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Dopo le mostre dell’attivista curda Zehra Dogan e del dissidente cinese Badiucao, Fondazione Brescia Musei prosegue il suo ciclo espositivo dedicato al rapporto non sempre pacifico o scontato tra arte, politica, diritti umani e libertà civili e, questa volta, apre le sue porte a un artista russo. Che era stato individuato già prima dello scoppio della crisi in Ucraina ma che, come spiegato dal direttore dell’istituzione bresciana, Stefano Karadjov, non sarà ancora annunciato, «Per una questione di sicurezza», visto che l’artista «Al momento si trova in Russia». E poi ci sono anche i problemi logistici a complicare le cose, visto che, allo stato attuale, ogni comunicazione con la Russia è diventata difficoltosa. Ma a prescindere dalla situazione, la Fondazione è chiara negli intenti e rimarrà «Aperta agli artisti russi, costruendo un ponte, soprattutto con quelli dissidenti, per dar loro modo di avere una voce da noi». Anzi, è proprio in un contesto storico del genere che l’arte e la cultura devono impegnarsi «Per dare un segnale di vicinanza e di sostegno, quantomeno morale, nella convinzione del valore della diplomazia culturale attraverso le opere», ha dichiarato Karadjov a Brescia Oggi.
Direttore di Fondazione Brescia Musei dal 2019, Karadjov è originario della Bulgaria e negli ultimi anni, tenendo sempre presente il patrimonio archeologico della città lombarda, ha dato una decisa spinta all’arte contemporanea, come nel caso del progetto “Palocoscenici archeologici” a cura di Francesco Vezzoli e dell’installazione di Emilio Isgrò alla fermata della metropolitana. La mostra di Zehra Dogan, aperta nel novembre 2019, presentava 60 opere, di cui 56 provenienti dalle carceri turche, dove l’artista e giornalista è stata rinchiusa a seguito della legge marziale dopo il fallito golpe in Turchia del 2016. Ha chiuso invece a febbraio 2022 la controversa personale dell’artista dissidente cinese, residente in Australia, Badiucao.
«Dobbiamo cercare gli artisti che stanno soffrendo sotto le dittature. Siamo pronti ad ospitarli. Ora come ora è impossibile lavorare con gli artisti russi, vittime del regime; nostro compito sarà fornire una piattaforma per il dialogo. L’arte è una forma di diplomazia. Noi abbiamo aperto uno scambio di prestiti d’arte fra la nostra Pinacoteca e San Pietroburgo. La cultura può risolvere le differenze: adesso bisogna incentivare, non scoraggiare la lettura dei classici russi», ha specificato Karadjov, riferendosi alla recente polemica che ha investito l’Università Bicocca di Milano e in maniera ancor più significativa contando che, nel 2023, proprio Brescia, insieme a Bergamo, sarà la Capitale Italiana della Cultura.