27 settembre 2022

exibart prize incontra Raffaella Romano

di

Il mio lavoro indaga le relazioni tra percezione e superficie dell’opera, tra soggettivo e oggettivo, tra visibile e invisibile.

Raffaella Romano

 

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Sono sempre stata incuriosita da tutti i fenomeni visivi che non riuscivo a spiegare, con
un’attenzione-attrazione particolare verso la materia luminosa e la percezione visiva.
Ho iniziato come molti le mie esperienze più significative a livello personale durante l’infanzia per poi cominciare il mio percorso “consapevole” studiando Pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, avvicinandomi al colore bianco e ad una pittura molto liquida e istintiva, con ampio spazio per il caso. Successivamente ho seguito il Biennio di Fotografia , in quegli anni ho sperimentato molto passando dal video alle installazioni interattive, adottando un approccio più scientifico nella ricerca. Negli stessi anni sono iniziate le mostre, gli eventi espositivi, qualche premio e le residenze d’artista che metto sicuramente tra le esperienze più proficue , il lavoro attuale mette insieme queste due parti di me.

 

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Il mio lavoro indaga le relazioni tra percezione e superficie dell’opera, tra soggettivo e oggettivo, tra visibile e invisibile. Negli ultimi anni la mia ricerca si è diretta verso lo studio dei fenomeni endottici, ovvero interni all’occhio dell’osservatore, queste immagini differentemente dalle illusioni ottiche sono reali ma, come le illusioni ottiche sono visibili solo soggettivamente nella mente del fruitore. L’occhio infatti oltre a permetterci di vedere il mondo esterno è anche in grado di percepire alcune delle sue strutture interne in determinate condizioni di luce, quest’ultima è infatti divenuta una costante nelle mie opere insieme ad altri elementi quali acqua, suono, specchi, lenti e fotografia. Le installazioni interattive sono la maniera in cui metto in comunicazione l’osservatore con l’opera, cercando di porlo in contatto con quello che accade all’interno del suo corpo, di proiettare una parte di sé nel mondo esterno. Dal momento in cui molti di questi processi non possono essere fotografati, chiedo spesso al fruitore di lasciarmi una traccia, una testimonianza della sua esperienza visiva. Alcune delle mie opere come
“ La visione dell’Osservatore” rimangono progetti sempre aperti con lo scopo di arricchire l’archivio delle infinite variabili soggettive.

 

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Rifletto spesso su come il rapporto tra arte e società non sia mai univoco e come le due parti si influenzino reciprocamente. Di solito quando si studia un’opera si tiene sempre conto del suo periodo storico considerando i fattori sociali che hanno influito su di essa , sulla sua creazione. Questa incidenza che di fatto si riscontra poi nell’opera d’arte, avrà di conseguenza un impatto sociale passando dal singolo fruitore alla collettività. E così come sono inscindibili arte e ambiente sociale, così lo sono anche uomo e società.
Anche quando l’arte si rivolge al lato più intimo e soggettivo dell’uomo, lo mette in condizione di riflessione e di conseguenza di confronto con l’altro e con il mondo, ponendo le basi per un possibile cambiamento. Penso che tutto questo sia simile ad una sorta di “Effetto Farfalla”, anche il più piccolo evento può avere conseguenze, influenze su ampia scala.

 

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Anni fa mi ero posta un obiettivo a lungo termine, quello di riuscire a rendere visibile attraverso un’opera la risposta dei nostri recettori alla luce solare. Oggi posso dire che sono molto felice visto che recentemente ho capito come intrappolare questo fenomeno davvero sfuggente. Adesso sono ancora più incuriosita perchè insieme alla “soluzione” si è aperto un mondo nuovo da studiare che ruota intorno alla fenomenologia del colore e delle percezioni soggettive. Quindi sicuramente dedicherò quest’anno alla realizzazione del mio nuovo progetto “Responsive Color”.

 

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Sicuramente occorre un pensiero proiettato verso il futuro , dove la parola arte risulti direttamente collegata con le parole scambio e ricerca. Certo è importante valorizzare il nostro immenso patrimonio e c’è sempre da imparare dal passato, ma si dovrebbe cercare di non rimanere troppo ancorati ad esso, di correre qualche rischio e spingersi verso la costruzione di qualcosa che non è ancora conosciuto. Anche guardando ai grandi maestri
risulta inevitabile notare gli aspetti multidisciplinari che caratterizzavano la loro pratica.
L’esempio più ovvio che davvero tutti conosceranno è quello di Lonardo da Vinci, la sua mente creativa si è estesa in svariati ambiti di ricerca e applicazione, d’altronde anche molti ricercatori o scienziati del passato oggi verrebbero definiti come artisti.
Bisognerebbe riconsiderare l’arte rendendo meno marginale il suo vastissimo ruolo e applicazione nella vita di tutti i giorni, sostenere la ricerca e favorire lo scambio tra vari ambienti e discipline è sicuramente un ottimo passo in avanti, che potrebbe creare tante nuove opportunità. Rieducare e far coesistere scienza, ingegneria, media, arte, architettura e design in maniera non convenzionale, un po’ come accade al Mit Media Lab, significherebbe adottare il pensiero creativo per creare soluzioni ed esperienze innovative per questioni sociali che riguardano davvero tutti.

 

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