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BIAF 2022, torna la fiera delle meraviglie di Firenze
Mercato
Firenze, primi giorni d’autunno. E che sole che splende per le vie della città. Ci sono i lavori di Olafur Eliasson a irradiare le sale di Palazzo Strozzi, la sua mostra caleidoscopica ha inaugurato da poche ore e già scandisce lenta, contemplativa, nuovi tempi – il tuo tempo, come da titolo – sempre interiori. C’è un doppio Henry Moore sparpagliato in centro, tra Piazza della Signoria e Sagrato dell’Abbazia di San Miniato al Monte, dritto e diretto fino alla Sala d’Arme di Palazzo Vecchio. Le gallerie si fanno belle, arte antica e contemporanea, nessuna esclusa, da Eduardo Secci a Tornabuoni Arte. E c’è l’inglese Tony Cragg al Museo Novecento, una mostra ripercorre a linee curve e dinamiche il suo inesorabile processo creativo. È la Florence Art Week, la settimana dell’arte fiorentina. E ruota tutta intorno alla 32esima BIAF – Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, la mostra mercato più antica del mondo, quella dei grandi – infiniti – capolavori italiani. Quando? Dal 24 settembre al 2 ottobre, dopo due giorni intensi di preview. Dove: nelle stanze e nei saloni di Palazzo Corsini – nessun anonimo padiglione all’orizzonte, nella fiera elegante di Fabrizio Moretti. Con il nuovo allestimento a cura dell’interior designer, scenografo e regista Matteo Corvino, per di più.
Ed eccoli, uno dopo l’altro, gli 80 espositori protagonisti di BIAF, patinati e sobri insieme, a due passi dall’Arno. A partire dalla Galleria Carlo Orsi, che punta subito su Le tentazioni di Sant’Antonio, una tavola del XVI secolo dallo straordinario impatto visivo – soffermatevi sui nove demoni ibridi, mostruosi, quasi in posa, pronti ad assalire l’eremita in levitazione. L’autore: al momento ignoto. Il prezzo: intorno a € 1 milione. «Ci si confronterà con un piccolo mistero e con un tema poco noto», rivela a exibart Carlo Orsi, «quello dell’anti-rinascimento, ossia la diffusione di un immaginario onirico, bestiale, di stampo nordico». E aggiunge: «Anche Michelangelo, racconta Vasari, ancora alla bottega del Ghirlandaio, studia da vicino gli animali proprio per rappresentare in maniera precisa di demoni che attaccano Sant’Antonio». Similitudini che non guastano, insomma, al momento della valutazione.
Intrigante l’Autoritratto di Giorgione offerto dalla romana Antonacci Lapiccirella Fine Art: una vera e propria beffa verso gli artisti e gli intellettuali del tempo, a dipingerlo fu Antonio Canova e lo spacciò per un dipinto perduto del grande veneziano. Prezzo: intorno a € 1 milione (lo avevamo già visto da Tefaf, nel 2018, sempre dalla galleria di via Margutta). Immancabile, da De Jonckheere Fine Art, una gioiosa Wedding Dance Outside del 1612, ad opera di Pieter Brueghel il Giovane (nel 2014, da Sotheby’s Londra, passava all’asta per £ 1,5 milioni). Allo stand n. 79, Galleria Attilio Cecchetto Antiquario presenta un Trumeau in legno intagliato e laccato con decorazioni a cineserie, della prima metà del XVIII secolo, con una richiesta di € 220.000; nello stesso booth, una coppia di pannelli lignei settecenteschi, con splendide cineserie dipinte e dorate, conquista i collezionisti per € 95.000. Procediamo.
Non passa inosservata, a Palazzo Corsini, la selezione di Maurizio Nobile, che propone tra le altre due tele di Giovanni Benedetto Castiglioni detto il Grechetto, un Francesco Hayez e un raro frammento in terracotta di Niccolò dell’Arca, una Madonna con il bambino. «Nonostante il difficile periodo storico che stiamo vivendo», ci racconta il gallerista, «il mercato dell’arte non si fermato. Anzi! i collezionisti hanno riacquistato voglia e fiducia nell’investire in dipinti e sculture, a prescindere dall’epoca storica in cui sono stati eseguiti. Tuttavia è necessario tenere a mente un’avvertenza importante: l’investimento in arte non deve mai muoversi seguendo logiche speculative, ‘compro oggi per vendere domani’. È un investimento di lunghissimo periodo, che spesso crea valore nell’arco di decenni o a volte di una generazione. Oppure è un modo per lasciare in eredità ai propri discendenti beni che si apprezzano nel tempo».
Percorso a zig-zag tra gli highlights della BIAF. Un Carro di Fausto Melotti, del 1972, offerto da Robertaebasta per € 160.000. Da Galleria Cantore, un raro dipinto su rame di Giovanni Lanfranco già esposto nella nota mostra dedicata all’artista parmigiano nel 2001-2002, itinerante tra Parma, Roma e Napoli, a cura di Erich Schleier. Un’intera parete dello stand di Galleria Canesso occupata da una Venere di Palma il Giovane, che incontra per la prima volta lo sguardo del pubblico. Un intenso dialogo tra Adolfo Wildt e il cinquecentesco Pedro Fernàndez nello spazio di Galleria Lampertico. Il Banchetto di Assalonne di Niccolò Tornioli, premiato come il più bel dipinto in mostra, a proporlo è Robilant+Voena.
E chiudiamo in bellezza con una storia che spera nel lieto fine, da Laocoon Gallery, allo stand 13: la 32esima edizione di BIAF, pare, è l’occasione su misura per acquisire e far restare in Italia il Laocoonte di Vincenzo de’ Rossi, allievo inquieto di Baccio Bandinelli. Marmo, due tonnellate, estremo esercizio manieristico che accentua – senza copiare – la carica drammatica del suo illustre originale. «Ritorna nella propria Firenze dopo più di 400 anni», racconta a exibart Marco Fabio Apolloni. Fabrizio Apolloni lo acquistò a un’asta giudiziaria nel 1987, tra gli arredi che ornavano un bizzarro castello dei fratelli Raymond e Alphonse Réthoré a La Mercerie, nella Charente. «È stato riportato in Italia affinché possa arricchire il nostro patrimonio e non riprendere ancora una volta la via dell’esilio». Valore: € 1 milione.
Il classico che guarda al contemporaneo, il gusto senza tempo della migliore arte italiana, dal Rinascimento al presente. Ma anche una radicata tradizione di mecenatismo, con la donazione di una pala d’altare di Durante Alberti alla Cattedrale di Sansepolcro da parte di Fabrizio Moretti e Eleonora e Bruno Botticelli. La grande BIAF è tornata, si è fatta attendere 3 anni, stavolta. La Notte dei Fuochi, ieri sera, le ha dato il benvenuto.