20 ottobre 2022

exibart prize incontra MAT

di

Non pratico ne vedo il mio lavoro con un unico e singolo elemento espressivo ma come uno soggetto aperto.

MAT

 

Qual è stato il tuo percorso artistico?

Ho sempre desiderato fare Arte e raggiunti i 50 anni ho deciso di farla a tempo pieno,  nonostante la consapevolezza  delle difficolta che una scena cosi radicale comporta nella vita. Credo di essere quindi quello che viene definito un autodidatta. Conosco comunque le tematiche artistiche nelle sue molteplici espressioni, perché anche in precedenza, dall’arte non mi sono mai troppo allontanato. Ho vinto il primo premio come emergente ad Artepadova, ho esposto all’Arsenale nord a Venezia come finalista del premio Artelaguna, sono stato selezionato per Paratissima Bologna e per Paratissima Torino dove ho esposto opere dedicate rispettivamente al punto di vista ed al Covid, ho esposto presso la Fondazione Zeffirelli a Firenze con un’opera dedicata al sogno,  e al Museo Claudio Faina di Orvieto con un dipinto commissionato e dedicato al Corteo Storico della città. Ho eseguito allestimenti ed installazioni in diverse fiere e spazi istituzionali .

 

Quali sono gli elementi principali del tuo lavoro?

Non pratico ne vedo il mio lavoro con un unico e singolo elemento espressivo ma come uno soggetto aperto una materia in continua evoluzione e cerco di realizzarlo con questo criterio, quindi non solo pittura ma anche installazioni e opere di land art, insomma molteplici forme comunicative, talvolta anche aggregate tra loro persino con altre che non mi appartengono affatto.
Comunque il mio primario elemento di lavoro è stato ed è tutt’ora la pittura che prediligo realizzare su lastre trasparenti in vetro o plexiglass in modo da lasciare un confine invalicabile tra me anzi tra le mie opere e lo spettatore.
Questa tecnica che ho raffinato nel corso degli anni è legata principalmente ad un aspetto assolutamente concettuale relativo al pensiero filosofico di Ludwig Wittgenstein, vorrei che chi vede l’opera percepisse l’impossibilita di raggiungerla nella sua essenza più vera e profonda, il pigmento, che sempre si trova oltre la lastra e che pur rimanendo perfettamente visibile e leggibile per forme e colori  agli occhi di tutti, mantiene la sua irraggiungibilità materica, perché oltre.
Creando un parallelo con le vite di noi esseri umani, perfettamente visibili e conosciuti nei nostri pregi e difetti sopratutto da chi ci è più vicino ma irraggiungibili, a tutti, nel nostro io privato, più profondo.

 

In quale modo secondo te l’arte può interagire con la società, diventando strumento di riflessione e spinta al cambiamento?

Le riflessioni sull’arte non portano dentro ma fuori dell’arte, le domande che la riguardano generano sempre  altre domande e gli artisti i curatori, i critici, i galleristi, tutti coloro che ruotano in questo mondo spesso si affannano in cerca di riconoscimenti sociali, economici, morali, che diano una ragione a questo aspetto cosi fortemente umano a questa fondamentale incognita che chiamiamo arte, forse, unica vera differenza tra noi e gli animali.
Cerchiamo di declinarla, scomporla, studiarla ma non riusciamo a risolverla, un po’ come fosse la nostra vita.
Perché troviamo sempre un ultima domanda lì ad aspettarci, quale è il senso?
Eppure tutto ciò che la riguarda è comunque triste, bello, effimero gioioso ma anche a volte dannatamente serio,  persino i luoghi dove la incontriamo, molteplici e  vari,  ma sono sempre quelli giusti?
Le piazze come i musei  le lande isolate, come le gallerie, le fiere come  le case d’asta, tutti sono contenitori di una essenza incontenibile perché senza una forma e senza un senso definito, visto che se contenuta, contingentata , indicata, spiegata, delimitata da considerazioni e confini, diventa spesso ossimoro di se stessa.
Peraltro bisogna riconoscere al nostro tempo all’epoca che viviamo lo status di contenitore per antonomasia, tutto quello che ci accade e ci circonda tutto ciò che interessa le nostre vite è sempre più definito nello spazio di un contenitore, che può essere di volta in volta il telefono, la tv ma anche i social come Facebook o i motori di ricerca come google oppure i siti di vario genere tipo Amazon o ebay o finanche  wikipedia, persino questo  stesso sito di exibart dove vengono pubblicati  miei pensieri.
Tutti contenitori, ma i contenuti?
I contenuti  così espressi ci sono davvero? E sono davvero, come logica vorrebbe, ancora importanti, anzi importanti più del contenitore? Oppure sono scaduti, degradati, seppelliti dalla quantità inverosimile di nozioni e di dati di immagini di concetti e proposte pressoché illimitate che il mondo ora offre e questa scomparsa del contenuto sepolto nel contenitore cosa precede del nostro futuro, cosa ci anticipa?

 

Quali sono i tuoi programmi per il futuro?

Un Opera di Urban-Art che finalmente  sto per realizzare in una grande città del nord Europa (sono scaramantico, ancora non la nomino ) ci farà riflettere su ciò che ho nella risposta precedente  già descritto insieme alle fiere ed agli eventi che ogni anno si accavallano e dove espongo normalmente . Questi sono i mie progetti in cui  tenterò di portarmi e portarvi, verso quel futuro quel nuovo mondo sempre lì, davanti a noi.

 

In quale modo le istituzioni potrebbero agevolare il lavoro di artisti e curatori?

Non so dare una risposta completa ad un quesito cosi annoso, mi verrebbe da dire, ampliando gli spazi? dando più sovvenzioni?  Ma voglio essere e sono di parte e prendendo ad esempio la pittura,  talvolta è quello che manca, che fa la differenza, più di quel che si vede, cosi nella vita dell’arte un’apertura mentale più ampia da parte di tutti a cominciare dalle istituzioni meno istituzionali anzi non istituzionali , più  scevre di modelli preconcetti, verso gli artisti e i curatori, di ogni età, forse aiuterebbe a migliorare tutti.

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