08 giugno 2022

Europa, Africa: gallerie, artisti, mostre

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Da Arco Lisboa a Palazzo Pitti, ecco quali sono le voci più interessanti dell'Africa contemporanea: artisti, gallerie e progetti, dal Mozambico alla Francia

Malala Andrialavidrazana, Figures, 1838, Atlas Elémentaire, 2016

La vitalità della scena artistica africana riverbera e si dirama in diversi spazi espositivi di Lisbona. La mostra “Europa, Oxalá” ospitata al Centro de Arte Moderna Gulbenkian di Lisbona, presenta circa 60 opere di 21 artisti che hanno legami familiari o che sono nati nelle ex colonie africane. Nati e cresciuti in un contesto postcoloniale, con disegni, dipinti, sculture, film e installazioni, indagano temi riguardanti la memoria, l’identità e i dialoghi interculturali. Dai loro antenati nati e vissuti in Angola, Congo, Benin, Guinea, Algeria e Madagascar hanno ereditato ricordi, voci, suoni e gesti, immagini e memorie delle loro culture di origine, scelti come punti di partenza per un lavoro di indagine e scavo su archivi familiari e istituzionali.
Tra gli artisti della ‘post-memoria’, come sono stati definiti dai curatori António Pinto Ribeiro, Katia Kameli e Aimé Mpane, vi è Malala Andrialavidrazana, nata e cresciuta in Madagascar prima di trasferirsi a Parigi all’età di dodici anni. Andrialavidrazana realizza dipinti e photocollage che indagano migrazioni territoriali e culturali, oltre alle influenze della cultura africana nella scena internazionale. Ridisegna la mappa dell’Africa per tracciare le morfologie di una singolarità plurale, rivelandone le potenzialità e le contraddizioni.
Anche Nú Barreto vive e lavora a Parigi da diversi decenni, ma è nato e cresciuto in Guinea-Bissau. Il disegno è sempre stato il suo mezzo espressivo preferito fin dall’infanzia. I bambini venivano dai paesi vicini per vedere i suoi disegni, ed era l’orgoglio dei suoi genitori. Le sue opere su carta conservano la vivacità fantasiosa di quel tempo, oltre a ritrarre con forte segno espressionista le iniquità e le ingiustizie presenti nella società africana.
Sammy Baloji vive e lavora tra Lubumbashi e Bruxelles. Da diversi decenni si occupa di colonialismo europeo, in particolar modo delle relazioni della Repubblica Democratica del Congo con la storia globale, per mettere in evidenza la rete di relazioni e di scambi culturali e commerciali avvenute nel corso dei secoli. Indaga in particolar modo i rapporti con l’Europa, la cui complessa e stratificata eredità storico-culturale viene troppo spesso interpreta in modo sommario. Testimonianza di questa sua ricerca è la sua personale “K(C)ongo, Fragments of Interlaced Dialogues. Subversive Classifications”, ospitata nell’Andito degli Angiolini di Palazzo Pitti a Firenze.
“Europa Oxalá”, visitabile fino al 22 agosto, testimonia la moltitudine di voci e culture della scena europea contemporanea. Suggerisce nuove letture e interpretazioni della nozione stessa di Europa per decostruire questioni come il razzismo, la decolonizzazione delle arti, la condizione della donna nella società contemporanea e la messa in discussione del pensiero coloniale.

Nù Barreto, A Esperar, 2019

Stesso interesse per la scena africana era evidente a ARCOlisboa, che ha presentato Africa em Foco, sezione composta da una decina di gallerie, attive in Sud Africa, Angola, Mozambico, Uganda e da alcune gallerie europee che presentano artisti africani. Una sezione a cui tiene particolarmente il team della fiera, come ha dichiarato la direttrice Maribel López il giorno dell’inaugurazione.
La galleria francese 31Project Forte, da diversi anni attenta alla scena africana, ha presentato Epheas Maposa, giovane artista dello Zimbabwe. Autodidatta, Maposa ha iniziato la sua carriera disegnando per le strade di Harare, la capitale del paese, dove vive, e si è formato al Village Unhu, collettivo di artisti che organizza mostre, workshop e programmi di residenza per giovani artisti. Maposa attinge alle tradizioni pittoriche europee e africane per indagare l’omologazione di stili di vita, come conseguenza dalla globalizzazione. Dipinge corpi e mondi meticolosamente dettagliati, che sono allo stesso tempo surreali e familiari.

Georgina Gratrix, World of Birds, 2022

Anche Georgina Maxim è stata tra le fondatrici di Village Unhu e da diversi anni lavora con la galleria francese 31Project. Realizza installazioni utilizzando tessuti e abiti usati che taglia, cuce e ricama. Attraverso tale pratica di decostruzione, crea pezzi unici che descrive come un atto di resistenza e memoria, per evocare le storie e le esperienze degli individui a cui quegli abiti appartenevano. Maxim era tra gli artisti selezionati per il padiglione dello Zimbabwe per la 58a Biennale di Venezia.
Ha catturato l’attenzione del pubblico la Smac Gallery, che ha sede a Cape Town, Johannesburb e Stellenbosch, con Mix & Match Diptychs, progetto personale di Georgina Gratrix. Un’installazione di piccoli quadri, raggruppati a due a due in cui è ritratto una specie animale che vive nel continente africano, accanto a un testo o una breve frase che ne esalta caratteristiche e qualità. Le ironiche coppie di dipinti possono essere mescolate e abbinate a scelta dell’acquirente.

Thandi Pinto, Vila assombrada, 2022

I photo collage di Thandi Pinto, presentati dalla galleria Arte de Gema di Maputo, riguardano le storie e le memorie della diaspora con immagini frammentate e scomposte. Pinto è nata in Mozambico nel 1990 e dopo la laureata in Linguistica presso la Facoltà di Lettere e Scienze Sociali dell’Università Eduardo Mondlane di Maputo, ha voluto tradurre e e rappresentare con i suoi collage, i concatenamenti materiali, biologici e sociali che definiscono l’immaginario contemporaneo.

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