Mario Laporta presenta in questa occasione una serie di scatti realizzati in Afghanistan nel 2002, anno decisivo per l’offensiva contro le forze talebane di Al-Qaida, guidata dalla coalizione formata dai gruppi afghani dell’Alleanza del Nord, con il supporto in prima linea dell’esercito USA e della NATO.

Dopo la caduta di Kabul, la presa di Qandahar e la decisiva battaglia di Tora Bora, nel corso del 2001, all’inizio del 2002 si diede il via all’operazione Anaconda, per consolidare la presenza della coalizione nel Paese. Nella immagini di Mario Laporta, questa storia, osservata da vicino, è raccontata dalle persone comuni, «Un racconto, scritto con le immagini, di un Paese che alla ricerca della pace perenne trova sul suo cammino solo guerre, conflitti e diseguaglianze», ha spiegato Rosalba Garuzzo, presidente dell’Istituto. «Dopo lungo tempo si tornavano a vedere i primi aquiloni, le prime donne senza burqa, i primi scambi di denaro, le prime bancarelle di libri. Per me sono foto che documentano una speranza per il futuro, ma che oggi, alla luce dei tragici avvenimenti di questi mesi, si rivelano un ricordo che forse, per molti anni ancora, non ritornerà più», ha raccontato il fotografo.

«La collaborazione con l’Istituto Garuzzo ci ha permesso di conoscere il fotografo e, guardando attraverso i suoi scatti, di discutere su democrazia e totalitarismi, sulla condizione della donna e sui rapporti tra Oriente e Occidente», ha aggiunto l’assessore alle Pari opportunità, Attilia Gullino. «Il suo sguardo testimonia la voglia dirompente delle popolazioni civili di vivere una normalità che in tempo di guerra è loro negata». «Queste foto vogliono essere un augurio affinché gli afghani possano realmente, e da soli, liberarsi di un regime che vorrebbe riportarli in un passato che la stessa quotidianità popolare aveva definitivamente sepolto», ha concluso Laporta.

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