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Urban Art, dalla strada alla galleria: intervista a Harry Greb
Street Art
La nuova galleria romana Exclusive Urban Art ha da poco inaugurato la sua seconda mostra “In Your Face”, prima personale di Harry Greb. Irriverente e dissacrante, l’artista porta sui muri della Capitale personaggi iconici, con riferimenti al cinema e al mondo del calcio, dicendo la sua anche su tematiche sociali, come i diritti umani o il riscaldamento globale. Nel mese di gennaio 2020 appariva a poche centinaia di metri dalla Basilica di San Pietro Kill Pope, il Papa in versione Kill Bill, a sdrammatizzare l’episodio degli “schiaffetti” sulle mani della fedele. Qualche mese dopo, in occasione del Natale di Roma, un ritratto di Anna Magnani come simbolo di resistenza durante il periodo del lockdown. E poi L’Abbraccio, l’opera entrata nell’Ospedale Lazzaro Spallanzani, per ringraziare il personale sanitario, in prima linea nella pandemia.
Tra le opere in mostra alla Exclusive Urban Art, anche la Madonna Paladina, comparsa nella notte tra l’8 e il 9 dicembre su un muro nel centro di Roma. Una Madonna paladina dei diritti delle donne, in lotta contro le discriminazioni e la violenza. «L’opera non è solo un omaggio ma soprattutto un atto di solidarietà nei confronti delle donne, per la forza e il coraggio che quotidianamente dimostrano, in una società che ancora oggi purtroppo le discrimina. E allora simbolicamente chi può proteggerle meglio della madre di tutte le donne?»
L’Urban Art secondo Harry Greb
Harry Greb ci restituisce uno sguardo critico sul presente, con leggerezza, sarcasmo e ironia, combinando originalmente. Forte del suo background legato al design, l’artista romano negli ultimi due anni è diventato uno dei più conosciuti street artist in Italia. Le sue immagini arrivano in maniera diretta, a raccontare il nostro presente da un punto di vista che spesso condividiamo. Ciò che Harry Greb rappresenta è strettamente legato al tempo in cui viviamo, facilmente riconosciamo elementi e personaggi della cultura pop. Come il George Floyd di cui l’artista spiega: «Ho voluto raffigurare George Floyd come la rivista Esquire aveva ritratto negli anni ’60 Muhammad Alì, flagellato come San Sebastiano». Oppure come nel caso di Lo Specialone: un Josè Mourinho in sella a una vespa special con tanto di sciarpa e stemma della Roma.
Per la sua prima personale romana, Harry Greb ha portato 30 opere nello spazio della Exclusive Urban Art, tra i suoi lavori più importanti realizzati sui muri della Capitale. Così, “In Your Face” riunisce una serie di opere, eseguite a mano su tela, alluminio e legno. «Siamo felici e onorati di ospitare la prima mostra personale di Harry Greb, Street artist romano ormai riconosciuto internazionalmente, che con la sua ricerca estetica, il simbolismo e i suoi messaggi forti racconta i fatti di attualità puntando a sollevare riflessioni e critiche da parte del pubblico osservatore con cui instaura un rapporto immediato e diretto grazie alle sue opere», raccontano Federico Veneziani e Nicole Calò, fondatori proprietari della Exclusive Urban Art. Abbiamo raggiunto l’artista in via della Reginella, alle prese con l’allestimento prima dell’inaugurazione della sua mostre e ci ha raccontato qualcosa di più sulla sua arte in un’intervista.
Nelle tue opere spazi da tematiche sociali, fatti di cronaca e personaggi iconici, dal calcio alla politica, anche con sarcasmo, ironia e irriverenza. Qual è la spinta al di sotto della creazione delle tue opere, il filo conduttore della tua produzione artistica?
«Il filo conduttore potrebbe essere probabilmente la voglia di condividere alcune cose che accadono, che possono essere nel sociale oppure fatti di cronaca rilevanti. Diciamo che il filo conduttore per me è proporre un’idea, un messaggio e poi su questo scambiare delle idee che non vuol dire andare per forza d’accordo, anzi, può creare un dibattito. La mia è anche una provocazione, anche il titolo della mostra lo dice “In Your Face”».
La tua prima personale è qui a Exclusive Urban Art che si fa promotrice della divulgazione, anche commerciale, di opere che siamo abituati a vedere in strada. Cosa ne pensi dell’operazione di portare l’Urban Art in galleria?
«È un’operazione curiosa, un’operazione che mi andava di fare e grazie a Nicole e Federico sono riuscito a fare. Loro mi hanno fatto questa proposta e io ho accettato subito perché mi piaceva l’idea di dare al pubblico qualcosa che solitamente vedono solo di sfuggita o che magari durava pochissimo per strada. Quindi, l’idea di mettere il mio lavoro in galleria nasce anche per contrasto: ero curioso di vedere quest’aspetto».
Ci puoi raccontare qualcosa di “In your face”? Com’è nata l’idea di questa esposizione?
«Sì, appunto Federico e Nicole mi hanno proposto di fare una mostra qui da loro. Io all’inizio ero titubante, non per loro ma per l’idea di esporre in galleria. Infatti, in passato ho rifiutato altre proposte ma adesso mi è sembrato il momento giusto. Avevo un repertorio che volevo mostrare a un pubblico diverso, volevo creare questo diversivo rispetto all’opera in strada. Anche se le opere sono le stesse: io qui ho portato una trentina di opere che ho realizzato in strada, a parte qualche inedito».
A proposito della tela e della strada: come ti viene l’idea per un’opera? La realizzi su tela e poi passi alla strada o viceversa o entrambe le cose?
«In realtà mi viene in mente un’idea seguendo informazioni, fatti di cronaca, qualcosa che mi colpisce oppure mi indigna, quindi voglio dire la mia. Preparo l’idea in studio, a volte posso fare delle elaborazioni digitali, ci sono vari procedimenti. Poi, dipingo e vado ad attaccare l’opera in strada, dopo mi metto da una parte a gustarmi le reazioni della gente che passa».
Come ti aspetti che le persone percepiscano le tue immagini? Cosa vorresti suscitare in chi guarda le tue opere?
«Quello che accennavo prima, vorrei creare un dibattito, vorrei stimolare il pensiero, soprattutto vorrei che ci fermassimo davanti a determinati argomenti, quelli più seri. Ho fatto tante cose sui migranti, sui nativi, sulle donne: sono vari argomenti sociali che secondo me hanno una certa rilevanza. Questo, tramite quel canale di comunicazione che è la strada, che è il canale più immediato. A me la street art piace per questo, mettere le opere in strada ti dà subito l’idea di come viene percepita un’immagine. Poi, si tratta di un pubblico vario, non campionato, può passare chiunque e ognuno avrà una reazione diversa, immediata e spontanea, non omologata, come un botta e risposta».