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Io amo te. Una riflessione a tutto tondo sull’amore
Arte contemporanea
È un aforisma dei Minima Moralia, del filosofo tedesco Theodor W. Adorno, a tenere le fila della mostra Io Amo Te, visitabile all’Arca di Teramo, fino al 1 Maggio 2023: «L’amore è la capacità di avvertire il simile nel dissimile». Quale precetto più coerente nel tempo che viviamo, bellico e post pandemico, poteva essere scelto dal curatore della mostra, Umberto Palestini, se non la sfida di avvicinare artisti di differenti generazioni, unire il contrasto tra singolo e collettivo, trovare il punto d’incontro tra l’appartenere a un luogo e l’essere nel mondo?
La risposta è in un’esposizione che mette al centro l’amore. Sei gli artisti: Giuditta Branconi, Luigi Carboni, Fabrizio Cotognini, Matteo Fato, Giuseppe Stampone, Georgia Tribuiani. E di nuovo una citazione, questa volta dello scrittore francese André Breton, a chiarire il suo significato: L’amore è quando incontri qualcuno che ti dà delle notizie su di te.
Ecco allora emergere molteplici forme d’amore. Amore verso l’altro. Inteso come sentimento collettivo, contrario all’egocentrismo diffuso odierno e al senso di soggettività, ma rivolto al sé, alla personale identità e al Daimon che guida l’anima verso la creazione.
Sei artisti che parlano d’amore
Giuseppe Stampone fa parlare la sua opera, etica, politica, sociale, toccando temi di estrema attualità. Come abilissimo disegnatore, (Penna Bic Blu Stampone), si muove tra tradizione pittorica italiana, e non solo, e messaggi attuali. Esplora molteplici mezzi espressivi, celebri i suoi abbecedari, le mappe, le installazioni multimediali, i progetti internazionali, e crea dialogo e interconnessione, educando, nel senso di “portar fuori un messaggio” e nutrendo lo spettatore. «L’arte necessita di un pubblico», afferma, «e che siano le opere a parlare». È questo un grande gesto d’amore, fare un passo indietro e avere la consapevolezza che ciò che resterà nel tempo saranno le nostre creazioni.
In movimento tra accademismo e tecnologie avanzate, con una forte riconoscibilità, è anche l’artista regista italiana, residente a Los Angeles, Georgia Tribuiani. La sua narrazione è creativa e scenografica e al centro del lavoro sono l’idea e l’estro. Il processo inventivo dei video, essenziale ed elegante, mai asettico e distaccato, parte dalla pratica del disegno e dalla ricerca visiva, in una reinterpretazione dell’arte applicata alla Motion graphic, all’ambito cinematografico, alla pubblicità, alla moda (Vogue, Etro, Ugo Boss, Hermès)
Il percorso di mostra ci parla anche di Amore verso l’arte. L’artista scompare per dare spazio alle opere e inventare nuovi codici di comunicazione. Osservando i lavori assistiamo quasi alla perdita di bidimensionalità, qualunque siano tecnica, supporto e mezzo espressivo.
Particolarità della pittura della giovanissima Giuditta Branconi, classe 1998, è infatti oltrepassare la superficie pittorica per arrivare al retro della tela, portando a galla un mondo femminile, in cui traspaiono grazia, equilibrio, ma anche energia vitale, a tratti feroce. La simbologia delle sue opere, che potrebbe rimandare a echi della corrente 800esca francese, è in verità molto personale e racconta un mondo tra realtà e mistero, vicino alla natura femminile, che accoglie e nutre come la madre Demetra nella mitologia, ma al contempo si immerge in scenari fiabeschi e a tratti angoscianti. L’ avvertimento è nella contraddizione tra ciò che guardiamo con gli occhi e quello che vede l’anima, pur sempre uno sguardo d’amore.
Anche l’artista pescarese Matteo Fato trova il suo principale veicolo espressivo nella pittura. Nella stessa misura supera la bidimensionalità della tela che diviene pittura/installazione, così come le casse da trasporto si fanno cornici di opere principalmente materiche. Grumi di colore e le sue “puliture” creano un dialogo con lo spettatore attraverso tematiche a lui care, quali il paesaggio e il ritratto. «Il ritratto», afferma Fato, «è un mezzo per analizzare il profumo del nostro tempo». Quasi un risarcimento per il tempo che ha perso il suo valore assoluto già con la teoria della relatività di Einstein, fino ad arrivare alla meccanica quantistica e, nella nostra epoca, a correre così veloce da diventare ossessione.
Gli artisti presenti in mostra provengono tutti da realtà di provincia, ma hanno un respiro internazionale. Amore verso un luogo. Provincia intesa dunque quasi in senso antropologico, legata ad affetti, storia, tempo e memoria. È il caso del maceratese Fabrizio Cotognini che, tra simbologia e mitologia del mondo classico e medioevale, mescola la sua personale visione al senso storico della memoria. Animali, fiori, piante, miti, leggende, alchimia popolano il suo immaginario, rivisitato in chiave contemporanea, in cui protagonista è il disegno.
Ugualmente Luigi Carboni compie una ricerca incentrata sulla forma del disegno e della pittura. Studia soprattutto l’aspetto estetico e raffinato della linea che diventa groviglio, portandoci in spazi vitali e profondi, come in un labirinto da attraversare in cerca di una via d’uscita.
È questo che l’arte propone in ogni sua forma: nuove vie d’uscita, incontro con altri esseri umani. Ulteriore esempio di ciò è il fatto che il progetto Io Amo Te sia anche editoriale. Ne deriva un catalogo che è un vero e proprio libro d’artista, in cui ognuno diventa autore di un personale racconto. Gli artisti inventano e narrano storie, creando un’opera corale. È un fatto d’amore.