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Oren Pinhassi – Should We Stay Or Should We Go
Una serie di nuove sculture realizzate dall’artista a Milano durante i mesi estivi appena trascorsi, appositamente per questa mostra.
Comunicato stampa
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RIBOT è lieta di presentare Should We Stay Or Should We Go, la seconda personale in galleria dell’artista Oren Pinhassi (Tel Aviv, 1985, vive e lavora a New York).
La mostra propone una selezione di opere realizzate a Milano nei mesi estivi appena trascorsi e concepite appositamente per questa occasione espositiva. Le grandi sculture e installazioni dislocate negli spazi evocano luoghi suggestivi ove è possibile intercettare gli aspetti che contraddistinguono la ricerca dell’artista, mossa da un’incessante indagine intorno al rapporto tra la figura umana, la natura e l’architettura.
È la sabbia, che Pinhassi ha iniziato a utilizzare solo recentemente, il denominatore comune della nuova serie di opere, un elemento qui utilizzato nel suo duplice valore fenomenologico e concettuale. Questa vanta infatti un larghissimo impiego nell’industria, si utilizza per le costruzioni, per la produzione del vetro, dei microchip e di molto altro, ma al contempo la sua consistenza materiale è qualcosa che rimanda alla fragilità, alla precarietà, alla mortalità, a uno stato primordiale da cui tutto inizia e in cui tutto finisce.
In mostra le sculture sono disposte secondo un progetto espositivo che genera una forte tensione tra piano superiore e piano inferiore della galleria, opere simili nella loro essenza, ma guidate da logiche differenti che prendono vita nei due diversi ambienti.
Al piano superiore è la verticalità la prospettiva dominante, una spinta ascensionale mistica ed erotica al contempo. L’artista qui ha collocato sculture longilinee, che rimandano a elementi architettonici e forme umane adagiate su pietre dai profili irregolari. Le composizioni appaiono rigide e precarie, in un equilibrio istantaneo ed eterno. È l’antica consuetudine dei monumenti funebri ove il defunto veniva effigiato sdraiato, con ai piedi un cuscino o un animale a lui caro, ad avere fornito una sorta di ispirazione ideale per queste composizioni. Quei “corpi” sono stati issati, i loro piedi si sono trasformati in “artigli” che nella tensione della morte tentano di ancorarsi alla vita. Non vi sono riferimenti letterali nelle fattezze, vi è solo il desiderio e la capacità di intercettare la forza tra principi contrastanti quali la vita e la morte, la natura e la cultura e di rappresentarli in modalità differenti. Al piano inferiore, invece, le sculture, che assumono aspetti antropomorfi più evidenti, sono adagiate al suolo. La rigidità si dissolve in forme più sinuose, dai volumi morbidi. Sono esseri metamorfici quelli che si materializzano nello spazio, che hanno a che vedere con la tenerezza umana, con la cura e la protezione. In queste installazioni ritroviamo anche una delle figure più ricorrenti nella pratica dell’artista, una forma che rimanda all’ombrello, una sorta di architettura portatile emblema di protezione e rifugio, qui reso attraverso l’impiego di forme che rimandano alle tegole fiorentine.
Per l’occasione l’artista ha inoltre realizzato uno special project inedito e singolare: una serie di disegni colorati che trasferiscono sulla carta il frutto del suo pensiero, della sua fantasia e di quel sincretismo particolare tra forme figurative e astratte riscontrabile anche nelle opere tridimensionali.
Oren Pinhassi (Tel Aviv, 1985; vive e lavora a New York). Ha studiato presso la Yale University School of Art, New Haven, 2014 e la Hamidrasha School of Art, Beit-Berl College, Kfar Saba, 2011. Sue mostre personali e collettive si sono tenute presso prestigiose gallerie, spazi pubblici e privati tra cui: Commonwealth and Council, Los Angeles, 2021; Helena Anrather, New York, 2021; Kölnischer Kunstverein, Colonia, 2021; Edel Assanti, Londra, 2020, 2018; St Cyprian's Clarence Gate, Londra, 2020; Castello di San Basilio, Pisticci, 2019; Palazzo Monti, Brescia, 2019; MAC – Museo di Arte Contemporanea di Lissone, 2019; 56 HENRY, Filadelfia, 2018; Skibum MacArthur, Los Angeles, 2018; Thierry Goldberg Gallery, New York, 2018; David Zwirner, New York, 2018; RIBOT gallery, Milano, 2017-2018; Petach Tikva Museum of Art, Petah Tikva, 2017; Andrew Rafacz Gallery, Chicago, 2017; New Capital Projects, Chicago, 2016; 55 Gansevoort, New York, 2015; 83 Pitt Street, New York, 2015; Tempo Rubato, Tel Aviv, 2012. Ha inoltre svolto diverse residenze presso: Castello di San Basilio, Pisticci, 2019; Palazzo Monti, Brescia, 2019, Viafarini, Milano, 2017; Outset Contemporary Art Fund, Bialik Residency, Israele, 2017; The Shandanken Project, Storm King Sculpture Park, New York, 2016; Skowhegan School of Painting and Sculpture, residency, Madison, 2014. È stato inoltre premiato per: The Pollock-Krasner Foundation Grant, New York, 2018; Fannie B. Pardee Prize, Yale University School of Art, New Haven, 2014; The ArtSlant Prize, Aqua Art Miami, Miami, 2014; Shlomo Witkin Prize, Hamidrasha School of Art, Kfar Saba, 2011 ed Excellence Program Scholarship, Israeli Ministry of Education, Kfar Saba, 2011. Queste alcune collezioni pubbliche e private in cui è presente il suo lavoro: Kadist Collection, Parigi, Francia; Castello di San Basilio, Pisticci, Italia; GAMec, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo, Italia; Palazzo Monti, Brescia, Italia; Petach Tikva Museum of Art, Petah Tikva, Israele.
La mostra propone una selezione di opere realizzate a Milano nei mesi estivi appena trascorsi e concepite appositamente per questa occasione espositiva. Le grandi sculture e installazioni dislocate negli spazi evocano luoghi suggestivi ove è possibile intercettare gli aspetti che contraddistinguono la ricerca dell’artista, mossa da un’incessante indagine intorno al rapporto tra la figura umana, la natura e l’architettura.
È la sabbia, che Pinhassi ha iniziato a utilizzare solo recentemente, il denominatore comune della nuova serie di opere, un elemento qui utilizzato nel suo duplice valore fenomenologico e concettuale. Questa vanta infatti un larghissimo impiego nell’industria, si utilizza per le costruzioni, per la produzione del vetro, dei microchip e di molto altro, ma al contempo la sua consistenza materiale è qualcosa che rimanda alla fragilità, alla precarietà, alla mortalità, a uno stato primordiale da cui tutto inizia e in cui tutto finisce.
In mostra le sculture sono disposte secondo un progetto espositivo che genera una forte tensione tra piano superiore e piano inferiore della galleria, opere simili nella loro essenza, ma guidate da logiche differenti che prendono vita nei due diversi ambienti.
Al piano superiore è la verticalità la prospettiva dominante, una spinta ascensionale mistica ed erotica al contempo. L’artista qui ha collocato sculture longilinee, che rimandano a elementi architettonici e forme umane adagiate su pietre dai profili irregolari. Le composizioni appaiono rigide e precarie, in un equilibrio istantaneo ed eterno. È l’antica consuetudine dei monumenti funebri ove il defunto veniva effigiato sdraiato, con ai piedi un cuscino o un animale a lui caro, ad avere fornito una sorta di ispirazione ideale per queste composizioni. Quei “corpi” sono stati issati, i loro piedi si sono trasformati in “artigli” che nella tensione della morte tentano di ancorarsi alla vita. Non vi sono riferimenti letterali nelle fattezze, vi è solo il desiderio e la capacità di intercettare la forza tra principi contrastanti quali la vita e la morte, la natura e la cultura e di rappresentarli in modalità differenti. Al piano inferiore, invece, le sculture, che assumono aspetti antropomorfi più evidenti, sono adagiate al suolo. La rigidità si dissolve in forme più sinuose, dai volumi morbidi. Sono esseri metamorfici quelli che si materializzano nello spazio, che hanno a che vedere con la tenerezza umana, con la cura e la protezione. In queste installazioni ritroviamo anche una delle figure più ricorrenti nella pratica dell’artista, una forma che rimanda all’ombrello, una sorta di architettura portatile emblema di protezione e rifugio, qui reso attraverso l’impiego di forme che rimandano alle tegole fiorentine.
Per l’occasione l’artista ha inoltre realizzato uno special project inedito e singolare: una serie di disegni colorati che trasferiscono sulla carta il frutto del suo pensiero, della sua fantasia e di quel sincretismo particolare tra forme figurative e astratte riscontrabile anche nelle opere tridimensionali.
Oren Pinhassi (Tel Aviv, 1985; vive e lavora a New York). Ha studiato presso la Yale University School of Art, New Haven, 2014 e la Hamidrasha School of Art, Beit-Berl College, Kfar Saba, 2011. Sue mostre personali e collettive si sono tenute presso prestigiose gallerie, spazi pubblici e privati tra cui: Commonwealth and Council, Los Angeles, 2021; Helena Anrather, New York, 2021; Kölnischer Kunstverein, Colonia, 2021; Edel Assanti, Londra, 2020, 2018; St Cyprian's Clarence Gate, Londra, 2020; Castello di San Basilio, Pisticci, 2019; Palazzo Monti, Brescia, 2019; MAC – Museo di Arte Contemporanea di Lissone, 2019; 56 HENRY, Filadelfia, 2018; Skibum MacArthur, Los Angeles, 2018; Thierry Goldberg Gallery, New York, 2018; David Zwirner, New York, 2018; RIBOT gallery, Milano, 2017-2018; Petach Tikva Museum of Art, Petah Tikva, 2017; Andrew Rafacz Gallery, Chicago, 2017; New Capital Projects, Chicago, 2016; 55 Gansevoort, New York, 2015; 83 Pitt Street, New York, 2015; Tempo Rubato, Tel Aviv, 2012. Ha inoltre svolto diverse residenze presso: Castello di San Basilio, Pisticci, 2019; Palazzo Monti, Brescia, 2019, Viafarini, Milano, 2017; Outset Contemporary Art Fund, Bialik Residency, Israele, 2017; The Shandanken Project, Storm King Sculpture Park, New York, 2016; Skowhegan School of Painting and Sculpture, residency, Madison, 2014. È stato inoltre premiato per: The Pollock-Krasner Foundation Grant, New York, 2018; Fannie B. Pardee Prize, Yale University School of Art, New Haven, 2014; The ArtSlant Prize, Aqua Art Miami, Miami, 2014; Shlomo Witkin Prize, Hamidrasha School of Art, Kfar Saba, 2011 ed Excellence Program Scholarship, Israeli Ministry of Education, Kfar Saba, 2011. Queste alcune collezioni pubbliche e private in cui è presente il suo lavoro: Kadist Collection, Parigi, Francia; Castello di San Basilio, Pisticci, Italia; GAMec, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo, Italia; Palazzo Monti, Brescia, Italia; Petach Tikva Museum of Art, Petah Tikva, Israele.
05
ottobre 2022
Oren Pinhassi – Should We Stay Or Should We Go
Dal 05 ottobre al 12 novembre 2022
arte contemporanea
Location
RIBOT
Milano, Via Enrico Nöe, 23, (MI)
Milano, Via Enrico Nöe, 23, (MI)
Orario di apertura
da martedì a venerdì, dalle 15 alle 19.30
sabato dalle 11.30 alle 18.30
anche su appuntamento
Vernissage
5 Ottobre 2022, 18-21
Sito web
Ufficio stampa
Sara Zolla | Ufficio stampa e comunicazione
Autore