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Romanitas di Fulvio Morella apre il nuovo ciclo artistico e culturale Scripta? promosso da Gaggenau e CRAMUM, a cura di Sabino Maria Frassà, per indagare il legame tra scrittura, arte e materia.
Gaggenau DesignElementi di Roma diventa teatro eccezionale di un viaggio multisensoriale in cui il dolce – ed educativo – stil Morella muove dalla materia lignea, fonde la filosofia Nietzschiana con i valori dell’Antica Roma e fa riflettere sul passato e sul futuro dell’esistenza umana.
Passato e futuro, rovina e rinascita: senza malinconia e con piena e serena consapevolezza di un (eterno) ritorno, la mostra – non per caso, ma per fine intelletto – inizia e si conclude con una clessidra, simbolo per antonomasia di un tempo che torna. In apertura Sipario di Stelle, la prima opera tessile di Morella, accoglie il visitatore con un messaggio segreto. Dal braille alle stelle, la disposizione dei corpi celesti su un tessuto nero, come un cielo notturno, non solo sagoma una clessidra ma anche, e soprattutto, nasconde la celebre riflessione di Friedrich Nietzsche: «L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere». La stessa citazione, in braille, è riportata sulle basi dell’opera in legno di amaranto che chiude la mostra: si tratta di Romanitas, che dà il titolo alla mostra e sulle cui colonne speculari che congiungono le basi sono sezionate le iniziali dell’artista: FM.
Tutto torna, dunque. In Morella come in Nietzsche, in Nietzsche come in Zenone di Cizio e Cleante di Asso e in Zenone di Cizio e Cleante di Asso come in Eraclito, del quale un frammento appare – a distanza di secoli – una straordinaria e e più che mai veritiera sintesi di Romanitas: «…da tutte le cose l’uno, dall’uno tutte le cose…».
Prima del Sipario di stelle l’opera Dies Romana celebra la fondazione di Roma riproducendo una delle otto mammelle della Lupa, simbolo iconico della Capitale. È realizzata con un raro legno fossile coevo alla città eterna, vecchio di circa 2.800 anni, per raccontare – affiancando la grandiosità quasi mitica dei fatti e degli uomini ai concetti di fragilità e precarietà – l’assurgere di Roma a super potenza. Di fronte, con lo stesso legno fossile, l’opera-moneta Senatus Consultum è ispirata al conio e alla circolazione del denaro nell’Antica Roma e stimola la riflessione sulle attuali logiche e politiche monetarie, riservate alle autorità monetarie nazionali o sovranazionali, fino a giungere alle odierne criptovalute, svincolate da qualsiasi regolamentazione.
Dopo il Sipario di stelle, invece, il trionfo della romanità invade, emozionando, lo spazio. Baccus è un’opera scultorea che rilegge in chiave contemporanea la celebre maschera teatrale romana, rappresentandone la vanitas, ovvero la finzione, la commedia stessa: il chiacchierone petulante di Morella è privo di occhi, come a sottintendere che si parla e si vive senza riuscire a vedere la realtà al di là dal sipario. Non distante sono esposte Teatro Tuscolo e Teatro Ostia Antica. Oggetto della performance inaugurale, in cui si chiedeva al pubblico, bendato, di riconoscere la forma e il colore, òle due opere sono rispettivamente dedicate all’antico teatro romano la cui costruzione risale al 75 a.C. che si trova oggi all’interno del parco archeologico culturale di Tuscolo e all’antico teatro romano costruito nel I secolo a.C. da Agrippa, politico e militare, nonché genero dell’imperatore Augusto.
Entrambe di forma semicircolare, l’una riproduce la massima di Plauto, «Haud aequom facit qui quod didicit id dediscit» (Malamente opera chi dimentica ciò che ha imparato), l’altra una frase di Lucio Anneo Seneca «Quomodo fabula, sic vita: non quam diu, sed quam bene acta sit, refert» (La vita è come una commedia: non importa quanto è lunga, ma come è recitata). Dalla stanza si esce non prima di un incontro, tattile-visivo con l’opera Colosseo in legno di amaranto e di acero. Metafora dell’esistenza stessa ed emblema della Romanitas, intesa come unione di grandiosità e fragilità, Colosseo porta in sé l’elemento sanguigno – l’amaranto allude agli spettacoli pubblici romani che includevano lotte tra gladiatori – e la lunga e complessa opera di restauro che sin dal 1700 caratterizza la storia della conservazione di questo incredibile monumento.
Immediatamente dopo Colosseo si incontrano due opere, una tessile e l’altra lignea, che rimandano al Pantheon (già presentato in occasione di Pars Construens) e al Mausoleo di Augusto, prima di raggiungere il dittico Ferrentinum emersus sub terra. Ferentino è stata ai tempi dell’Antica Roma un nodo cruciale in termini difensivi e commerciali. Le due opere sono complementari e, in braille, riproducono due passaggi chiave: il primo attiene all’intuizione che in quel luogo si celava un prezioso teatro romano e il secondo rappresenta l’auspicio che lo stesso teatro possa presto ritrovare la funzione e lo splendore del monumento originario.
Accanto a Romanitas, che chiude la mostra, due opere, una a destra e una a sinistra, diffondono un messaggio congiunto. Sulla sinistra Pecunia imperat omnia, in legno amaranto e oro zecchino riprende il profilo di un Morella giovane e lo duplica così che l’uno guardi al passato e l’altro al futuro ricordando l’antico proverbio secondo cui con i soldi si ottiene tutto. L’altra, 5 centesimi, sempre in legno amaranto, riflette sull’immutabilità della natura umana e affronta l’irrisolta dicotomia tra economia ed etica: su di essa è incisa in braille la locuzione che Svetonio fa risalire a Vespasiano (euro) «pecunia non olet».
Volendo restare in tema Nietzschiano, Romanitas – che rispecchia fedelmente l’animo umano dell’artista Morella – esprime una straordinaria ed estremamente sincera volontà di potenza, da intendersi come la vita stessa, come forza espansiva propria di tutti i sensi, sempre spinta all’auto-superamento. Non c’è un senso, sono tutti i sensi. Non c’è stigmatizzazione alcuna ma libera produzione di sé che va oltre qualsiasi piano prestabilito. L’inizio coincide con la fine, trovando il suo massimo compimento nell’accettazione completa dell’eterno ritorno dell’uguale, che si ha liberandosi del peso del passato e redimendo il tempo.