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Barocco e contemporaneo, due dimensioni in dialogo al di là del tempo ma profondamente nello spazio e attraverso il linguaggio universale della pittura. A Noto, cittadina della Sicilia Patrimonio Unesco, inserita nel sito delle “Città tardo barocche del Val di Noto”, gli spazi di Palazzo Trigona, sontuosa architettura monumentale dai caratteristici nove balconi panciuti, aprono al pubblico per la prima volta dopo 40 anni, per ospitare le opere di Marco Eusepi, in occasione di “Gardens”, mostra presentata dalla Galleria Eduardo Secci, con sede a Firenze e Milano, e a cura di Pier Paolo Pancotto. Nato nel 1991, ad Anzio, Eusepi ha scelto personalmente le sale da dedicare all’esposizione, cariche di ornamenti e stucchi, affreschi e pitture murali, che entrano in contatto con le opere, lavori pittorici su tela e su carta, di piccole e grandi dimensioni.
Una fantasmagoria di forme, elementi, colori, suggestioni e sconfinamenti, che esprimono la ricerca condotta da Eusepi su medium della pittura. Brani di natura e scorci di paesaggio sono i soggetti ritratti e rielaborati dall’artista, partendo dalla tradizione del genere per arrivare a una visione contemporanea, frammentaria oppure coesa, tra linee, campiture e macchie che avanzano e retrocedono dalla superficie. Nella sua grammatica pittorica, la superficie diviene un campo di decostruzione formale in cui i diversi piani si fondono mettendo in discussione le gerarchie compositive attraverso la creazione di nuovi organismi materici.
Paesaggi autobiografici
«Le opere trovano posto nelle suggestive sale dell’edificio barocco, Palazzo Trigona di Cannicarao, integrandosi integralmente ad esse, quasi fossero lì da sempre e, solo oggi, svelassero la loro presenza. Molte di loro, infatti, sono state concepite dall’artista per l’occasione e, unite alle altre, danno luogo ad una sorta di grande installazione che, senza soluzione di continuità, si svolge nel palazzo enfatizzando il carattere ambientale che la sintassi pittorica di Eusepi è in grado di generare», ha spiegato Pancotto nel testo critico che accompagna la mostra.
«I lavori, tutti datati tra il 2019 ed il 2022, hanno per soggetto paesaggi o elementi vegetali che seguendo una gamma cromatica ora più fedele al vero ora più di fantasia, affiorano dal fondo chiaro della carta con la stessa sregolata velocità con la quale percorrono, nel quotidiano, lo sguardo ed il cuore dell’artista», continua il curatore. «Ché, in sintesi, così potrebbe riassumersi il suo sistema operativo: affidarsi alla rapidità di un gesto pittorico per restituire l’immediatezza di una sensazione – per lo più, suscitata dalla natura – e renderne così partecipi gli spettatori, condividendo con loro l’esperienza percettiva che ha dato loro origine; spontaneamente, senza ricorrere ad alcun artificio, cosi come, assecondando il corso naturale delle cose, l’evento ha avuto luogo. In tal senso, questi fiori, queste vedute assumono un carattere quasi autobiografico, visto il carattere intimo che li ha determinati».