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Che ruolo hanno avuto i banchieri nella circolazione delle opere d’arte? La mostra a Milano che ne ripercorre la storia
Arte antica
A Milano, fino al 26 marzo 2023, una stimolante mostra di ampio respiro arricchisce e incanta attraverso uno straordinario e vasto viaggio nel tempo e nello spazio – nelle accoglienti sale delle Gallerie d’Italia (braccio culturale di Banca Intesa San Paolo) in Piazza Scala 6 – con più di 120 opere (in 11 sezioni) di periodi differenti e provenienti da prestigiosi musei e collezioni nazionali e internazionali pubblici e privati. Dipinti, disegni, sculture, incisioni, bronzetti, medaglie e raffinati cammei di autori di eccellenza noti (tra i quali Verrocchio, Michelangelo, Bronzino, Caravaggio, Antoon Van Dyck, Angelika Kauffmann, Francesco Hayez…) e meno conosciuti raccontano passioni, ambizioni, entusiasmi, cultura e gusto raffinato di grandi banchieri italiani, francesi, tedeschi, austriaci e americani: personaggi – baciati da rilevanti fortune economiche e insieme spinti anche da sincero slancio verso la cultura – che in agone con quanto prodotto prima e con committenze di religiosi, aristocratici e sovrani hanno investito in cultura nei modi più svariati sottolineando ed esaltando così il livello sociale raggiunto.
Che l’arte in tutte le sue manifestazioni non fosse considerata attività da remunerare in modo regolare lo si sa, ma quanto fosse importante a livello sociale, politico e di comunicazione l’avevano già compreso ab antiquo i potenti, tanto che dalla sinergia tra committenti illuminati e genio artistico erano nati capolavori quali il Partenone da Pericle e Fidia e diciannove secoli dopo la Suleymaniye (moschea di Solimano il Magnifico) da Solimano e Sinan e che l’imperatore Augusto demandò a Mecenate, suo consigliere – quasi un “ministro della cultura” – il compito di organizzare uno staff di artisti che propagandassero lui e la sua attività.
Altrettanto rilevante e finora poco indagato il legame tra finanza e arte scandagliato dalla coinvolgente mostra Dai Medici ai Rothschild che racconta di undici grandi banchieri che dal Rinascimento al Novecento furono, come recita il sottotitolo, mecenati, collezionisti, filantropi: da Cosimo e Lorenzo de’ Medici ai Rothschild e a Raffaele Mattioli (1895-1973, entrato in Comit nel 1933 e presidente fino al 1972), fulgida figura di ‘banchiere umanista’ – che ha arricchito il patrimonio artistico della banca (splendido Il largo di Palazzo a Napoli del Vanvitelli e nel secondo dopoguerra si legò a Guttuso, Morandi, Manzù e Gadda – il cui anelito culturale e sociale è stato raccolto da Banca Intesa Sanpaolo, oggi faro ineludibile nel mondo artistico italiano per le sue poliedriche attività nel settore e splendido esempio di continua collaborazione tra pubblico e privato.
È proprio tra tardo Medioevo e inizi dell’età moderna – complici l’espansionismo coloniale e la successiva industrializzazione – che ha origine l’attuale economia globalizzata con la nascita del concetto moderno di banca e banchiere i cui ruoli economico, politico, sociale e culturale vanno aumentando e mutando, ciò pur essendo il reddito da interessi su prestiti di denaro condannato ab antiquo tra gli altri da Aristotele e da Giudaismo, Cristianesimo e Islamismo salvo poi con il Protestantesimo manifestarsi segnali di apertura.
Si dipana così il ruolo essenziale del mecenatismo privato nella successiva creazione di collezioni d’arte pubbliche in quanto nel tempo molti collezionisti istituendo Fondazioni operarono una sorta di “restituzione” alla collettività permettendole di fruire di quanto tesaurizzato. Quando molte di queste collezioni furono smembrate, le opere entrarono a far parte dei primi musei pubblici in Europa: in Italia dopo l’unificazione è inaugurato nel 1865 il Bargello, primo Museo Nazionale che assume connotazione enciclopedica e riceve numerose donazioni come successo anche alla Nationalgalerie di Berlino che nel 1861 deve la sua nascita al ricco lascito al re di Prussia di 262 dipinti contemporanei nazionali e internazionali (tra cui La fuga di Bianca Cappello di Hayez) da parte del banchiere berlinese Joachim Heinrich Wilhelm Wagener (1782-1861). Il gusto e il piacere del bello attraverso l’arte divengono un fiume in piena che si dipana per molteplici rivi e rivoli.
Trionfale e intimo l’incipit dell’esposizione con i Medici – in particolare Cosimo e Lorenzo – banchieri divenuti protagonisti di spicco della politica fiorentina. Cosimo il Vecchio (1389-1464), esperto in ambito commerciale e bancario e dotato di un’ottima cultura umanistica, collezionò antichi manoscritti greci e latini, commissionò manoscritti miniati (primo gruppo dell’odierna Biblioteca Medicea Laurenziana) e si prodigò soprattutto in una dispendiosa committenza architettonica senza dimenticare la scultura con Donatello. Il nipote Lorenzo il Magnifico (1449-1492) a causa delle minori disponibilità finanziarie predilesse medaglie, testi miniati, sculture e dipinti e piuttosto che utilizzare in patria i maestri più prestigiosi diede avvio a una politica di esaltazione delle glorie della cultura e degli artisti, spesso usati fuori Firenze anche come diplomatici. Non un grande committente, ma il maggiore collezionista (in particolare per la glittica) della sua famiglia come testimoniato dalla preziosissima Tazza Farnese (150-100 a.C.), dal Busto di Lorenzo il Magnifico, terracotta elegante pur nel suo vivo realismo attribuita a Pietro Torrigiano, dal Ritratto di Lorenzo il Magnifico, uno dei 24 oli su stagno dedicati alla famiglia Medici da Agnolo di Cosimo detto il Bronzino e dalla Madonna della Scala, lastra di marmo dalle trasparenze alabastrine con cui il giovanissimo Michelangelo dimostra pur nell’imitazione di Donatello la sua già personale abilità tecnica.
Amanti di Caravaggio e dei caravaggeschi, i fratelli Giustiniani, il cardinale Benedetto (1554-1621) e il marchese Vincenzo (1564-1637) – eredi di una composita famiglia genovese (di mercanti) che, creato un “albergo popolare” o “maona” (mutuo soccorso) legato al Comune di Genova, dominò per circa due secoli l’isola greca di Chios di cui sfruttò le risorse di mastice (derivato dal lentisco) e allume (proveniente dal loro dominio di Focea e utile per la concia delle pelli) – si trasferirono a Roma in seguito alla conquista ottomana di Chios del 1566. Si stabilirono nel centrale Palazzo Giustiniani che ospitò la loro ricca e articolata collezione di scultura antica (con opere splendide come l’Atena Giustiniani) insieme a 15 dipinti del contemporaneo Caravaggio tra cui San Girolamo sofferente nel corpo per l’autoflagellazione, eppure sereno e a numerose opere di caravaggeschi quali il famoso Cristo davanti a Caifa dell’olandese Gerrit von Honthorst. Fu Vincenzo, di cui ci rimane un raffinato Ritratto di eccellente fattura e precisione di Claude Mellan, a fare pubblicare in due volumi l’opera Galleria Giustiniana cui Mellan collaborò insieme ad altri. La collezione rimase alla famiglia fino al primo Ottocento quando per sopraggiunta crisi finanziaria furono venduti ai Torlonia buona parte delle antichità e al re di Prussia i dipinti.
Everhard Jabach IV (1618-1695), appartenente a un’antica famiglia di mercanti e banchieri attiva già dal Trecento e con diverse sedi in Europa, nella casa paterna a Colonia respirò ab infantia capolavori quali l’Altare Jabach di Albrecht Dürer. Mancato il padre, durante un viaggio a Londra fu affascinato dalla vis collezionistica che vi si respirava e si fece ritrarre da Antoon van Dyck. Trasferitosi a Parigi, la megalopoli dell’epoca, e guadagnatasi la fiducia di Giulio Mazzarino e poi di Jean-Baptiste Colbert vendette a Luigi XIV in due grosse tranche buona parte della collezione che aveva acquistato in seguito alla condanna a morte di Carlo I e comprendente disegni e numerosi dipinti tra cui la Donna allo specchio di Tiziano, contribuendo alle collezioni reali francesi e oggi nuclei importanti del Louvre.
Il nostro viaggio comprende ancora molte figure le cui mani e i cui occhi hanno accarezzato infinite opere nel corso dei secoli successivi: a questo punto cedo il testimone ai visitatori affinché procedano ciascuno secondo la propria sensibilità nella scoperta di mondi conosciuti e sconosciuti per delibare le infinite declinazioni della bellezza. Se dopo tante meraviglie la memoria è in preda a un’opera di riordino di quanto contemplato, un importante aiuto a non dimenticare e ad approfondire può fornirlo l’esauriente catalogo coedito da Gallerie d’Italia.