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Faber
Gli artisti Benjamin Cohen, Will Cruickshank e Claire Lindner, accomunati da un’attitudine al fare, prendono direttamente parte ai processi tecnologici e manuali della produzione dell’opera, operando attraverso il calco e la matrice, la tessitura e il telaio, la ceramica e la pittura.
Comunicato stampa
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Homo Faber è il titolo di un romanzo di Max Frisch (1957) il cui protagonista, Walter Faber, emblema di ogni capacità pragmatica e razionale, della logica del fare e della civiltà tecnologica, è però del tutto impermeabile a tutto ciò che di istintivo, precario e caotico fa parte della condizione umana.
Anche gli artisti in mostra condividono un’attitudine al fare, al prender direttamente parte ai processi, anche tecnologici e non solo manuali, della produzione dell’opera. Eppure, a differenza dell’Homo Faber, sanno bene che le certezze della tecnologia e della ragione non sono mai tali così come sembrano. Il loro operare, attraverso il calco e la matrice per Cohen, la tessitura e il telaio per Cruickshank, la ceramica e la pittura per Lindner, lascia intravedere uno scenario ben più vasto del semplice fare, che ha a che fare con la realtà e la finzione (Cohen), con la sperimentazione e la conoscenza (Cruickshank), con la metamorfosi e la natura (Lindner).
Benjamin Cohen (Regno Unito, 1986), Will Cruickshank (Regno Unito, 1974) e Claire Lindner (Francia, 1982), trovano quindi una via d’uscita mostrando come pittura, scultura e installazione possano convivere facendo apparire quella soglia enigmatica tra l’essere umano e il suo fare, tra gli oggetti dell’uomo e il senso che essi assumono nel mondo.
Le installazioni di Benjamin Cohen sono una forma di scultura espansa e sperimentale in cui convivono nozioni estese di scultura, pittura e film e media, nonché un impegno continuo in una pratica di lavoro collaborativa che usa oggetti, film, fotografie, suoni e strutture, per esplorare le nozioni di architettura e di memoria. È quindi una pratica transitiva (lo spostamento sui materiali e sulle tecniche) e di transizione (dalla matrice all’originale, dal calco a nuove forme inedite). L’artista procede selezionando e scartando idee, materiali e processi che si sentono appropriati o utili nel momento presente, riscoprendo modalità di lavoro che sembravano esaurite, ri-potenziandole e ri-esaurendole nuovamente.
Will Cruickshank lavora con un’attitudine multidisciplinare che include scultura, tessitura, film, fotografia e stampa. Le opere in mostra sono oggetti nati da macchinari sperimentali messi a punto dall’artista stesso, che sceglie di conseguenza materiali (filati, legno, gesso e pigmenti) e metodi di produzione (filatura, tessitura, colorazione, scultura). Nel suo lavoro l’aspetto sperimentale e macchinistico, unisce l’improvvisazione al progetto, in un unico processo in cui la creatività è impiegata per mettere a punto tanto gli strumenti quanto gli oggetti che da essi originano. Riutilizzando spesso attrezzature come betoniere, biciclette o ruote da vasaio, ha ideato complesse macchine per tessere improvvisate, torni improvvisati, macchine da stampa e tecniche di intaglio ad acqua.
Anche le opere in ceramica di Claire Lindner si pongono sotto il segno di una processualità creativa
che nel suo lavoro riguarda un immaginario fantastico che si nutre di ispirazioni al mondo naturale e alle sue forme, al grottesco e al sublime, al familiare e al perturbante. Guardando le sue creazioni ceramiche si scorge la volontà di un artista che, come per gli altri due in mostra, desidera letteralmente tenere le mani in pasta, ma che a questa attitudine pratica unisce un approccio mentale e speculativo. Il pensiero unito al fare dà quindi origine a sculture policrome dalle forme organiche e metamorfiche, che destano da una parte simpatia e riconoscibilità, mentre allo stesso tempo inducono un senso di estraneità e di soffusa inquietudine, di spaesamento e di mistero.
Anche gli artisti in mostra condividono un’attitudine al fare, al prender direttamente parte ai processi, anche tecnologici e non solo manuali, della produzione dell’opera. Eppure, a differenza dell’Homo Faber, sanno bene che le certezze della tecnologia e della ragione non sono mai tali così come sembrano. Il loro operare, attraverso il calco e la matrice per Cohen, la tessitura e il telaio per Cruickshank, la ceramica e la pittura per Lindner, lascia intravedere uno scenario ben più vasto del semplice fare, che ha a che fare con la realtà e la finzione (Cohen), con la sperimentazione e la conoscenza (Cruickshank), con la metamorfosi e la natura (Lindner).
Benjamin Cohen (Regno Unito, 1986), Will Cruickshank (Regno Unito, 1974) e Claire Lindner (Francia, 1982), trovano quindi una via d’uscita mostrando come pittura, scultura e installazione possano convivere facendo apparire quella soglia enigmatica tra l’essere umano e il suo fare, tra gli oggetti dell’uomo e il senso che essi assumono nel mondo.
Le installazioni di Benjamin Cohen sono una forma di scultura espansa e sperimentale in cui convivono nozioni estese di scultura, pittura e film e media, nonché un impegno continuo in una pratica di lavoro collaborativa che usa oggetti, film, fotografie, suoni e strutture, per esplorare le nozioni di architettura e di memoria. È quindi una pratica transitiva (lo spostamento sui materiali e sulle tecniche) e di transizione (dalla matrice all’originale, dal calco a nuove forme inedite). L’artista procede selezionando e scartando idee, materiali e processi che si sentono appropriati o utili nel momento presente, riscoprendo modalità di lavoro che sembravano esaurite, ri-potenziandole e ri-esaurendole nuovamente.
Will Cruickshank lavora con un’attitudine multidisciplinare che include scultura, tessitura, film, fotografia e stampa. Le opere in mostra sono oggetti nati da macchinari sperimentali messi a punto dall’artista stesso, che sceglie di conseguenza materiali (filati, legno, gesso e pigmenti) e metodi di produzione (filatura, tessitura, colorazione, scultura). Nel suo lavoro l’aspetto sperimentale e macchinistico, unisce l’improvvisazione al progetto, in un unico processo in cui la creatività è impiegata per mettere a punto tanto gli strumenti quanto gli oggetti che da essi originano. Riutilizzando spesso attrezzature come betoniere, biciclette o ruote da vasaio, ha ideato complesse macchine per tessere improvvisate, torni improvvisati, macchine da stampa e tecniche di intaglio ad acqua.
Anche le opere in ceramica di Claire Lindner si pongono sotto il segno di una processualità creativa
che nel suo lavoro riguarda un immaginario fantastico che si nutre di ispirazioni al mondo naturale e alle sue forme, al grottesco e al sublime, al familiare e al perturbante. Guardando le sue creazioni ceramiche si scorge la volontà di un artista che, come per gli altri due in mostra, desidera letteralmente tenere le mani in pasta, ma che a questa attitudine pratica unisce un approccio mentale e speculativo. Il pensiero unito al fare dà quindi origine a sculture policrome dalle forme organiche e metamorfiche, che destano da una parte simpatia e riconoscibilità, mentre allo stesso tempo inducono un senso di estraneità e di soffusa inquietudine, di spaesamento e di mistero.
11
dicembre 2021
Faber
Dall'undici dicembre 2021 al 04 febbraio 2022
arte contemporanea
Location
MAAB GALLERY
Padova, Riviera San Benedetto, 15, (Padova)
Padova, Riviera San Benedetto, 15, (Padova)
Orario di apertura
Su appuntamento
Vernissage
11 Dicembre 2021, ore 14-20
Sito web
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