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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 5 all’11 dicembre.
Teatro e Danza
L’HEDDA GABLER DI LIV FERRACCHIATI
Dopo “La tragedia è finita, Platonov” di Čechov, Liv Ferracchiati si avvicina a Ibsen. Al centro del dramma una donna, Hedda Gabler, che ha sposato, di sua volontà, un uomo che non ama, Jørgen Tesman. «Di “Hedda Gabler” – racconta Ferracchiati – mi hanno colpito due aspetti in particolare. Il primo, l’attrazione di Hedda Gabler verso ciò che non rientra nella norma e il suo ossequio per le convenzioni. Il secondo, la sregolatezza di Løvborg e il tentativo di ricostruirsi moralmente e dominarsi attraverso la scrittura del manoscritto. Ma tutti soccombono alla vita e non li salva nemmeno l’opera visionaria, anzi è forse questa un’altra pistola carica pronta ad esplodere un colpo, un ordigno che deve essere disinnescato, perché Ibsen difficilmente fa vincere i ribelli. L’autore sembra chiedersi quali siano, se ve ne sono, le condizioni per la felicità umana. E questi individui di fine Ottocento, incapaci di incidere, ci somigliano, sembriamo proprio noi, incastrati all’interno di odierni e ipotetici salotti borghesi, raramente in grado di assumerci delle responsabilità. La mia non è una riscrittura, ma una drammaturgia originale, alla quale ho affiancato la nuova traduzione rielaborata insieme ad Andrea Meregalli. Nel dramma di Ibsen, sono molte le cose non dette, gli antefatti, gli eventi cui noi, pubblico, non assistiamo direttamente e che ci vengono riferiti dai personaggi: è in questi territori che vorrei addentrarmi. Il “gioco” è entrare nei meccanismi narrativi di Ibsen per scandagliarne il linguaggio, metterne in evidenza i diversi piani di lettura e sperimentare altri sviluppi della vicenda e dei personaggi, quasi non fossero letteratura, ma interpreti pronti a passare da un dramma a un altro».
A Milano, Piccolo Teatro Studio Melato, fino al 22 dicembre.
NEL GUSCIO
Un successo dell’estate 2021, che porta in scena il commovente e geniale romanzo di Ian McEwan. La regista Cristina Crippa costruisce un monologo perfetto per il talento di Marco Bonadei, attore attivo da anni sui palcoscenici dell’Elfo. A lui affida l’incredibile protagonista di questo testo: un feto che, rannicchiato nell’utero, ascolta le voci e ciò che accade all’esterno. Mamma Trudy e il cinico zio Claude se la intendono e vogliono uccidere suo padre, squattrinato poeta. «Bonadei recita con corpo e voce, usa il microfono in modo espressivo ed è petulante e tenero, come chi conosce già l’abbandono».
“Nel guscio” di Ian McEwan, regia Cristina Crippa, con Marco Bonadei, scene e costumi Roberta Monopoli, luci Michele Ceglia, suono Luca De Marinis, voci registrate di: Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Cristina Crippa, Enzo Curcurù, Alice Redini, Elena Russo Arman, Vincenzo Zampa. Produzione Teatro dell’Elfo. A Milano, Teatro dell’Elfo Puccini, dal 9 al 22 dicembre.
IL KRISTO DI ROBERTO ZAPPALA’
Un uomo che si crede Cristo, un uomo che finge di essere Cristo, un povero cristo. Tutti plausibili, legittimi, connessi e inestricabili lati di una “forma” schizofrenica che la figura del performer stratifica sulla scena come su di un antico palinsesto; con il suo corpo e la sua voce, nel suo corpo e nella sua voce. Un uomo dotato di autoironia e di dubbi, un poco smemorato e anche vanitoso, che forse soffre di un disturbo di personalità multipla. Un corpo che si muove, deambulando in una scena casa/appartamento/palestra attraverso dei quadri scenici che si susseguono senza soluzione di continuità. Il Cristo immaginato dal personaggio uomo in scena non è certo l’essere unico, che ha segnato uno spartiacque nella storia dell’umanità ma si trasforma in una moltitudine, per cui vale quello che dice Hampâté Bâ nella lingua bambara del Mali, «maa ka mmaya ka ca a yere kono»: “le persone di una persona sono numerose in ogni persona”.
Nella nuova creazione di Roberto Zappalà (qui la nostra recensione) non si accenna alla più grande storia mai raccontata, dal titolo del film di George Stevens, né si vuole aggiungere alcuna, per quanto piccola, nota a margine all’assordante rumore audio/video che più di duemila anni hanno prodotto sull’argomento. Si propongono delle visioni fatte di immagini, suoni e parole che lasciano libera l’immaginazione e che hanno come centro propulsore il corpo del performer.
“Kristo”, regia e linguaggi del corpo Roberto Zappalà, testi a cura di Nello Calabrò, interprete e collaborazione Salvatore Romania / Massimo Trombetta (doppio cast), musiche autori vari, musiche originali e tappeto sonoro l’écume des jours, set, luci e costumi Roberto Zappalà , una coproduzione Teatro Stabile di Catania e Scenario Pubblico in collaborazione con MILANoLTRE Festival. A Catania, Teatro Verga, dal 9 al 18 dicembre.
LA NAVE DOLCE
Tre voci – quella di chi si mette in viaggio, quella di chi accoglie, quella di chi guarda – e una storia. Tre lingue: un idioma italo-albanese – il viaggio, le attese, l’approdo – un idioma italo-pugliese – la coscienza critica – l’italiano – lo stupore. Tre punti di vista: un giovane albanese, un barese, un bambino a testimoniare un evento che ha mutato per sempre la storia dell’immigrazione. 8 agosto 1991, nel porto di Bari, attracca la nave Vlora carica di ventimila albanesi. 20.000 persone che arrivano, in un sol colpo, sono un paese intero. E un paese intero non lo si può rispedire a casa come fosse un pacco mal recapitato.
Da un lato le autorità governative che vogliono quei ventimila, rinchiusi, tutti insieme, nello stadio cittadino trasformato da luogo di incontro in anfiteatro di una assurda lotta per la sopravvivenza, mentre gli elicotteri controllano dall’alto. Dall’altro la comunità di Bari, che accoglie anche a suon di paste al forno e focacce raccolte tra le famiglie. Una vicenda esemplare che apre lo sguardo sul panorama politico europeo degli anni ‘90, sulle ferite ancora aperte.
Questa storia ritrova oggi piena attualità. È una storia che parla di mare e di una nave presa d’assalto. Testo vincitore del Premio Speciale “Da Sud” nell’ambito del Premio Mauro Rostagno 2022, e del Premio “Gigi Dall’Aglio” Festival Teatrale di Resistenza, Reggio Emilia 2021, a raccontarne la storia è l’attore Massimiliano Di Corato.
“La nave dolce”, testo e regia Daniela Nicosia, interprete Massimiliano Di Corato, scene Bruno Soriato, aiuto regia Vassilij Gianmaria Mangheras, disegno luci e suono Paolo Pellicciari, scenotecnico Théo Longuemare. Produzione Tib Teatro. A San Lazzaro di Savena (Bo), Teatro dell’Argine, il 5 dicembre.
CTONIA – PERFORMANCE, INSTALLAZIONI, WORKSHOP
Un modulo spaziale in grado di trasportarci in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio ideato dai Muta Imago. La “piscina” di MK, in cui si incontrano corpi in cerca della propria individualità. Una stanza vuota dove Cristina Kristal Rizzo traduce in real time l’improvvisazione in coreografia e un’altra stanza, quella ideata da Salvo Lombardo, dove trovare la complicità dei respiri. Una tradizionale danza di corteggiamento che grazie ad Alessandro Sciarroni si trasforma in un vortice acrobatico e ipnotico. E ancora Irene Russolillo e Philippe Barbut, Margine Operativo, Amir Issaa, Elena Bellantoni, Fabrizio Saiu, Valerie Tameu e Viviana Gravano. È Ctonia, il programma culturale realizzato da Chiasma con la direzione artistica del coreografo, regista multimediale e performer Salvo Lombardo che si svolgerà dal 9 al 20 dicembre a Roma, in diversi luoghi del quadrante Est della città.
In particolare, dal 9 all’11 dicembre negli spazi di Ostudio a Tor Pignattara, mentre dal 13 al 20 dicembre la programmazione si sposta in due luoghi cardine della vita culturale della Capitale, entrambi al quartiere Prenestino: Largo Venue, frequentatissimo club votato alla musica dal vivo, e Centrale Preneste, prezioso punto di riferimento per la programmazione performativa indipendente. Progetto speciale Ctonia propone sette giorni di programmazione fra performance, installazioni e workshop completamente a ingresso gratuito, coinvolgendo alcune delle voci artistiche più significative del panorama performativo contemporaneo.
DUE COREOGRAFIE DI MANFREDI PEREGO
“Totemica”, coreografia di Manfredi Perego, danzata da Chiara Montalbani, nasce nel periodo della pandemia come riflessione sulla condizione umana contemporanea ed il suo senso di onnipotenza perpetuo. La coreografia esibisce un dio irriconoscibile nel presente, concreto nella storia, energia viva ma scaduta in un limbo non identificato. Una testimonianza fisica ed emotiva di questa situazione, in cui si abita una sacralità dispersa priva di appigli. In scena Chiara Montalbani.
“Ruggine” è una riflessione su ciò che si crea nell’antagonismo tra buio e luce. Un pensiero drammaturgico che si colloca tra l’oscuro, l’inquietudine, la violenza, ed allo stesso tempo verso una osservazione senza giudizio di queste reazioni. La coreografia non genera una risposta, ma la possibilità di immergersi in questi stati d’animo e poterli sviscerare senza pregiudizi, di confrontarsi apertamente con se stessi senza determinare la vittoria di nessuna rappresentazione ideale.
“Totemica” e “Ruggine” coreografia/scene Manfredi/Perego, danza Chiara Montalbani, musiche originali Paolo Codognola, disegno luci Ornella Banfi. Produzione MP. Ideograms, TIR Danza. A Cattolica, Salone Snaporaz, il 4 dicembre, nell’ambito di E’bal – Palcoscenici per la danza contemporanea; il 16 dicembre all’Auditorium Comunale di Polistena (RC),nell’ambito di RAMIFICAZIONI Festival.
È PERICOLOSO SPORGERSI
Il 7 dicembre dalle ore 18 alle 20 debutta ai Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia “È pericoloso sporgersi”, la nuova e sorprendente produzione di Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto e coprodotta da Fondazione Palazzo Magnani, fruibile soltanto con i visori di realtà virtuale. La coreografia e la regia sono di Francesca Lattuada, che parte dalla memoria storica di alcune sale del Museo di storia della psichiatria e si appoggia sulla capacità della straordinaria contorsionista Lise Pauton di forzare, quasi distorcere, la percezione del reale. Lo spettatore vivrà così un’immersione in un mondo in cui tutti i riferimenti abituali sono svaniti. Un po’ come poteva accadere agli ospiti del Padiglione Lombroso. L’opera è creata in occasione del cartellone Identità inquieta, un grande lavoro corale della città di Reggio Emilia che coinvolge istituzioni e organizzazioni della vita sociale, educativa e culturale, con l’intento di offrire un ricco e variegato calendario di eventi culturali per mostrare visioni sulle infinite sfumature dell’identità.
IL VIVALDI DI SPELLBOUND CONTEMPORARY BALLET
Al centro di “Vivaldiana”, il nuovo spettacolo di Spellbound, c’è una parziale rielaborazione dell’universo di Vivaldi integrandolo con alcune caratteristiche della sua personalità di ribelle fuori dagli schemi. Da questa suggestione è partito il coreografo Mauro Astolfi per tradurre in movimento alcune creazioni di Vivaldi e raccontarne il talento e la capacità di reinventare, nella sua epoca, la musica barocca. Musicista immerso in un contesto dominato dalla razionalità, Vivaldi si è distinto per la piena consapevolezza di andare oltre i limiti del proprio tempo e la noncuranza a muoversi contro corrente.
Da qui l’idea di Astolfi di rielaborare la sua architettura musicale cercando di restituire alla sua opera caratteristiche di unicità, quelle opere che forniscono un’insuperabile fonte di ispirazione per dare forma a una ricerca in danza che accosti armoniosamente gli aspetti artistici alle declinazioni umane più istrioniche e talvolta folli del “prete rosso”, il primo musicista a comporre col preciso intento di stimolare il gusto del pubblico e non di assecondarlo.
“Vivaldiana”, coreografie Mauro Astolfi, interpreti Maria Cossu, Mario Laterza, Giuliana Mele, Mateo Mirdita, Lorenzo Capozzi, Miriam Raffone, Anita Bonavida, Alessandro Piergentili, musiche Antonio Vivaldi, disegno luci & Set Concept Marco Policastro, costumi Melanie Planchard. Una coproduzione internazionale tra Spellbound, Les Theatres de la Ville de Luxembourg, Orchestre de Chambre de Luxembourg. A Roma, Teatro Vascello, dal 6 all’11 dicembre.
NEL VORTICE DI BERMUDAS
Un sistema di movimento basato su regole semplici e rigorose che producono un moto perpetuo, adottabile da ogni performer come una condizione per esistere accanto agli altri e costruire un mondo ritmicamente condiviso. Ispirato dalle teorie del caos, il lavoro della compagnia mk diretta da Michele Di Stefano, tende alla costruzione di un luogo carico di tensione relazionale, un campo energetico molto intenso (a cui il nome Bermudas fa ironicamente riferimento) attraversato da una spinta alla comunicazione immediata, necessaria per generare uno spazio sempre accessibile a qualunque nuovo ingresso.
“Bermudas”, di Michele Di Stefano / mk, cast variabile con Philippe Barbut, Biagio Caravano, Marta Ciappina, Andrea Dionisi, Sebastiano Geronimo, Luciano Ariel Lanza, Giovanni Leone, Flora Orciari, Laura Scarpini, Francesco Saverio Cavaliere, Francesca Ugolini ideazione e coreografia Michele Di Stefano, musica Kaitlyn Aurelia Smith, Juan Atkins/Moritz Von Oswald, Underworld luci Giulia Broggi in collaborazione con Cosimo Maggini. Coproduzione mk e Bolzano Danza/Tanz Bozen. A Perugia, Teatro Morlacchi, il 7 dicembre.
LO SCHIACCIANOCI DI CANNITO
Nella versione coreografica di Luciano Cannito, del celebre balletto “Lo Schiaccianoci”, basato sulla famosissima favola “Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi” di Ernst T.A. Hoffmann, un ruolo determinante lo ha il misterioso Drosselmeyer, qui interpretato dal danzatore caratterista, già primo ballerino del Teatro dell’Opera di Roma, Manuel Paruccini. Drosselmeyer colpito dalla generosità della piccola Clara, decide di regalarle nella notte di Natale un sogno meraviglioso nel mondo delle favole, facendola guidare dal Principe Schiaccianoci e dalla Fata Confetto in un regno fatato di giocattoli che diventano figure animate, principi e principesse di tutte le nazioni.
«Ci tengo a sottolineare – racconta Luciano Cannito – la lettura più onirica che ho preferito dare a questa mia edizione. La figura di Drosselmeyer, infatti, di solito alquanto nebulosa e in qualche modo inquietante, è qui rappresentata come un elegante personaggio dalle magiche proprietà; una specie di angelo custode di hollywoodiana memoria. Tutta la storia del balletto si muoverà intorno a un atto di generosità e purezza infantile che la piccola Clara avrà nei confronti di un vecchio mendicante infreddolito, ignorato da tutti durante la notte di Natale, al quale vorrà donare un piccolo dono di Natale».
Accanto al corpo di ballo e ai danzatori solisti di Roma City Ballet Company, si alterneranno nelle recite i primi ballerini del Teatro dell’Opera di Dresda Kanako Fujimoto e Denis Veginy, e i primi ballerini del Teatro dell’Opera di Berlino Yolanda Correa e Dinu Tamazlacaru.
“Lo Schiaccianoci”, musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij, regia e coreografia Luciano Cannito, costumi Giusi Giustino, scene Italo Grassi. Produzione di Fabrizio Fiore Entertainment per Roma City Ballet Company. A Roma, Teatro Olimpico per la stagione dell’Accademia Filarmonica Romana, dall’8 all’11 dicembre.
CINQUE DANZE PER IL FUTURO
«Se c’è qualcosa che vorrei trovare nel futuro è la danza, una danza come sistema di relazioni, di trasformazione e di scoperta, che continua a superare i suoi stessi confini per creare immaginari e paesaggi inediti». Con Cinque danze per il futuro il danzatore e coreografo Davide Valrosso costruisce un organismo scenico in cui si ibridano danze e concerto. Cinque quadri, cinque proposte coreografiche per il futuro. In ogni quadro un danzatore e un musicista agiscono dal vivo, attraversando tematiche in proiezione, altri tempi a venire e combinando di volta in volta un diverso sistema di relazioni. Si nutre delle particolarità di ognuno degli interpreti, che uniti portano in scena il proprio bagaglio di elementi necessari per il futuro.
“Cinque danze per il futuro”, concept Davide Valrosso, con Davide Valrosso e Daniele Gherrino, musiche originali Daniele Gherrino. Produzione NINA, coproduzione ADH – Anghiari Dance Hub e Körper, con il sostegno di a.ArtistiAssociati, C.I.M.D, PARC Performing Arts Research Centre, in collaborazione con Fuori Programma Festival/Teatro Biblioteca Quarticciolo. Teatro Mengoni di Magione, il 9 dicembre.