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Effimero contro il tempo: l’opera di Gian Maria Tosatti a Castel Sant’Elmo torna fruibile
Arte contemporanea
Ormai ci siamo, è più vicino il 2030 che il 2013. Insomma, il passato si allontana anche se sembra così vicino, più prossimo rispetto a un futuro ancora confuso e distante. Il tempo scorre come sempre ha fatto, resistendo a ogni tentativo di declinarlo: di fatto, la materia tende a perdere definizione, ad appassire, le molecole si scompongono, separandosi in piccole parti. Invece, rinasce in tutta la sua splendente unità modulare, il campo di grano di My dreams they’ll never surrender, l’opera di Gian Maria Tosatti vincitrice della terza edizione di Un’opera per il Castello, concorso per artisti – a quel tempo – under 35. Presentata nel novembre 2014, nel corso di questi anni l’installazione ha attraversato vari passaggi di stato fino a scomparire: come preservare quelle migliaia di spighe in un ambiente enorme, fuori scala, buio, umido, difficilmente raggiungibile, come quello di una cisterna d’acqua ricavata nell’antica e imponente fortezza di tufo di Castel Sant’Elmo? Non si può, eppure ciò non significa che non sia necessario tentare. Come Sisifo, uomo di fine astuzia secondo l’autorevole parere di Omero, è essenziale lanciare una sfida all’azione irreversibile del tempo, ribellarsi a questo passaggio obbligato, intervenendo, nel caso specifico, con un’azione quotidiana a favore di ciò che ha bisogno di attenzioni particolari. Significativamente, nello stesso anno, il concorso fu vinto in ex equo da “Le Jardin”, un’altra opera che pure presenta complesse questioni di conservazione, con la scalinata in legno, progettata da un collettivo franco-italiano di architetti, paesaggisti e artisti, che conduce a un giardino “segreto”, selvatico e bisognoso di una costante manutenzione.
Brutalmente fragile, immersiva e invasiva, impattante e dilagante, My dreams they’ll never surrender non è stata fruibile per molto tempo, pensata fuori posto, alienata dal contesto e intimamente in conflitto con esso, per esistere non più della speranza di vita di una materia organica in un ambiente ostile, distante da fonti di luce naturale, in un’aria immobile e saturata. A meno dell’attivazione di un meccanismo di cura in grado di sostenerla quotidianamente. «È una cartina al tornasole dello stato della politica e della democrazia», ha ribadito Tosatti, intervenuto alla presentazione di sabato, 29 novembre, insieme a Marta Ragozzino, Direttrice regionale Musei Campania, Giovanna Cassese, Coordinatrice della Scuola di Restauro – Accademia di Belle Arti di Napoli, Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e del Museo Madre (oltre che mente del prezioso concorso Un’opera per il Castello, co-curato da Claudia Borrelli, che tante installazioni ha portato alla fortezza, da “Tempo Interiore” di Rosy Rox a “Follow The Shape” di Paolo Puddu), Lia Rumma, gallerista, Stefano Chiodi, storico e critico d’arte, Ludovico Pratesi, curatore e critico d’arte. Un parterre composito e trasversale, che lascia intendere quanto il dispositivo dell’attenzione abbia girato nel verso giusto, coinvolgendo istituzioni pubbliche e soggetti privati, per sostenere ciò che appare – ed effettivamente è – effimero, un miraggio.
E così, in una giornata di sole al di là di ogni stagione e ragione, in cui dall’alto delle mura di Castel Sant’Elmo tutta la città con i suoi edifici sembra tremare per qualche effetto ottico, le spighe di grano di “My Dreams” tendono fieramente verso un ordine superiore, puntando dal buio a un disco luminoso di ferro brunito, nello spazio claustrale della cisterna che, grazie a questa operazione, sarà non solo visibile dall’alto, da una suggestiva apertura della Sala dei Cannoni, ma anche attraversabile, scendendo nelle viscere della fortezza solitamente inaccessibili, dove non arriva alcun rumore dall’esterno e il tempo sembra immobile e, invece, continua a trascorrere.