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Dalla performance alla scultura, passando per la pittura, parlando il linguaggio del corpo come elemento “alchemico”, in grado di trasformarsi continuamente in materie altre, adattandosi a superfici e profondità diverse. Di questo passaggio di mani e di idee, di questa prossimità tra pratiche, metodi e concetti, tiene conto “La bigiotteria della Terra”, mostra di Luigi Presicce, visitabile fino all’11 marzo 2023 negli spazi di Contemporary Cluster, a Roma. Scandita da opere realizzate negli ultimi tre anni, dal 2020 al 2022, l’esposizione riassume un momento di grande rilevanza nel percorso di ricerca dell’artista di origini pugliesi.
Nato a Porto Cesareo, in provincia di Lecce, nel 1976, e attualmente a Firenze, Presicce è stato lungamente impegnato nella pratica performativa ma il suo percorso ha intrapreso declinazioni eterogenee. Tra vari progetti e attività, oltre alla scuola di formazione itinerante sulla performance dell’Accademia dell’immobilità, è stato, nel 2016, tra i fondatori della Fondazione Lac o le Mon, mentre dal 2017, insieme a Francesco Lauretta, fa parte della Scuola di Santa Rosa, una libera scuola di disegno basata a Firenze e New York.
Negli stessi anni in cui veniva realizzato il ciclo performativo de “Le Storie della Vera Croce” (2012-2021), Presicce era impegnato con una serie di opere dal titolo “Monsieur Matisse”, realizzate con la tecnica del bronzo sbiancato, e con la ancora più ampia produzione di dipinti geometrici raffiguranti il Mago nell’antica concezione alchemica. A seguito delle restrizioni dovute alla pandemia, l’autore ha instaurato con la pittura un dialogo sempre più serrato. Contestualmente, la conclusione del ciclo de “Le Storie della Vera Croce”, con la mostra al Mattatoio di Roma, pone un tassello, una indicazione per intraprendere un’altra svolta.
Il nucleo di opere “Homo Sapiens Sapiens Sapiens”, del 2020, nasce da una crescente consapevolezza dell’autore nei confronti del destino della razza umana e della sua estinzione, delle forze naturali che agiscono catastroficamente su di essa e su tutto ciò che ancora significa intraprendere la strada della spiritualità. San Giovanni Battista, Sant’Onofrio e Santa Maria Maddalena, figure fortemente presenti nell’iconografia e nella percezione, rappresentano lo spunto per uno studio sui corpi, nell’epoca della vetrinizzazione dei soggetti, attraverso gli schermi e i canali della rete.
«Presicce non entra in contatto con i suoi modelli, li usa in quanto merce in vetrina, di fatto spoglia figure che si presentano vestite (anche se con poco) e le riporta ad uno stadio di nudità primigenia senza peccato, rivede l’erotismo nella sua fase embrionale da paradiso terrestre, l’Eden, dove non esistono tentazioni finché non compare il fatidico serpente», spiegano da Contemporary Cluster. L’artista scrive di essere stato influenzato da un sogno lucido fatto diversi anni fa, che gli aveva permesso poi di realizzare una scultura in legno di ulivo recante le stesse caratteristiche del Grillo, un archetipo medievale, ma dormiente (Bassa magia, 2008).
Dice inoltre di essere venuto in contatto con le ceramiche artistiche di Seminara, ai piedi dell’Aspromonte, attraverso la conoscenza di uno dei figli di Paolo Condurso, Gennaro, che ha ereditato la storica bottega del padre – denominato da Picasso come il calabrese dalle mani d’oro – e la maestria nell’eseguire le maschere apotropaiche dei Babbaluti e Picassine. «Presicce in questa esposizione rende anche omaggio a questa figura che dall’entroterra calabra riuscì ad affascinare il più grande artista del ‘900 tanto da portarlo a cimentarsi con la ceramica con i risultati (straordinari) che oggi conosciamo».