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La Galleria 28 Piazza di Pietra, a Roma, ospita fino al 3 gennaio 2023 “Epimeteo”, la personale di Marco Ercoli, a cura della storica dell’arte Giorgia Basili. Il progetto pittorico si compone di 28 oli su tela, la maggior parte inediti, che ruotano attorno al nodo del tempo, come lancette dinamiche di un orologio immobile. La mostra, allestita su due piani, è una riflessione sulla natura e sulla “tragedia connessa alla vita”, come spiega Ercoli, in cui il concetto di assurdo si mescola a quello di limite.
I momenti topici della giornata, come nell’opera Un quarto a mezzogiorno e Crepuscolo (2022), sono colti nelle loro mutevolezze tonali, che sembrano riappropriarsi di uno spazio vitale preso in prestito. La consistenza dei materiali, chiave allegorica dell’esposizione, manifesta il simbolismo atipico di Ercoli e impersonifica una dimensione di caducità, che guarda alla prospettiva della Grecia Antica e che cita il Memento Mori. Il miele viscoso diventa fiamma viva su una cortina di foglie, a contrapporre apoteosi ed estasi. Il cielo plumbeo, costellato da stelle gonfiabili, sembra gravitare verso il basso, come a richiedere “che se ne esca o che vi si rimanga”, citando il Sisifo di Albert Camus (Dréan, 1913 – Villeblevin, 1960).
Busti marmorei si sciolgono come cera al sole, in una metamorfosi irreversibile; giardini ideali diventano soffocanti foreste di cactus, in cui appare impossibile il riparo dagli aguzzi assilli della quotidianità. Se non un elmo bucato, come unica protezione, più simile a un oggetto industriale, un’arma anche quella dei tempi moderni da cui l’artista-titano non riesce a difendersi, se non con la pittura.
«Cosa rappresenta quindi Epimeteo?», si domanda Giorgia Basili nel testo critico del catalogo in mostra. Un guerriero che riflette sull’illusione e sulla tirannia di Crono, il dio che mitologicamente determina e scandisce il vissuto. Un “alter ego” dell’artista, quello di Epimeteo, che si contrappone alla figura dell’imperatore Caligola, il suo contrario per vizio e contraddizione. Parlando di contrasto, esemplificativa è l’opera Kronos (2022), il cui baricentro è la clessidra che suggerisce una contrapposizione visiva tra donna-soldato agente e uomo-meditativo sfuggente; tra lupo e orso, l’uno animale da branco, l’altro solitario.
Tale condizione di solitudine si riflette, in un piano a parte dedicato, su una serie di ritratti dalle piccole dimensioni, in dialogo con alcuni dei resti archeologici di Piazza di Pietra. I volti anonimi, raffigurati frontali, interiori, ieratici, distanti, stimolano il fruitore alla perlustrazione visiva e all’operazione maieutica dell’immagine, per un momento introspettivo che supporta l’estroflessione, l’inesauribile ricerca del sé.