-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La vertigine della lista e la vertigine delle parole. Due costanti del lavoro di SALVO (nome d’arte di Salvatore Mangione, Leonforte, 1947 – Torino, 2015). Le parole per evocare, per stupire, per ribadire il concetto della centralità dell’artista e in particolare di sé. Come provocazione. Dalle tombe con le frasi degli anni ’70, fino alle Sicilie e le Italie del suo ritorno alla pittura dal 1973. Sulle lapidi di marmo e pietra fa riportare stralci di poesie e di romanzi, le favole di Esopo o in alcuni casi lunghi elenchi di personaggi storici al cui ultimo posto c’è il suo nome. Oltre ai lavori fotografici che produce in questi anni, fino al 1972. Nel 1970 presenta presso la Galleria Sperone di Torino una serie di autoritratti fotomontaggio, dove si inserisce con la sua faccia, non solo un gesto di “appropriazionismo” ma anche di riflessione sul concetto stesso di tempo. Perché in ogni istante noi viviamo già nella storia e quindi nello stesso “momento” in cui si trovano anche personaggi come Giulio Cesare o Napoleone Bonaparte. Poco dopo c’è la partecipazione all’Arte Povera.
La Dep Art Gallery a Milano, in via Comelico 40, che da molti anni segue il lavoro dell’artista siciliano ci permette invece di venire a conoscenza del suo ritorno alla tela e alla pittura che mantiene i semi e la forza degli anni delle provocazioni. La mostra “SALVO. Sicilie e città” si inserisce in un percorso di studio e ricerca che la galleria porta avanti da diversi anni sull’opera di Salvo, già protagonista di tre mostre personali in galleria nel 2007, 2010 e 2017. Allora rivediamo le Sicilie e le Italie, forme che sono composte da liste che contengono i nomi di personaggi che l’artista avvicina alla Sicilia. Anche se alla fine c’è sempre lui, Salvo. Il passato delle liste e dell’autocitarsi ritorna come ad esempio nell’opera 20 Siciliani del 1975 oppure Italia del 1975. La seconda parte della mostra è riservata ai paesaggi dove ricostruisce una speciale “metafisica”, con l’essenzialità delle forme archetipiche delle case rafforzate dai colori che ne scandiscono le ombre. Attraverso una selezione di dipinti su tela datati dal 1983 al 2003 si può scoprire la produzione pittorica avviata dagli anni Ottanta. Fino all’evocazione delle fabbriche della sua infanzia torinese. (S.M.B.)