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Dopo Clapis e Jago, l’arte sacra torna a vestire la tecnologia
Arte contemporanea
di redazione
Che gli artisti contemporanei trovino, frequentemente, occasione per contaminare i grandi classici dell’arte sacra con segni appartenenti al mondo della tecnologia e del digitale non è certo una novità. Lo ha fatto Federico Clapis, giovane visual-artist milanese, con la sua opera “Searching for God”, dove nella celebre natività il nascituro è sottratto alla scena e al suo posto vengono indossati visori VR dalla Madonna e da Giuseppe. Non si è sottratto all’opportunità anche lo straordinario scultore anagnino Jago, la cui Pietà è andata oltre il tradizionale fatto evangelico, proponendone una rielaborazione in chiave personale, con l’intento di esprimere un momento di raccoglimento e di dolore in cui l’umanità si è identificata per secoli. Oggi, invece, a mettere idealmente le mani sul capolavoro conservato nella basilica di San Pietro in Vaticano è l’artista visuale romano Giulio Marchetti; la sua è una Madonna che piange un Cristo fisicamente assente ma che idealmente si fa presente solo agli occhi della madre “protesizzati” da un visore VR di ultima generazione.
Una drammatica analisi su quanto l’assenza possa pesare nella vita di chi deve elaborare un lutto e di come gli strumenti tecnologici possano compensare questa mancanza rendendo virtualmente presenti le persone care, in una misura che possa essere quantomeno consolatoria. Un tema di stretta attualità, che Marchetti ha già avuto modo di affrontare nel corso della sua ricerca, per esempio con l’opera QR Love, incentrata sull’incomunicabilità dei sentimenti, nell’epoca delle relazioni digitali. Con queste parole l’artista romano commenta la pubblicazione dell’opera visuale:
Titolo: La Pietà
L’assenza può farsi sentire e vedere.
Il vuoto può farsi presenza.
Eppure la società contemporanea non ascolta il silenzio, la noia, la solitudine e riempie ogni crepa nascente con malta digitale.
Una realtà virtuale.
Tecnologica.
Futuristica.
E, drammaticamente, attuale.