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arteatro_focus on Andrea Cosentino
arteatro
Straordinario monologhista e autore. Senza dubbio una rivelazione del nuovo teatro italiano. Al Festival di Santarcangelo vedremo la sua ultima produzione, L'Asino albino. Andrea Cosentino si racconta ad Exibart. E spiega come fare del teatro una cosa seria, serissima. Anzi comica...
Al Rialto Sant’Ambrogio di Roma, luogo alternativo e di culto del nuovo teatro di ricerca, Andrea Cosentino si presenta con L’asino albino nei panni di vari personaggi tra il surreale e il troppo-reale: turisti in visita al carcere dell’Asinara oggi smantellato ed ex detenuti terroristi, in un monologo comico in cui la comicità è rivelatrice di verità profonde.
Il teatro torna ad essere, attraverso il riso, l’organo privilegiato che parla di ciò che, consapevomente o no, abbiamo sepolto nelle nostre coscienze. Un giornalista di “Repubblica” lo nota, scrive un pezzo che fa il giro del mondo teatrale e tutti ci ricordiamo di questo artista che aveva già interpretato magistralmente in un assolo, per la regia di Massimiliano Civica, le molte facce della tragedia Andromaca.
Nei suoi lavori come autore-attore Cosentino si è distinto per una comicità colta e graffiante che mescola la cultura popolare a quella dei media, dando prova di una tecnica affabulatoria diretta ed efficacissima. La sua è la storia di una giovanissima generazione impegnata nello studio delle tecniche corporee e mimiche (da Monica Pagneaux e Philippe Gaulier al Living theatre), ma anche nelle tematiche politiche e sociali più attuali. Da qui i laboratori nelle carceri e la discesa nell’inferno delle strutture di accoglienza dei degenti psichiatrici, un tempo manicomiali.
Nasce La tartaruga in bicicletta in discesa va veloce (1998, Finalista al premio Scenario) che racconta quattro storie di individui ospiti di una casa-famiglia soggetti a varie sindromi schizoidi.
Gli chiediamo dove sta il comico nel narrare di questi luoghi in cui è più evidente il tragico:
“Questo lavoro tenta di utilizzare gli strumenti della fabulazione comica per scandagliare un territorio che si rivela spesso impermeabile al discorso serio e monologico. La comicità come chiave per dare consistenza teatrale ad una materia informe. La narrazione come scelta di economia certo, ma anche e soprattutto come possibilità di libertà sintattica ed immaginativa consentita dal gioco del racconto rispetto alla pesantezza delle strutture della rappresentazione drammatica. In assoluta coerenza con il mondo delle psicosi, dove una immagine mentale ha la stessa dignità fenomenica di un evento reale. Mai quanto in occasione di questo spettacolo mi pare di poter arrivare vicino a quello che viene troppo citato per non rischiare di diventare un luogo comune: il comico come altra faccia del tragico”.
Lo studio del comico lo ha portato a lavorare sui tempi delle battute, sulla gestualità, sull’effetto spiazzante del cambio di registro, sulla mimica facciale, non soltanto sulla gag immediata. Una comicità che Cosentino ha proposto con successo anche in televisione (Ciro presenta Visitor’s) dove con delle Barbie in mano faceva delle puntate di Beautiful mimando con mezzi di fortuna, la povertà di linguaggio della soap opera.
Ma l’elettrodomestico trasformato in teatro catodico, gli andava un po’ troppo stretto, perché il teatro che lui si immagina è quello che crea disaccordo tra chi lo ascolta, non audience:
“Invento il mio stare sulla scena per fare un teatro non classificabile e dunque non settorializzabile. Che non sarà prosa, non ricerca e neanche cabaret. Lo scotto da pagare è rimanere fuori dei circuiti riconosciuti e variamente sponsorizzati. La sfida, è quella di una marginalità che non si lasci emarginare, ma si nutra della sua capacità di emergere al di fuori di ogni contesto prefabbricato. L’obiettivo, un teatro vivo, non elitario e non autoreferenziale”.
bio
Andrea Cosentino nasce a Chieti nel 1967; laureato in Storia del Teatro segue una formazione attoriale di matrice lecquoquiana a Parigi e laboratori con Dario Fo, Marisa Fabbri, Danio Manfredini, il Living theatre; ha collaborato con il Drammateatro di Pescara, il Lanciavicchio di Avezzano e Ruotalibera di Roma. Ha vinto il Premio IDI “Mario Apollonio” 1995 per il suo studio La scena dell’osceno (su Roberto Benigni). E’ promotore del PROGETTO MARA’SAMORT, che opera per un’ipotesi di teatro del-con-sul margine, attraverso una ricerca tematica, linguistica e performativa sulle forme espressive subalterne. Con l’associazione “Teatri di Yorick” si occupa dei teatri della diversità. Ha partecipato alla manifestazione Autori per Roma.
Tra gli spettacoli “solo”: Amleten Verboten, 1991; Carnosciate 1993; Mara’Samort, 1995; Antò le Momò, 2000; L’asino albino, 2003; per la compagnia di M.Civica: Andromaca 2001; Il grand Guignol (anteprima: Festival Armunia, Castiglioncello, luglio 2004);
link correlati
Ritratto dell’artista da (non)narratore
L’asinoalbino
Esortazioni
Massimiliano Civica si racconta
Rialtosantambrogio
Santarcangelo Festival
Armunia
anna maria monteverdi
[exibart]