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“L’Arte Inquieta. L’urgenza della creazione” alla Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia
Mostre
Dentro la Fondazione Palazzo Magnani, dipinti, sculture, disegni, grafiche e libri d’artista si articolano in stanze tematiche caratterizzando “L’Arte Inquieta. L’urgenza della creazione” nelle sembianze di un percorso espositivo che esplora il tema dell’identità, un’identità inquieta che interroga il nostro tempo.
«Nella cancellazione dei confini netti tra normalità e malattia, corretto ed errato, fragilità e forza, interno ed esterno, nella porosità di linguaggi che lascia spazio alla contaminazione e alle razionalità “altre”, possiamo riconoscere alcune delle poetiche fondative del Novecento ma che ancora oggi parlano all’uomo contemporaneo.» scrive Gianpiero Grotti, Presidente Fondazione Palazzo Magnani.
Inquieti siamo e incerto è il nostro tempo, così da risuonare forte e sempre attuale l’interrogativo di Goethe «Non deriva la nostra inquietudine da un’intima coscienza della nostra indegnità, da uno scontento di noi stessi, che sempre si collega con l’invidia e con una pazza vanità?». L’identità non è più e non è soltanto frutto di un processo di co-definizione con la realtà circostante. Il suo carattere personale si è fatto relazionale, complicandosi, manifestandosi come un tutto coerente, dotato di qualità che le singole componenti non hanno, pur non essendo possibile definirne una localizzazione di materia nello spazio e nel tempo.
“L’Arte Inquieta. L’urgenza della creazione” sembra per un istante non farci sentire l’obbligo di dar corpo all’idea di un sé come processo. Perché le opere in mostra ci si offrono come forti metafore di quello che è un’identità inquieta come la nostra: un tutto coerente che non si trova da alcuna parte e che tuttavia può fornire occasioni di conoscenza. Lavori di Carla Accardi, Alighiero Boetti, Jean Dubuffet, Max Ernst, Alberto Giacometti, Keith Haring, Emilio Isgrò, Paul Klee, Anselm Kiefer, Maria Lai, Antonio Ligabue, Zoran Music, Emil Nolde, Joškin Silian, Yves Tanguy, Cesare Zavattini, insieme a maestri e poetiche che hanno percorso sentieri non battuti, oltre che a magnifici solitari dell’art brut e dell’Archivio del San Lazzaro di Reggio Emilia, non costituiscono qui solo un’occasione estetica ma un’esperienza vivente, capace di vivificare processi relazionali e identitari.
Il percorso espositivo è stato pensato per stanze tematiche. Inizia e finisce con quella sentinella dorata e totemica che pare vegliare dal fondo un orizzonte remoto. È la “Grande femme debout” di Alberto Giacometti, che ci osserva come un’imponente identità che attraversa il tempo. Ci si addentra con “Volto Metaforico”, inteso come ritratto del sé che non rifiuta di indagare il proprio essere più intimo, oltre la reale fisiognomica, verso colori e somiglianze altre. Si prosegue con “Serialità, ossessioni, monologhi interiori”, anima profonda di ogni avventura artistica, dell’urgenza creativa che vive di un rapporto estenuante con i linguaggi e la materia. Le opere raccontano come la ripetizione nelle sue varie forme individui la ricerca di immagini preminenti, talvolta all’interno di sistemi simbolici nei quali la magia del segno è dominata dall’ossessione del numero e del vuoto. Un mondo che risuona simultaneo, producendo un’esperienza per certi versi simile a quel processo di condensazione descritto da Sigmund Freud a proposito del sogno. Il segno identitario raddoppia, batte un ritmo, si moltiplica fino a diventare labirintico e tribale. E si conclude con “Cartografie, mappe e mondi visionari”, che riunisce opere in cui la cartografia artistica del Novecento e dell’età contemporanea rende visibile un repertorio di ideologie, di visioni del mondo, di concezioni spaziali nati da bisogni d’espressione radicati in mitologie private e in riti collettivi.
La mostra, visitabile fino al 12 marzo 2023, è espressione di un progetto sociale cui la Fondazione Palazzo Magnani ha dato vita insieme alla città di Reggio Emilia e apice di “Identità Inquieta”, il cartellone di iniziative culturali, mostre, eventi e appuntamenti, promosso da Comune di Reggio Emilia, Fondazione Palazzo Magnani e Farmacie Comunali Riunite, in cui tutte le istituzioni cittadine dialogano con l’obiettivo comune di riflettere sul tema dell’identità sociale, educativa e culturale della città a partire dalle domande che con urgenza emergono dai contesti più fragili e inattesi.
L’identità umana non è qualcosa di dato, né di realizzato una volta per tutte, ma è un divenire del sé, che conosce momenti di crigine, di crescita e anche di decrescita.
«É stato cancellato tutto il possibile, forse, ma avendo trasformato la Cancellatura in un ‘mattoncino’ nero da costruzione non resta che costruire.». Identità e relazioni, possiamo dire facendo eco a Emilio Isgrò.