24 ottobre 2022

‘The colors of dreams’: Hassan Hajjaj alla 193 Gallery, Venezia. Intervista all’artista

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Da un lato la tradizione, dall’altro la patria della cultura pop, Marrakech e Londra si incontrano nei lavori di Hassan Hajjaj in mostra nella 193 Gallery di Venezia. Fino al 28 ottobre

The Colors of Dreams, Group Exhibition, 2022, 193 Gallery, Venezia. Courtesy 193 Gallery

È un invito per l’ora del tè ma nel cuore del Marocco il lavoro di Hassan Hajjaj. Arrivato a Londra nel 1973, a 12 anni, cresce immerso nella Pop Art, ma soprattutto nella cultura underground londinese.

Un lavoro da DJ negli anni Ottanta che gli permette di circondarsi di persone creative, la passione per i fiori e le stoffe vendute al mercato di Camden, l’interesse per tessuti e colori, solo alcuni degli stimoli che danno vita alla sua arte.

20 anni, quelli che passano tra l’arrivo di Hassan a Londra e la riscoperta delle sue radici, e un viaggio, quello con sua figlia in Marocco nel 1993, per farle conoscere i suoi parenti che si trasforma in una scoperta della vera natura del suo paese, di nuovi materiali da portare «ai miei amici di Londra». Un un momento che definisce come il suo ingresso nel mondo dell’arte, «volevo mostrare ai miei amici che abbiamo qualcosa di bello» dice.

«Se avessi vissuto in uno solo di questi due posti, sicuramente non farei il lavoro che faccio ora. Crescendo in Marocco ho ottenuto gli strumenti, la tradizione e la comprensione del mio paese e della mia cultura. Londra era tutta una scoperta», il risultato è questo stile unico, ma «l’unicità di un’opera e di un artista è qualcosa che si evolve con il tempo», e Hassan non si è mai limitato in questa evoluzione.

Hassan Hajjaj, The Colors of Dreams, Group Exhibition, 2022, 193 Gallery, Venezia. Courtesy 193 Gallery

Ma cos’è lo stile? Un’arma a doppio taglio, che può diventare una gabbia per l’artista, un limite. Hajjaj ci parla della vera “vita marocchina”, non quella fatta di stereotipi “caftani, hashish, cammelli”, ma di un’unicità che si sviluppa nelle sue opere «Questa unicità mi ha dato un’identità piuttosto che una costrizione», il risultato è sicuramente riconoscibile ma anche estremamente vero.

Londra, quartiere Shoreditch, nell’area posteriore del suo negozio, in strada, Hajjaj attacca al muro di mattoni i suoi sfondi sgargianti e inizia a scattare sotto lo sguardo dei passanti «Ci sono due tipi di artisti», «C’è l’artista che ha bisogno di spazio, di stare da solo per lavorare, e c’è quello come me», guardandosi intorno, «C’è sempre un ambiente».

È una narrazione insolita la sua, iconografia religiosa e lusso sono usati per scardinare i pregiudizi sulla sua terra, sulla cultura del suo paese, da sempre un forte punto di discussione per chi proviene da qualche luogo ‘diverso’. E allora Hajjaj mescola tutti gli stimoli, usa i temi della politica, dell’identità e della vita in Marocco e altrove, con dei soggetti d’eccezione «La maggior parte delle persone che costituiscono il soggetto del mio lavoro sono quelle con cui ho un legame».

Questo legame è la parte più importante dei suoi lavori, la scelta del personaggio è il primo passo «in base al messaggio che intendo trasmettere, scelgo i marchi, gli accessori, senza perdere di vista l’essenza della cultura». Perché il lavoro dell’artista è un’interconnessione di tutte le discipline, gli abiti delle persone che fotografa spesso nascono da suoi disegni, le persone soggetto dei suoi scatti hanno anche recitato nei film di cui compone la musica. Fotografia, moda, cinematografia, sono solo alcuni dei mezzi che utilizza.

Hassan Hajjaj, The Colors of Dreams, Group Exhibition, 2022, 193 Gallery, Venezia. Courtesy 193 Gallery

Ed ecco che l’opera finale non è solo una fotografia stampata, ma anche la cornice racconta una storia tutta sua. «C’è una certa curiosità immediata che si sviluppa nella mente degli spettatori quando vedono una cornice diversa da quelle tipiche». Personalizzate, con all’interno oggetti come lattine di salsa di pomodoro o di olio per motori, o blocchi di costruzioni per bambini contrassegnati da lettere arabe, incuriosiscono lo spettatore, che prima viene catturato dai colori accesi e poi viene attratto da tutti i particolari, una curiosità che lo porta ad avvicinarsi, ad analizzare tutti gli oggetti da cui sono composte le cornici.

Ed è proprio questo uno degli scopi dell’artista, comunicare la propria cultura anche attraverso gli oggetti quotidiani. «Queste cornici sono ispirate ai mosaici marocchini e sono scelte con cura in relazione al soggetto dell’opera d’arte. Alcune di esse sono lattine autentiche provenienti dai veri negozi di Marrakech».

Le opere di Hajjaj ci portano nel suo mondo, ogni passo all’interno degli spazi della 193 Gallery di Venezia, in cui sono esposti i suoi lavori fino al 28 ottobre, ci fa avvicinare alla sua arte, ci addentriamo in un ambiente accogliente, arredato con le sue panche fatte di casse di Coca-Cola marocchine coperte da cuscini a stampa floreale e con i suoi «amici appesi al muro» come li chiama lui, quei personaggi eccentrici che raccontano la vera immagine, giocosa e vibrante di Marrakech e non solo.

Un lavoro dai mille volti il suo, che verrà esposto in una grande personale a novembre 2023 personale alla Galleria 193 di Parigi. «Si tratta di un grande progetto in cui esporrò i miei film, le mie installazioni e la mia nuova serie di fotografie nei 300 metri quadrati della galleria parigina», a cui seguiranno diversi progetti internazionali.

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