-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Addio a Carmen Herrera, rigorosamente fedele alla linea dell’Arte Astratta
Personaggi
di redazione
Pioniera dell’Arte Astratta, risoluta esteta della linea geometrica rigorosa, Carmen Herrera è morta il 12 febbraio 2022, a 106 anni, nella sua casa studio di New York, dove aveva vissuto e lavorato dal 1967 e per gran parte del tempo con suo marito, Jesse Loewenthal, attore e insegnate di inglese scomparso nel 2000, che aveva conosciuto nel 1937, a Cuba, Paese d’origine dell’artista. Considerata oggi tra le maggiori interpreti della corrente Minimale e Astratta, Herrera vide riconoscere ufficialmente il suo lunghissimo lavoro solo in tarda età, quando nel 2004, a 89 anni, le fu dedicata una mostra alla Tribeca Latin Collector Gallery. A seguito di questa esposizione, le sue opere iniziarono a circolare sul mercato ma curiosità e passione furono suscitate anche dalla sua vicenda biografica.
Una vita strenuamente ai margini: la linea di Carmen Herrera
Nata il 31 maggio 1915, a L’Avana, i suoi genitori erano Antonio Herrera y López de la Torre, che morì quando Carmen aveva appena due anni, e Carmela Nieto de Herrera, che facevano parte della cerchia intellettuale dell’Avana. Antonio aveva servito come capitano nell’esercito cubano durante la guerra per l’indipendenza dalla Spagna e, in seguito, divenne direttore esecutivo del primo giornale cubano post-indipendenza, El Mundo, fondato nel 1901. Carmela fu una giornalista e autrice rispettata, filantropa e femminista.
Carmen apprese i rudimenti del disegno in tenera età, dal maestro privato Federico Edelmann y Pinto, spesso ricordato dalla stessa artista come una figura decisiva per la sua formazione. A 14 anni frequentò la Marymount School di Parigi, continuando gli studi all’Universidad de la Habana, in architettura. Qui però rimase solo un anno, a causa delle turbolenze politiche e sociali del periodo, che scuotevano le strade. Anche questa esperienza ebbe un notevole influsso sulla sua arte: «Mi si è aperto un mondo straordinario che non si è mai chiuso: il mondo delle linee rette, che mi ha interessato fino ad oggi», raccontava Herrera nel catalogo della mostra del 2016, al Whitney Museum.
Nel 1939, Herrera sposò l’insegnante di inglese Jesse Loewenthal, che aveva incontrato nel 1937. Si trasferirono quindi a New York, dove vissero in un appartamento nella East Nineteenth Street. Dal 1943 al 1947 studiò all’Art Students League di New York, con una borsa di studio. Qui ebbe come insegnante di pittura Jon Corbino, all’epoca un apprezzato pittore di origini italiane. Iniziò quindi a prendere lezioni di incisione al Brooklyn Museum ma nel 1948 Herrera e Loewenthal si trasferirono a Parigi, dove rimasero per quasi cinque anni. Nella capitale francese ebbero modo di conoscere e frequentare vari artisti internazionali e intellettuali come Theo van Doesburg, Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre.
In questi anni Herrera doveva perfezionare il suo stile, successivamente paragonato a quello di Ellsworth Kelly, che in quegli anni lavorava anche a Parigi e che sarebbe stato considerato uno dei maestri dell’Hard Edge Painting e del Minimalismo. Nel 1950 Herrera ritornò a Cuba, dove realizzò una serie di dipinti astratti dalla forte gestualità, riflettendo gli sviluppi contemporanei nell’astrazione. Dopo il suo ritorno a Parigi, le difficoltà finanziarie costrinsero la coppia a tornare a New York, nel 1953. In questo periodo, si avvicinò anche ad altri astrattisti del dopoguerra, tra cui Leon Polk Smith, Mark Rothko e Barnett Newman ma il riconoscimento doveva ancora tardare ad arrivare.
Herrera continuò infatti a subire il rifiuto del mondo dell’arte, in gran parte a causa del suo genere. «Il fatto che tu fossi una donna era contro di te», diceva Herrera, riferendosi a quel periodo e raccontando come una parte di ostracismo le venisse anche da altre donne, come nel caso della gallerista Rose Fried, che non incluse una sua opera in una mostra.
Il successo tardivo
Nonostante gli smacchi, Herrera continuò a seguire la sua linea, fino alla sua scoperta in tarda età, a partire dai primi anni 2000. La prima grande personale a New York doveva essere inaugurata più di 50 anni dopo il suo trasferimento in città. Una retrospettiva aprì nel 2009 presso la IKON Gallery, a Birmingham, in Inghilterra, mentre nel 2016 espose anche al Whitney Museum of Art e alla Lisson Gallery, nel 2019 la consacrazione definitiva con una mostra al MoMA di New York, seguita nel 2020 da una mostra al Museum of Fine Arts di Houston.
Visualizza questo post su Instagram
Un post condiviso da Carmen Herrera Documentary (@the100yearsshow)
A partire dal 2014, Alison Klayman, regista dell’acclamato “Ai Weiwei: Never Sorry”, ha iniziato a lavorare a un documentario su Herrera. Intitolato “The 100 Years Show”, il film è stato presentato in anteprima nel 2015 all’Hot Docs Film Festival di Toronto e nel 2016 è stato rilasciato su Netflix.