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“People and other creatures: Jaan Toomik”: intervista al curatore Raffaele Quattrone
Personaggi
La personale di Jaan Toomik, alla Galleria Artra, con la curatela di Raffaele Quattrone è stata una delle personali più interessanti in galleria di questa stagione. Centrale della ricerca dell’artista è la visione metafisica e sciamanica del mondo. Il suo lavoro, per lo più poetico e autobiografico, si concentra su temi eterni come: la religione e la spiritualità, la vita e la morte, i processi ciclici della natura e l’esistenza con i suoi limiti. Tutta l’opera di Toomik è contraddistinta da una forte autoironia, che in questo caso viene ricondotta all’età, ai giochi di potere, all’egoismo dell’uomo a quello “stato di natura” che provoca il conflitto tra gli uomini. Ne abbiamo parlato con il curatore Quattrone.
Jaan Toomik è uno degli artisti estoni più conosciuti a livello internazionale. Il suo lavoro è stato esposto in Italia in diverse occasioni: La Biennale di Venezia del 2003, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (2003 e 2008), “Instant Europe” a Villa Manin e “Progressive Nostalgia” al Museo Pecci. L’attività artistica e la sua ricerca sembrano rappresentare perfettamente il viaggio esistenziale ed iniziatico dell’uomo. Vuoi parlarcene?
Ho avuto il grande piacere di conoscere Jaan Toomik grazie alla Galleria Artra, un lavoro per lo più poetico naturalistico e autobiografico, che si concentra su temi eterni come la vita e la morte, la religione e la spiritualità, che legano il corpo umano ai processi ciclici in natura. Preparandomi a questa mostra ho raccolto diverso materiale su Toomik e man mano che mi documentavo sulla sua attività artistica questa mi sembrava un viaggio che mi ha ricordato quello di Dante che dall’Inferno risale verso il Paradiso. Un viaggio che rappresenta il cammino nella vita di ogni uomo. Un viaggio autobiografico nel quale possiamo riconoscerci e che ci porta a guardare nella nostra intimità, nel profondo del nostro animo, nella selva scura nella quale ci siamo persi e ci sentiamo soli, nella ricerca di una guida, nella ricerca dell’altro.
Puoi introdurci come fosse strutturata la personale?
La mostra comprendeva alcuni dipinti, alcuni realizzati proprio per l’occasione, una scultura ed una serie di video opere per le quali Toomik è particolarmente conosciuto. I dipinti realizzati per l’occasione riflettevano sul cambiamento climatico: abbiamo un aggrovigliamento accidentale di insetti in volo, che se lo guardiamo con occhi diversi diventa anche uno scenario di morte, dove gli insetti sembrano spiaccicati sulla tela. Il colore è un giallo brillante che è sì decorativo ma attira l’attenzione, ci dice che dobbiamo prestare attenzione, che c’è qualcosa di importante, che sta succedendo qualcosa di importante al nostro pianeta e quindi a noi, che noi stiamo facendo qualcosa le cui conseguenze sono importanti per il futuro di tutti noi. C’è un drammatico calo del numero e della diversità degli insetti. Le cause sono molte, la maggior parte di origine umana, come nel caso dell’impatto dell’inquinamento luminoso sulle lucciole o dei fertilizzanti sulle farfalle, o dell’avanzare dell’urbanizzazione, della deforestazione e, soprattutto, del cambiamento dell’utilizzo dei suoli e del cambiamento climatico. Un altro corpo di lavori in mostra allude all’egoismo umano, per il quale gli uomini si combattono l’un l’altro per sopravvivere. E da Caino ed Abele all’attuale guerra tra Russia ed Ucraina la storia è infinita. In questa serie realizzata con bombolette spray che accentuano l’espressività dell’azione, l’intensità, la passionalità, l’istinto, ci sono degli uomini (il “potere maschile”) che lottano tra di loro e questa lotta diventa anche “virale” grazie alla condivisione sui social media (in uno dei dipinti un terso uomo riprende la scena con un cellulare). Molto particolare era anche il video ricollegabile sempre a questa serie dove si vede l’artista lottare con un altro uomo, nudi nella neve.
Un’opera in particolare che ha colpito i visitatori (ed i collezionisti)?
Un’opera che non ho citato prima è “Ritual” che raffigura un atto notturno effettuato da un personaggio assonnato il cui corpo lievita mentre svolge un bisogno fisiologico. Quando si raggiunge una certa età, una certa maturità ci sono azioni inevitabili, che non possono più essere ignorate. Siamo effettivamente noi stessi, con i nostri pregi e difetti, non dobbiamo conquistare più nulla, siamo appagati e per questo non abbiamo limiti, non vogliamo più rimandare qualcosa a domani, non abbiamo più timore di dire realmente quello che pensiamo, di fare quello che vogliamo e viviamo quello che sarebbe naturale vivere come dovrebbe essere vissuto, cioè come un rituale. C’è in tutta l’opera di Toomik una particolare ironia che in questo caso viene ricondotta all’età.
In che modo noi curatori possiamo supportare gli artisti, creare un mondo dell’arte più equo e promuovere la crescita sociale all’interno del sistema?
Ho sempre pensato che il lavoro del curatore debba essere a servizio dell’artista. E’ necessario curare le relazioni con il pubblico, i collezionisti ed i galleristi, supportarne la comunicazione. Gli artisti hanno bisogno del curatore per questi aspetti, in quanto primo pubblico, primo interlocutore, primo confronto e questo legame, artista-curatore, deve essere un legame che si protrae nel tempo, un legame duraturo che non si esaurisce dopo una mostra. Deve essere un rapporto di fiducia reciproca, di lealtà, se vuoi di amicizia. Che questo poi porti ad una crescita sociale nel/del sistema non lo so. E’ una visione, se vuoi romantica, se vuoi ingenua, però vera delle relazioni. Abbiamo bisogno di relazioni vere e concrete nel mondo dell’arte così come nella vita di tutti i giorni.