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Ilaria Leganza – Case e case, lo spazio dell’uomo
Le opere di Ilaria Leganza sono come affascinanti misteri da scoprire aldilà del dato figurativo, vere e proprie sciarade ricche di dettagli, che suggeriscono all’osservatore uno straordinario viaggio che da reale ed urbano diventa d’introspezione, nella dimensione rarefatta della nostra coscienza.
Comunicato stampa
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“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” (Marcel Proust)
Da sempre oggetto di un fascino indagatorio, il viaggio ha dato vita a plurime visioni nell’immaginario umano. Questo perché l’uomo è in realtà naturalmente e perennemente in “transito”, attraverso spazi e stagioni della vita, in un continuo avvicendarsi di congedi e nuovi inizi. Nelle vesti di una viaggiatrice urbana, Ilaria Leganza si avventura quindi tra i meandri dell’esistenza dell’uomo contemporaneo e fa dell’iconografia architettonica e degli spazi urbani, il centro della propria riflessione critica ed artistica. Pittrice di origine pugliese, Ilaria Leganza si dedica con passione e dedizione all’esercizio dell’arte. Formatasi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, consolida la propria tecnica attraverso lo studio costante e la sperimentazione di medium differenti. Contestualmente all’attività artistica, gli ultimi anni hanno visto l’artista impegnata in fruttuose collaborazioni con alcune case editrici per l’illustrazione di libri per adulti e bambini e nella didattica dell’arte, come progettista. L’intensa pratica e le diverse esperienze portano dunque alla definizione di una cifra stilistica colta e ben definita, ma mai rigida o stereotipata poiché risulta sempre arricchita da una innata sensibilità e profondità d’animo. Ilaria Leganza dà vita a composizioni originali, sorprendentemente stranianti ed accattivanti, dal registro sdrucciolevole e cangiante. Nelle sue visioni artistiche prendono infatti forma luoghi dalle architetture complesse e dalle atmosfere sospese che germogliano sotto la spinta di un rigore costruttivo ed edificatorio. Un linguaggio pittorico quindi, dove la grande padronanza dei mezzi tecnici non scade mai in un semplice sfoggio di virtuosismi prospettici e compositivi, ma diventa puro viatico per dar origine ad un universo fatto di gabbie prospettiche serrate ed asettiche che accolgono rare presenze umane. Le architetture dell’artista pugliese rinunciano ad ogni capriccio estetico, in favore di una raffinatissima operazione di sottrazione che esalta una volumetria semplice, ma al tempo stesso incombente, la cui grandiosità è spesso accentuata dall’uso di tinte scure e terrose. La potente struttura dei palazzi, simili a cattedrali laiche, esprime un'energia costruttiva che contrasta l'asprezza dell'immagine, diventando il segno da un lato della persistenza della materia, dall'altro della
ritrovata capacità di costruire la forma. È, anzi, l'emblema stesso del costruire, nel senso più ampio del termine: un costruire sentito come un imperativo categorico, come un compito etico. Nelle sue opere le diverse ascendenze ed il “richiamo” ad altri artisti diventa non una citazione, ma piuttosto una continuità creativa, la quale non può che generarsi sulla somma e sulla metabolizzazione organica dei linguaggi forti della storia dell’arte. L’artista accoglie e rielabora in maniera estremamente personale ed originale suggestioni differenti, come lo spaesamento delle periferie urbane di Sironi¸ oppure l’immobile chiarezza delle forme metafisiche di De Chirico o la lucida e quasi impersonale oggettività del realismo americano; mentre nelle linee ardite, come negli slanci intrisi di una prorompente energia interiore, vi possiamo leggere una audace traduzione pittorica dei progetti costruttivisti dell’avanguardia russa. La pulsione creativa si nutre quindi di attenti riferimenti e stimoli differenti, in una ricerca ininterrotta che porta a stesure ora metafisiche, ora surreali di grande fascino. In queste atmosfere permeate da un senso di vastità, di smarrimento e, nel contempo, di grande liricità, l’artista inserisce esili figure découpe che ora immobili, ora attonite ed ora invece in bilico precario su sottili fili sospesi, diventano emblema di una umanità che sembra non essere più padrona del proprio spazio e del proprio tempo. Questo effetto di straniamento e di incomunicabilità relazionale non è solo alluso o simbolicamente evocato, ma diventa concreto ed evidente anche nell’utilizzo di media differenti; è il caso degli inserimenti di papiers collés per le silhouette umane che creano un forte contrasto, una distonia che però non intacca mai l’eleganza formale e compositiva dell’opera. Quelli di Ilaria Leganza non sono dunque semplici spazi urbani ideali, ma un vero e proprio osservatorio sulla realtà contemporanea. Con determinazione e con una analitica lucidità che rispecchia il nitore delle sue fabbriche architettoniche, l’artista denuncia infatti le drammatiche conseguenze di una imperante globalizzazione che, tra le accelerazioni ipertecnologiche e ed il consumismo di una cultura sempre meno ecosostenibile, ha spinto irrimediabilmente la società nella “selva oscura” di un interminabile presente distopico. Le atmosfere rarefatte ed essenzialmente spiazzanti, gli spazi inospitali dalle architetture scarne ed incombenti, accentuate da una cromia ridotta a tonalità neutre o a palette di terra e fumose, esprimono pienamente la desolazione di una modernità che sembra negare ogni forma di dignità dell’essere. In un mondo che l’uomo si illude di aver creato lui stesso e di aver plasmato a suo piacimento, per paradosso, ne diventa così l’intruso, l’ospite indesiderato.
Se è vero che l’inadeguatezza che si percepisce rende questi spazi metropolitani difficilmente attraversabili, è altresì vero che le reti sospese nei dipinti possono trasformarsi in relazioni trasversali capaci di aprire nuovi ponti semantici, di stimolare nuovi movimenti e ricollocazioni. Le cose sospese sono infatti per loro natura “dinamicamente instabili”: per evitare la caduta nel vuoto ci inducono a muoverci, seguendo traiettorie nuove ed inaspettate, appartenenti non più al registro della realtà fisica, ma a quello di un mondo trascendente. In una metafisica che “tange sempre di più l’abitare lo spaesamento” (Chiara Torrente, 2015), gli unici percorsi possibili e che garantiscono un riscatto, diventano dunque quelli interiori e non più quelli interni degli spazi urbani. Le opere di Ilaria Leganza sono come affascinanti misteri da scoprire aldilà del dato figurativo, vere e proprie sciarade ricche di dettagli, che suggeriscono all’osservatore uno straordinario viaggio, un viaggio che da reale ed urbano diventa d’introspezione, all’interno della dimensione rarefatta della nostra coscienza; un viaggio che ci conduce fuori della “natural burella” infernale degli inganni dell’omologazione ed alienazione, per riuscire nuovamente a “riveder le stelle” oltre quei fili tesi di desideri inespressi e di destini insoluti.
Da sempre oggetto di un fascino indagatorio, il viaggio ha dato vita a plurime visioni nell’immaginario umano. Questo perché l’uomo è in realtà naturalmente e perennemente in “transito”, attraverso spazi e stagioni della vita, in un continuo avvicendarsi di congedi e nuovi inizi. Nelle vesti di una viaggiatrice urbana, Ilaria Leganza si avventura quindi tra i meandri dell’esistenza dell’uomo contemporaneo e fa dell’iconografia architettonica e degli spazi urbani, il centro della propria riflessione critica ed artistica. Pittrice di origine pugliese, Ilaria Leganza si dedica con passione e dedizione all’esercizio dell’arte. Formatasi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, consolida la propria tecnica attraverso lo studio costante e la sperimentazione di medium differenti. Contestualmente all’attività artistica, gli ultimi anni hanno visto l’artista impegnata in fruttuose collaborazioni con alcune case editrici per l’illustrazione di libri per adulti e bambini e nella didattica dell’arte, come progettista. L’intensa pratica e le diverse esperienze portano dunque alla definizione di una cifra stilistica colta e ben definita, ma mai rigida o stereotipata poiché risulta sempre arricchita da una innata sensibilità e profondità d’animo. Ilaria Leganza dà vita a composizioni originali, sorprendentemente stranianti ed accattivanti, dal registro sdrucciolevole e cangiante. Nelle sue visioni artistiche prendono infatti forma luoghi dalle architetture complesse e dalle atmosfere sospese che germogliano sotto la spinta di un rigore costruttivo ed edificatorio. Un linguaggio pittorico quindi, dove la grande padronanza dei mezzi tecnici non scade mai in un semplice sfoggio di virtuosismi prospettici e compositivi, ma diventa puro viatico per dar origine ad un universo fatto di gabbie prospettiche serrate ed asettiche che accolgono rare presenze umane. Le architetture dell’artista pugliese rinunciano ad ogni capriccio estetico, in favore di una raffinatissima operazione di sottrazione che esalta una volumetria semplice, ma al tempo stesso incombente, la cui grandiosità è spesso accentuata dall’uso di tinte scure e terrose. La potente struttura dei palazzi, simili a cattedrali laiche, esprime un'energia costruttiva che contrasta l'asprezza dell'immagine, diventando il segno da un lato della persistenza della materia, dall'altro della
ritrovata capacità di costruire la forma. È, anzi, l'emblema stesso del costruire, nel senso più ampio del termine: un costruire sentito come un imperativo categorico, come un compito etico. Nelle sue opere le diverse ascendenze ed il “richiamo” ad altri artisti diventa non una citazione, ma piuttosto una continuità creativa, la quale non può che generarsi sulla somma e sulla metabolizzazione organica dei linguaggi forti della storia dell’arte. L’artista accoglie e rielabora in maniera estremamente personale ed originale suggestioni differenti, come lo spaesamento delle periferie urbane di Sironi¸ oppure l’immobile chiarezza delle forme metafisiche di De Chirico o la lucida e quasi impersonale oggettività del realismo americano; mentre nelle linee ardite, come negli slanci intrisi di una prorompente energia interiore, vi possiamo leggere una audace traduzione pittorica dei progetti costruttivisti dell’avanguardia russa. La pulsione creativa si nutre quindi di attenti riferimenti e stimoli differenti, in una ricerca ininterrotta che porta a stesure ora metafisiche, ora surreali di grande fascino. In queste atmosfere permeate da un senso di vastità, di smarrimento e, nel contempo, di grande liricità, l’artista inserisce esili figure découpe che ora immobili, ora attonite ed ora invece in bilico precario su sottili fili sospesi, diventano emblema di una umanità che sembra non essere più padrona del proprio spazio e del proprio tempo. Questo effetto di straniamento e di incomunicabilità relazionale non è solo alluso o simbolicamente evocato, ma diventa concreto ed evidente anche nell’utilizzo di media differenti; è il caso degli inserimenti di papiers collés per le silhouette umane che creano un forte contrasto, una distonia che però non intacca mai l’eleganza formale e compositiva dell’opera. Quelli di Ilaria Leganza non sono dunque semplici spazi urbani ideali, ma un vero e proprio osservatorio sulla realtà contemporanea. Con determinazione e con una analitica lucidità che rispecchia il nitore delle sue fabbriche architettoniche, l’artista denuncia infatti le drammatiche conseguenze di una imperante globalizzazione che, tra le accelerazioni ipertecnologiche e ed il consumismo di una cultura sempre meno ecosostenibile, ha spinto irrimediabilmente la società nella “selva oscura” di un interminabile presente distopico. Le atmosfere rarefatte ed essenzialmente spiazzanti, gli spazi inospitali dalle architetture scarne ed incombenti, accentuate da una cromia ridotta a tonalità neutre o a palette di terra e fumose, esprimono pienamente la desolazione di una modernità che sembra negare ogni forma di dignità dell’essere. In un mondo che l’uomo si illude di aver creato lui stesso e di aver plasmato a suo piacimento, per paradosso, ne diventa così l’intruso, l’ospite indesiderato.
Se è vero che l’inadeguatezza che si percepisce rende questi spazi metropolitani difficilmente attraversabili, è altresì vero che le reti sospese nei dipinti possono trasformarsi in relazioni trasversali capaci di aprire nuovi ponti semantici, di stimolare nuovi movimenti e ricollocazioni. Le cose sospese sono infatti per loro natura “dinamicamente instabili”: per evitare la caduta nel vuoto ci inducono a muoverci, seguendo traiettorie nuove ed inaspettate, appartenenti non più al registro della realtà fisica, ma a quello di un mondo trascendente. In una metafisica che “tange sempre di più l’abitare lo spaesamento” (Chiara Torrente, 2015), gli unici percorsi possibili e che garantiscono un riscatto, diventano dunque quelli interiori e non più quelli interni degli spazi urbani. Le opere di Ilaria Leganza sono come affascinanti misteri da scoprire aldilà del dato figurativo, vere e proprie sciarade ricche di dettagli, che suggeriscono all’osservatore uno straordinario viaggio, un viaggio che da reale ed urbano diventa d’introspezione, all’interno della dimensione rarefatta della nostra coscienza; un viaggio che ci conduce fuori della “natural burella” infernale degli inganni dell’omologazione ed alienazione, per riuscire nuovamente a “riveder le stelle” oltre quei fili tesi di desideri inespressi e di destini insoluti.
11
gennaio 2023
Ilaria Leganza – Case e case, lo spazio dell’uomo
Dall'undici gennaio all'undici febbraio 2023
arte contemporanea
Location
BIBLIOTECA SAN GIORGIO
Pistoia, Via Sandro Pertini, (Pistoia)
Pistoia, Via Sandro Pertini, (Pistoia)
Orario di apertura
Lunedì 14-19; da martedì a sabato 9-19
Sito web
Autore
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