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Ciò che rimane tra memoria e retina: Caimmi e Ceyssens a Bologna
Arte contemporanea
Avvalendosi dell’orizzonte di senso che filtra dal titolo della bipersonale site-specific di Giovanna Caimmi e Patrick Ceyssens — membri di FRAME RESEARCH GROUP facente capo alla PXL-MAD University di Hasselt, gruppo di ricerca che si pone a sostegno di progetti, come il presente, situati all’intersezione tra arti visive, architettura, letteratura e filosofia — chi scrive affida queste prime righe a quel che resta di sedimentato, tra la memoria e la retina, di “What remains / Ciò che rimane”, a cura di Leonardo Regano nell’ex Chiesa di San Mattia a Bologna.
Dinanzi al simposio cui partecipano arte contemporanea e scenografia barocca, l’impressione è di trovarsi di fronte allo scaturire di puro pensiero per immagini. Nell’accostare le cappelle laterali che accolgono i lavori, si è invitati a perlustrare le ombrosità diafane delle stampe su tela voile di Ceyssens, paesaggi memori del sublime; a ben guardare, scopriamo lacerti di figure caravaggesche emergere da questi paradossi della visione, osservabili solo nella distanza, come buie vacuità antimateriche.
![Caimmi e Ceyssens a Bologna](https://www.exibart.com/repository/media/2022/07/Patrick-Ceyssens-What-remains-2-2022-Courtesy-of-the-artist_ShiftNcut.jpg)
Le monumentali carte di Caimmi domandano invece allo sguardo di addensarsi sulle orografie minime delle proprie superfici, dove il disegno a grafite e a carboncino evolve in una impetuosa «fantasticheria supernaturalista” di simboli, fitomorfismi e ibridi, che proliferano dalle pigmentazioni rilasciate da iniziali trasposizioni fotografiche a macchia, tra le trasparenze di “veline intascate”, sui toni del rosa del giallo e del verde che, apposte sul retro delle grandi carte, riecheggiano le cromie della navata fingendosi pittura. Ce ne parla la stessa Caimmi, in questo rapido scambio.
![](https://www.exibart.com/repository/media/2022/07/Giovanna-Caimmi-Il-Re-del-Mondo-20221-2022-Courtesy-of-the-artist.jpg)
Dai tuoi arazzi di cellulosa si dipanano visioni escatologiche culminanti sull’altare in una sorta di giudizio universale, dominato dall’allegoria di un male ancestrale, un nefasto cane cosmico sedotto o pungolato da larve. Da cosa principia questa scelta?
«Vi è sotteso il funesto momento contemporaneo appena vissuto, che ha certamente irrorato di memento mori tutti i lavori esposti. Mi sono tremati i polsi quando il curatore ha deciso di porre “Il Re del Mondo” sull’altare centrale; i cimiteri sono pieni di artisti che hanno sfidato ciò che non andava toccato. Così, per premunirmi, prima di collocare i quattro metri di disegno del “Re del Mondo”, un lucido bulldog scuro come Ahriman-Lucifero, mi sono premurata di disegnare sul suo retro l’angelo Michele che con la spada punge le terga del demonio. Il pubblico non lo vede ma c’è».
![](https://www.exibart.com/repository/media/2022/07/Giovanna-Caimmi-Chute-2022-Courtesy-of-the-artist.jpg)
Lucifero è dei “caduti” il principe. Quali sono le cadute, ricorrenti nei titoli, con cui ti sei confrontata?
«Negli anni Settanta nella chiesa era stata ricavata un’autofficina — non di spada, di ferro, di fuoco, ma di Black & Decker muoiono i santi nei tempi moderni — ed è con queste rovine che si incontrano e dialogano le mie opere. “La dernière chute” è la caduta finale, quella dei paramenti, dei sacri apparati, dei simboli religiosi, che sembra produrre le ferite sul petto e sull’inguine dei religiosi affrescati, di disamore lungamente afflitti. Una seconda “Chute” si oppone a questa, ed è caduta di apparati architettonici; come se l’intera volta si fosse dilavata lasciando sulla carta una traccia del suo passaggio».
![](https://www.exibart.com/repository/media/2022/07/Giovanna-Caimmi-La-dernière-chute-2022-Courtesy-of-the-artist.jpg)
Innesti contemporanei e spirito barocco del luogo si profondono in irresistibili rimandi. Come si è evoluto questo incontro?
«Delle caratteristiche peculiari, irrinunciabili del barocco, parla Deleuze: «Il Barocco non connota un’essenza, ma una funzione operativa, un tratto: produce di continuo pieghe (…), curva e ricurva le pieghe, le porta all’infinito, piega su piega, piega nella piega (…) inventa l’opera o l’operazione infinita». Nel confronto con le rovine di questa immensa San Mattia, il mio partner Ceyssens ha scelto di non opporsi, di diventare trasparente, integrandone i fantasmi nel proprio lavoro. Io no, io sono per il corpo a corpo. Nelle mie opere emerge una proliferazione di crescita organica, in sé barocca: l’artista barocco addomestica la natura del proprio segno fino a spingerlo all’infinito».