01 febbraio 2023

Le nuove tecnologie al servizio del patrimonio culturale. Intervista a Massimiliano Zane

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Progettista Culturale e Consulente in Economia della Cultura, Massimiliano Zane ha pubblicato il suo ultimo libro Breve guida. La valorizzazione culturale 4.0. Le tecnologie cross-mediali al servizio del patrimonio culturale, un'analisi del rapporto tra new media e sistema della cultura. A che punto siamo in Italia e nel mondo?

Mori Building Contemporary Digital Art Museum a Tokyo

Oggi il nostro patrimonio culturale non è più costituito solo da un insieme di oggetti d’arte ma diviene elemento sociale, utile tanto alla crescita culturale e all’integrazione di una comunità con il suo territorio quanto a favorire sviluppo economico locale generando occupazione e favorendo opportunità imprenditoriali. Stiamo assistendo a un complesso lavoro di ri-progettazione che, unito alla diffusione delle tecnologie, ha spinto i luoghi della cultura a razionalizzare e funzionalizzare sia i propri spazi fisici, che le modalità di condivisione dei propri contenuti culturali. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Zane, autore di Breve guida. La valorizzazione culturale 4.0. Le tecnologie cross-mediali al servizio del patrimonio culturale.

In che modo lo sviluppo digitale sta influenzando il mondo della cultura?

«Le variazioni interpretative dell’idea stessa di Patrimonio culturale con cui oggi quotidianamente ci confrontiamo, da addetti ai lavori, ma anche da semplici appassionati o fruitori occasionali, rendono particolarmente evidente la complessa evoluzione in materia di contatto, diffusione, divulgazione, narrazione del patrimonio e quindi della sua valorizzazione. Un principio sempre più rivolto a considerare il “valore” di qualcosa, secondo la volontà di “farlo valere di più” (e non solo economicamente), quindi renderlo più manifesto, più conosciuto. Ciò implica, innanzitutto, il riconoscimento di un contesto, di relazioni, di dialogo, quindi della comprensione di bisogni ed aspettative che richiedono di esser soddisfatte secondo differenti modalità a differenti livelli di accessibilità. Tale complessità trova riscontro anche nel contesto sociale e culturale in cui la diffusione delle nuove tecnologie si configura, al contempo, come causa ed effetto di buona parte di questa evoluzione, favorendo un profondo cambiamento nella comune percezione del patrimonio e delle modalità richieste dalla società per la sua fruizione. Partendo dal principio secondo cui l’innovazione è un fatto culturale, prima ancora che tecnologico, oggi come non mai occorre sostenere la maturazione di una consapevolezza nuova rispetto alla relazione tra digitale e cultura.»

Fruibilità, riconoscibilità, accessibilità, valorizzazione e tutela sono alcune delle parole chiave legate al nostro patrimonio. Quali sono le opportunità offerte dal digitale e dalle nuove ICT?

«Digitalmente parlando di cultura e musei la parentesi che si apre è ampia e inizia dall’evoluzione dei contesti sociali, del quadro normativo e degli strumenti tecnologici a supporto della fruizione e dell’accessibilità al patrimonio culturale. Non si tratta solo di comunicazione e social media ma parliamo anche di tecnologie strutturali e strumentali: trasposizione in digitale delle collezioni e del materiale bibliografico d’archivio; o della messa a sistema dei supporti online, come i siti internet, e della ridefinizione degli standard dei servizi offerti, ad esempio e-commerce e bigliettazioni; di comunicazione di contatto e fruizione onsite, con ri-allestimenti che prevedano innesti tecnologici innovativi, come APP o VR, o online, si coi “social” o i virtual tour, ma anche della qualità dei contenuti che propongono.

Quindi: di cosa si sta parlando quando si parla di digitalizzazione dei musei?

Di tutto quanto di cui sopra messo insieme, ecco di cosa si sta parlando. Digitalmente parlando di cultura e musei  il valore aggiunto delle tecnologie per la valorizzazione e la fruizione sta nell’esser parte di una strategia complessiva, non nella semplice somma delle parti. Parlando poi di un elemento cardine della cultura, quello della partecipazione culturale, che ormai risulta discriminante per quanto riguarda l’audience development culturale, centrale diventa padroneggiare un efficace storytelling perchè è proprio dal racconto che nascono “attrattività” e “soddisfazione”, discriminanti fondamentali nell’orientare, tanto positivamente quanto negativamente, il processo di scelta di un museo o una località da visitare. A questo proposito va certamente ricordato come gli strumenti digitali siano in grado di amplificare proprio il valore multi-esperienziale nel patrimonio culturale, fornendo un’integrazione tra contenuti culturali tradizionali e altre esperienze come socializzazione, intrattenimento e apprendimento in cui i visitatori godono di una nuova forma di valore narrativo co-creativo, quindi proprio di soddisfazione.»

E questo comporta un valore aggiuntivo nell’offerta culturale?

«Assolutamente sì, se ben equilibrate. Un progetto di valorizzazione che proponga innesti digitali complessi, che quindi vada oltre l’intrattenimento, la didattica infantile, e che mira a valorizzare nella confluenza di arte, scienza, tecnologia il rapporto tra le proprie e altrui percezioni attraverso la creatività, stimolando abilità e forza espressiva, non può che avere effetti positivi. Intesa in questo modo la digital evolution, in modo complementare le attività in essere oggi, può valorizzare al massimo i processi partecipativi propri dei musei e dei luoghi di cultura, motivando intrinsecamente la visita, favorendo il coinvolgimento e l’insieme del tutto può essere un grande valore aggiunto. Ma chiaramente, intesi altrimenti, solo come mero intrattenimento, allora questi elementi non avranno la benchè minima capacità di innescare processi di sviluppo reali e concreti.

Spiegaci meglio.

In poche parole, va capito che quel che prima era una opportunità oggi è una necessità: il digitale in tutte le sue declinazioni è un nuovo vocabolario con cui il settore deve sapersi confrontare, non migliore né peggiore, ma diverso. Un vocabolario che si rivolge a pubblici diversi, altri, e per abbracciare queste opportunità serve un cambio di passo del settore non più solo auspicato, ma richiesto. Una evoluzione che per compiersi deve iniziare dal rivedere alcuni dei paradigmi propri delle attività di diffusione culturale secondo una nuova interpretazione della relazione tra contenuto e fruitore in chiave partecipativa, anche attraverso un saggio uso di queste nuove “regole di ingaggio”, capaci di compiere non una sostituzione delle metodologie più “classiche” di fruizione e divulgazione, ma di creare vere e proprie nuove esperienze commiste, incrementando le potenzialità dell’innovazione tecnica, ma soprattutto facilitando il compiersi di quella tanto ricercata centralità del pubblico intesa come innovazione sociale. Perché se la trasmissione culturale, negli ultimi anni, si è sempre più fatta narrazione ed esperienza, come tale va interpretata a partire dal contenuto, in cui la tecnologia può e deve essere solo un mezzo e mai il fine, in un processo che i musei devono fare proprio, pena l’esclusione dalla contemporaneità della società di cui sono parte integrante.»

In che modo questo si confronta con l’attualità?

«In questo senso le politiche culturali progettate in questi anni per rendere i siti culturali accessibili a un pubblico più ampio, non sono state capaci di centrare a pieno l’obiettivo. Ciò identifica nell’accrescimento delle occasioni di crescita educativa una delle principali sfide su scala europea da fronteggiare per superare anche le difficolta del settore culturale. Semplificando, il settore culturale dovrà sempre più confrontarsi con un nuovo equilibrio tra domanda e offerta dell’esperienza culturale in cui sarà sempre più l’offerta culturale a creare la domanda.»

Quali sono, a proposito, le criticità?

«In questo panorama connotato da una grande complessità, in costante evoluzione, talvolta i principi sull’uso della tecnologia che determinano la differenza tra “mezzo” e “fine” vengono a confondersi. Ciò può limitare la capacità di adattare in maniera ottimale la propria offerta culturale alle nuove forme di fruibilità e valorizzazione. Occorre innanzitutto una consapevolezza per orientarsi, una consapevolezza che spesso ancora manca. Secondo, serve un complesso lavoro di ri-progettazione che, porti i luoghi della cultura a razionalizzare e funzionalizzare sia i propri spazi fisici, comprese le modalità di condivisione dei propri contenuti culturali, per migliorare le strategie e gli obiettivi della propria organizzazione, rileggendo la propria identità culturale in maniera partecipata e innovativa.»

Che ruolo possono avere i musei in questa dinamica?

«Oggigiorno i musei possono essere considerati come nuovi luoghi di socializzazione attraverso cui promuovere e promulgare conoscenza e apprendimento secondo nuove modalità informative. Ciò è stato reso possibile anche grazie alla contaminazione digitale. Essa ha ridefinito presupposti e modalità dell’esperienza di visita, resa più dinamica e partecipativa, volta ad offrire al visitatore inedite opportunità di sperimentazione e condivisione. L’incremento nella diffusione digitale, inoltre, ha spinto il settore culturale ad apprenderne i nuovi linguaggi così da offrire nuovi percorsi di narrazione che rispondessero alle nascenti necessità di coinvolgimento indicate dal pubblico. Infine, le potenzialità del digitale hanno suggerito nuovi e più efficaci processi strategici per la valorizzazione (anche economica) delle risorse culturali, implementandone il valore aggiunto. Ciò riguarda tanto il potenziale creativo ed espressivo tecnologico, quanto quello collettivo del pubblico. Tuttavia, a questa chiara linea di principio, ancora non segue una compatta prospettiva di rinnovo strumentale del settore. La diffusione degli applicativi digitali in musei e luoghi della cultura risulta essere alquanto disomogenea e comunque tale da non risultare ancora un elemento di valorizzazione pienamente efficace.»

Cosa dovrebbero fare le istituzioni per implementare e arrivare a un equilibrato rapporto cultura e mezzi tecnologici?

«Ad oggi, il modello comune dell’offerta esperienziale e narrativa culturale, in particolar modo per quel che riguarda quella museale italiana (in cui il ruolo educativo, divulgativo e formativo è una caratteristica che va considerata intrinseca nell’identità museale stessa) ancora troppo spesso tende a semplificare l’esperienza culturale secondo una equazione lineare di “entrata, sosta davanti alle opere, uscita”. Un modello che non considera il “valore di attrattività”, ovvero ciò che può fare la differenza nella scelta o meno di accedere ad un museo o di usufruire di una esperienza culturale. Inoltre, il tutto è ancora troppo spesso ancorato ad una modalità sostanzialmente tradizionale, fatta di “osservazione passiva”, da un lato, e molto superficiale dall’altro, dal lato proprio dell’uso degli strumenti.»

Come riassumeresti il rapporto tra tecnologia e narrazione?

«Occorre che il sistema prenda coscienza di questa evoluzione, la padroneggi e non la subisca, sia in termini di conoscenza dei mezzi che dell’uso degli stessi, aggiornando non solo competenze e norme ma anche capacità e culture digitali: perché è interessante notare come se si parla (molto) di strumenti e (poco) di formazione di competenze, nulla si dice sulla formazione di una più articolata “cultura digitale”, propedeutica e fondamentale per l’uso a lungo termine di quegli stessi strumenti. E non è cosa da poco, perché è opportuno distinguere fra competenze digitali e cultura digitale: le competenze digitali sono insiemi di saperi che permettono di procedere a corto raggio e su breve durata, fondamentalmente con un approccio tattico; mentre la cultura digitale rappresenta la capacità di adottare una visione a largo raggio e di lunga durata, con un approccio strategico che usa anche le competenze di cui sopra. Allora, prima che di voler ridefinire e incrementare superficialmente l’offerta culturale nazionale con “effetti speciali”, offerta già sovrabbondante, si potrebbe iniziare proprio da qui: dal ripensare l’idea di accoglienza e progettare nuovi modi e luoghi per una nuova diffusione e accessibilità, aprendo a nuove strategie di valorizzazione.»

Quali sono le realtà museali in Italia che stanno andando in questa direzione?

«La portata di strumenti come la Intelligenza artificiale nei musei, nelle gallerie d’arte, o in archivi e biblioteche, ancora non viene compresa al 100%. Per un algoritmo, ad esempio, è semplice riconoscere elementi visivi o cromatici ricorrenti, associarli a una corrente o a una espressione artistica e creare così collezioni e cataloghi più coerenti. In questo senso va detto che esistono casi virtuosi che si stanno affacciando in questo complesso panorama, spostando gradatamente l’orizzonte verso un maggior impegno attivo e interpretativo delle opportunità/necessità di supporto dell’esperienza di visita, proprio grazie ad una maggior dimestichezza nell’uso delle potenzialità tecnologiche e multimediali.»

Qualche esempio?

«Ad esempio, al Norvegian National Museum, dove sfruttando il machine learning e le reti neurali, sono riusciti ad aggiungere meta-dati ai dipinti delle collezioni con finalità di supporto non solo alla fruizione ma anche a studi e ricerche, raggruppando immagini per somiglianza di motivi, tecnica, composizione e uso del colore, creando un’interfaccia utente per organizzare cataloghi e collezioni rendendole “open” e fruibili e facilitare nuove connessioni non solo all’interno delle stesse collezioni, ma anche con le altre presenti all’interno del museo e di altri istituti. Un altro esempio in questo senso, forse il più spettacolare ed il più compiuto ad oggi, è il Mori Building Contemporary Digital Art Museum a Tokyo. Un “museo” creato dal collettivo teamLab Borderless da 2.198.284 visitatori (più del Museo Van Gogh di Amsterdam), che più di un museo è più un mondo d’arte senza confini; un museo senza mappa che si sviluppa sul principio di pratica collaborativa.»

E in Italia?

«Presso le Collezioni Comunali della Bologna Musei le dinamiche della fruizione in presenza delle opere vengono messe in relazione al contesto attraverso una rete di rilevazione multipla sfruttando il machine learning, le retineurali e tecniche OLAP (On-Line Analytical Processing). Una sperimentazione che prova a rispondere a domande che si rincorrono quotidianamente tra le mura di un museo: in cosa consiste il gradimento di un’opera? O ancora, quali sono le variabili personali e ambientali che influiscono su questo gradimento? E Le risposte “tradizionali” spesso sono troppo approssimative. Ecco allora che in questo contesto sempre più si fa strada la sperimentazione e lo sviluppo di metodologie informatiche basate su applicazioni di Intelligenza Artificiale e Big Data. Nuovi metodi di misurazione che avvengono “consultando” i gesti dei fruitori dell’opera, monitorando la registrazione nel tempo di alcuni indicatori.»

Ci sono altri esempi di applicazione virtuosa delle tecnologie?

«Ma ancora citiamo il Rijksmuseum, il Van Gogh Museum, il Museum of fine arts of Belgium, il Kanazawa 21, il Metropolitan Museum of Art e il Guggenheim Museum, o Gli Uffizi, sono tra i più illuminati esempi per quel che riguarda le varie forme di supporti ditali come app o siti web. Se invece parliamo della condivisione delle immagini, dal Metropolitan di New York alla National Gallery di Washington, dal Mauritshuis de L’Aia al Belvedere di Vienna, sono quasi 800 i musei, le gallerie e le biblioteche in tutto il mondo che hanno sposato una politica “open access” per le loro collezioni, con migliaia di capolavori liberamente condivisibili. Una circolazione di immagini che è anche uno strumento di promozione indiretto.»

 

Massimiliano Zane

Massimiliano Zane è Progettista Culturale e Consulente in Economia della Cultura. È consulente MIC, membro del Comitato Scientifico del Museo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, membro ICOM e ICOMOS, Independent Expert presso Council of Europe, parte della Expert of Management List of REA della Commissione Europea e Esperto “Senior” per i settori Cultura e Creatività e Progetti e Politiche Comunitarie per la Regione Emilia Romagna e per il Comune di Venezia. È docente in diverse università italiane, formatore ed esperto in processi partecipativi e concorre allo sviluppo ed all’applicazione delle Tecnologie Digitali per la valorizzazione della cultura come Cultural Designer per società specializzate nel settore hi-tech. Autore del libro “La Valorizzazione Culturale 4.0” – Editoriale Scientifica – Napoli 2022.

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