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Dall’arte al mondo e viceversa: in memoria del direttore Peter Weiermair
Personaggi
Il 29 novembre si è spento a Innsbruck Peter Weiermair. Storico dell’arte, critico e curatore, Weiermair era ossessionato dell’arte in tutte le sue forme ed era un grande amante dell’arte italiana. Dopo essere stato a lungo direttore del Kunstverein di Francoforte e poi del Rupertinum di Salisburgo, è stato direttore della Galleria d’arte moderna di Bologna dal 2001 al 2005. Come direttore arrivato “da fuori” ha sempre voluto muoversi aldilà degli schieramenti e delle logiche nazionali, dando molto spazio ad artisti e fenomeni secondo lui sottovalutati. Gli stavano particolarmente a cuore il disegno e la fotografia, spesso anche in chiave erotica.
Peter Weiermair era un instancabile viaggiatore (“viaggiare è il mio elisir di vita”) e frequentatore degli studi di artisti conosciuti e meno conosciuti, di gallerie e musei in tutto il mondo. “Nessun giorno senza aver guardato almeno un’opera d’arte”, era il suo credo. A chi, negli ultimi anni della sua carriera, lo giudicava troppo conservatore, va ricordato che fu lui a introdurre, come direttore della galleria Taxis a Innsbruck, l’arte concettuale internazionale in Austria alla fine negli degli anni ’60. Ha sempre considerato suo maestro l’artista concettuale austriaco Heinz Gappmayr. «La mia università è stato Gappmayr», soleva dire. È vero che a un certo punto del suo percorso ha iniziato a non sopportare più quello che lui vedeva come i dettami dello “Zeitgeist”.
Dalla metà degli anni ’90 fino al 2006 ha contribuito allo sviluppo di Museion, il museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano, con la sua attività all’interno del consiglio scientifico e come membro della commissione provinciale per gli acquisti di opere d’arte. In quegli anni ci sono state varie occasione per cooperazioni fra Museion e i musei da lui diretti: vanno ricordate, tra le altre, la mostra di Gerhard Richter del 1996, curata con Pier Luigi Siena, “Strategies. Fotografia degli anni ’90 dalla Collezione della Fondazione Sandretto”, e quella di Raymond Pettibon del 2003, curata con il sottoscritto e presentata a Bolzano e Bologna.