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Commissionato nel 1929 per la copertina della rivista di moda Die Dame, il quadro è forse l’opera più famosa della pittrice polacca. L’idea del piccolo olio su tavola nacque dall’incontro tra l’artista e la direttrice della rivista di moda femminile, la quale, avendo visto la De Lempicka alla guida della sua macchina, le chiese di dipingere un autoritratto per la copertina. Il risultato fu la personificazione di una donna moderna, indipendente, annoiata, con lo sguardo fermo e altero; sul capo un caschetto da automobilista, guanti di daino e una svolazzante sciarpa in tinta con il copricapo.
Sebbene sia un autoritratto, la donna rappresentata non assomiglia fedelmente nei tratti alla pittrice polacca, ma il suo sguardo altezzoso è diventato il simbolo di un’epoca: gli anni a cavallo tra il 1920 e il 1930 in cui la donna emancipata si afferma in tutta la sua femminilità.
Nell’inconfondibile stile della Lempicka la figura si impone per la sua prepotenza visiva, predomina (come del resto nei suoi famosi nudi) al punto che le proporzioni vengono stravolte, la gamma cromatica è limitata a due o tre colori: (il grigio predomina con il caschetto, la sciarpa e la cornice in legno argentato scolpita da Jean Jallot), le ombre sono decise tanto che dividono quasi a metà il volto. Come sempre gli occhi sono grandi, le sopracciglia sottili e perfettamente delineate, le labbra carnose e rosso fuoco. Tecnicamente l’autoritratto è il risultato degli insegnamenti nei suoi viaggi in Italia: lo scorcio dal basso all’alto è, infatti, tipico di Veronese, le torsione del corpo è segno caratteristico del Pontormo e l’allungamento anatomici del Parmigianino.
La fermezza del segno, e l’uso dei colori brillanti, solidi, caldi derivano dal simbolista Maurice Denis, la cui scuola la Lempicka frequentò a Parigi e dal quale imparò anche un’altra lezione importante: un’opera pittorica deve avere uno impatto decorativo ed ornamentale più che una resa naturalistica dell’oggetto ritratto (quello che Denis chiama Stile). Proprio questo insegnamento, portò la Lempicka ad essere la ritrattista più ricercata dalla ricca borghesia e dell’aristocrazia europea che volle proprio lei per farsi ritrarre in atteggiamenti sensuali ed estremamente plastici. Anche la sua vita, del resto, fu l’incarnarsi di ciò che rappresenta nei suoi quadri: una vita passata alla ricerca dell’agiatezza, vissuta con teatralità, eccentrismo, sfacciataggine, in totale adesione con l’idea di femme fatale che andava per la maggiore in quegli anni. Famosa è la vicenda-pettegolezzo che la vede protagonista di una fuga nottetempo dal Vittoriale: ospite di D’Annunzio, forse più attirato dall’affascinante donna che dall’artista, le fece una corte così serrata da costringerla a scappare di nascosto dalla famosa villa sul lago di Garda.
La Lempicka visse appieno le mode e le tendenze della sua epoca: la donna fatale che avvolge in una nuvola di profumo e sconvolge la vita all’uomo prende forma nei suoi quadri così come nelle pellicole cinematografiche, le automobili diventano oggetto dell’estetica avanguardista dei futuristi di Marinetti, e proprio alla guida dell’automobile le donne dimostrano la loro emancipazione, ed infine le tematiche del lesbismo che di grande attualità nella letteratura e nei film danno alla pittrice polacca lo spunto per ritrarre nel 1933 una tra le più famose lesbiche parigine proprietaria di un cabaret ( Ritratto di Suzy Solidor).
biografia. Tamara Gorska, in arte De Lempicka dal cognome del marito Lempicki, nacque a Varsavia nel 1898, nel 1914 conosce a San Pietroburgo il giovane laureato in legge e proprietario terriero Tadeuz Lempicki, nel 1916 si sposano e nel 1918 si trasferiscono a Parigi come rifugiati. Nel 1920 inizia a frequentare L’Académie de la Grande Chaumiére, gli studi di Denis e Lothe e compie un viaggio in Italia. Nel 1923 dopo l’esposizione al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne inizia a frequentare la mondanità parigina. Nel 1925 a Milano conosce il conte di Castelbarco, proprietario della Bottega di poesia, che le organizza una mostra, conosce Gabriele D’annunzio. Nel 1926 vince il primo premio all’Exposition Internationale dex Beaux-Arts di Bordeaux e inizia la collaborazione con la rivista tedesca Die-Dame. Nel 1928 il marito la lascia e lei, che aveva iniziato il suo ritratto, lascia incompiuta la mano della fede nuziale. Nel 1929 parte per gli Stati Uniti, ed espone a Pittsburgh. Nel 1931 espone nella sua prima personale. Nel 1933 sposa il barone Kuffner, nel 1939 si trasferiscono negli Stati Uniti, lei già depressa inizia ad avere i primi sintomi di arteriosclerosi. Nel 1962 muore il marito, dopo un periodo a Parigi si trasferisce definitivamente a Cuernavaca in Messico dove muore nel 1980.
bibliografia essenziale
Gioia Mori, Tamara de Lempicka, Firenze, Edizioni Giunti, 1999
Lea Vergine, L’altra metà dell’avanguardia, Milano, 1980
Tamara de Lempicka
Autoritratto, 1932
olio su tavola, Collezione privata.
claudia pernumian
progetto editoriale a cura di daniela bruni
[exibart]
complimenti per aver pubblicato un bellissimo articolo per una opera/artista decisamente importante..nella bibliografia avrei aggiunto il testo a cura di calvesi-borghese “tamara de lempicka, tra eleganza e trasgressione”, leonardo arte..
con stima
roberto matarazzo