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L’intervento di Baumgaertel può essere definito una piccola lezione introduttiva sulla net.art. Il giornalista tedesco espone intuizioni teoriche e linee interpretative chiare e assolutamente condivisibili. Definire esattamente cos’è la net.art non è facile e forse neanche indispensabile, è invece necessario delimitare il campo spiegando cosa “non è”. La confusione sul termine è imperante e sempre più spesso si tende a riunire prodotti totalmente diversi e non assimilabili tra loro sotto la generica formula: “arte in rete” (siti museali, riviste d’arte, gallerie virtuali, siti di autopresentazione, webprojects e quant’altro).
Si può in realtà parlare di net.art solo quando si ha a che fare con un’opera (o un’operazione) ideata esclusivamente per la Rete, che nasce, vive e si nutre del Web e delle sue possibilità. La differenza da sottolineare quindi è quella tra arte e informazione sull’arte, la stessa che c’è tra una mostra e il catalogo che la presenta. Stabilito il punto di partenza quello che resta è meno facile da definire, ma l’intrepido Tilman fissa alcune linee guida interessanti che riassumono gran parte del dibattito sviluppatosi sull’argomento in questi anni.
Il discorso parte ancora una volta dalla vexata questio dell’autoreferenzialità dell’operare artistico, nientemeno che “l’art pour l’art”. L’accusa rivolta più di frequente alla net.art è proprio quella di essere un’arte formalista, concentrata sul suo medium: il linguaggio della rete. A questa affermazione Baumgaertel risponde: ” In un certo senso la net.art è autoreferenziale e formalista perché è un’arte che esplora la specificità del mezzo utilizzato, ma in questo riprende una lunga tradizione modernista che può riscontrarsi perfino nell’impressionismo che indagava senza sosta sulle potenzialità della pittura ad olio…” e porta a sostegno della sua tesi una serie di citazioni illustri di artisti impressionisti e postimpressionisti.
C’è però il rovescio della medaglia: guardando la cosa da un altro punto di vista bisogna considerare che i progetti artistici in rete hanno spesso profonde implicazioni politico-sociali (battaglia per la libertà dell’informazione, per i diritti civili, hacking), quindi forse definirla “arte per l’arte” non rende giustizia alla complessità del fenomeno.
La relazione tra arte e hacking (e in particolare la net.art vista come “hackeraggio buono”) viene affrontata da Baumgaertel con molta chiarezza, riprendendo concetti già espressi in un’intervista a Flash Art lo scorso febbraio:
“E poi ci sono le relazioni pericolose tra arte e hackeraggio: sia i terroristi della rete che gli artisti (se sono bravi) usano e abusano della tecnologia in modo creativo. Molti dei migliori progetti artistici in Rete tendono ad essere buoni esempi di hackeraggio perché utilizzano la tecnologia in modo inedito. Pensa ai primi lavori di Nam June Paik, alla browser art di Jodi, Superbad o Mark Napier, gli art browser come “Webstalker” di I/O/D, alla ricontestualizzazione dello spazio IP di Lisa Jevbratt o al dirottamento della mostra “Extensions” di Cornelia Sollfrank.”
Conclude osservando che quello che più lo ha spinto ad interessarsi di net.art e di net culture è proprio la capacità che queste attività hanno di evitare la settorializzazione. La riprova sta nel fatto che alcuni suoi articoli sono stati pubblicati nientemeno che sul giornale dell’associazione ingegneri tedeschi e non relegati in riviste specialistiche di arte.
Valentina Tanni
Links:
Sito personale di Tilman Baumgaertel
Sito della rivista Telepolis
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