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And then an insurmountable tension, to the level of an incommensurability
Like A Little Disaster è onorata di presentare “And then an insurmountable tension, to the level of an incommensurability” una mostra collettiva che coinvolge ventisei artisti nazionali e internazionali.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Titolo
“And then an insurmountable tension, to the level of an incommensurability”
Artisti
Isaac Lythgoe, Petros Moris, Giulia Essyad, Nicolas Lamas, Jaana-Kristiina Alakoski, Grace Woodcock. Susi Gelb, Jennifer West, Daniela Corbascio, Yein Lee, Adham Faramawy, Dorota Gawęda & Eglė Kulbokaitė, Lucia Cristiani, Cyril Debon, Agnese Guido, Leilei Wu, Mariantonietta Bagliato, Pauline Julier, Ludovica Gugliotta, Pinar Marul, Pedro Barateiro, Élie Autin, Elena Eugeni, Bruno Giacchetti.
A cura di
Like A Little Disaster
Date
18 Marzo / 30 Maggio 2023
Ogni Sabato e Domenica, 18/21
e su appuntamento: info@likealittledisaster.com
Opening
Sabato 18 Marzo dalle ore 19
presso il Palazzo San Giuseppe
Luoghi
Palazzo San Giuseppe, via Mulini, 2
Like A Little Disaster, via Cavour, 68
Polignano a Mare
/////
Like A Little Disaster è onorata di presentare “And then an insurmountable tension, to the level of an incommensurability” una mostra collettiva che coinvolge ventisei artisti (Isaac Lythgoe, Petros Moris, Giulia Essyad, Nicolas Lamas, Jaana-Kristiina Alakoski, Grace Woodcock. Susi Gelb, Jennifer West, Daniela Corbascio, Yein Lee, Adham Faramawy, Dorota Gawęda & Eglė Kulbokaitė, Lucia Cristiani, Cyril Debon, Agnese Guido, Leilei Wu, Mariantonietta Bagliato, Pauline Julier, Ludovica Gugliotta, Pinar Marul, Pedro Barateiro, Élie Autin, Elena Eugeni, Bruno Giacchetti), riuniti a creare uno scenario decolonizzato dall'essere umano, abitato da oggetti/soggetti ibridi, riottosi ad ogni classificazione o definizione definitiva, nodi di una rete proliferante chimere che mettono in discussione i concetti di soggettivazione, oggettivazione e assoggettamento, la classificazione degli esseri e la gerarchia degli attori e dei valori. Il progetto si configura come un panorama strutturato da molteplici connessioni tentacolari mai del tutto chiuse, in grado di mettere in moto conseguenze inattese, imprevedibili e incontrollabili.
Gli artisti hanno realizzato opere che non sono solo fine o scopo di un processo di produzione, ma mezzi, o strumenti che potenziano la facoltà di immaginare uno spazio di co-evoluzione multiforme, attraverso il quale ricercare la cultura nella natura e viceversa, il contingente nel permanente, l’identità nella differenza e in cui sperimentare nuove alleanze e percorsi secondari che forse non porteranno sempre in luoghi lontani ma spostano il nostro punto di vista, permettendoci di considerare altre possibilità.
Le opere in mostra mettono in discussione il binarismo che separa gli umani e le loro culture, la natura e i non-umani, la filogenesi e l'ontogenesi, il patrimonio genetico, e le alterazioni tecnologiche. Una con-fusione causata dall'impossibilità di riconoscere i segni identitari di questi oggetti paradossali: senza contorni, senza termini antitetici, senza residui. Oggetti tali da non potersi più dare semplicemente in opposizione al soggetto umano, ma tra i quali l’uomo stesso è coinvolto e con il quale condividono la stessa mesh e lo stesso destino. Questi sistemi vischiosi e arruffati mettono in discussione la relazione tra umano e non-umano portandoli all’interno di un sistema circolare di reciprocità. Una maglia fatta di attaccamenti a rischio, di entità liquide, viscose, decentrate, graduali e intersoggettive, in cui ogni ente è definibile solo in relazione (pur non essendo la relazione stessa).
Il riduzionismo strumentale trova terreno fertile nella melma bio-capitalista nella quale siamo invischiati. Si fonda sulla nozione di “eccezionalismo umano”, etnocentrico e specista e, da questi, alla costruzione di un sistema fondato sull'opposizione binaria tra natura e cultura, natura e storia, umano e macchina, maschile e femminile, identità e alterità, ecologia e produzione, algoritmi e collegamenti neuronali, patrimonio genetico e alterazione tecnologica, razionalità e istinto, mente e corpo, spirito e materia, reale e virtuale, vero e falso, organico e inorganico, biotico e abiotico, tra senso di responsabilità e idea di gioco, ambiente in cui cresciamo e codice genetico, condivisione e il senso di sé, immaginario ed economia.
In questo doppio gioco uno dei soggetti della coppia cognitiva è sempre dominato dalla sua altra metà repressa e sottomessa. Il progetto aspira, invece, a mettere in luce la divergenza dei possibili significati assenti che sfuggono ad ogni logica dualistica: le opposizioni binarie sono considerate come punti di partenza per rimuovere e riaffermare entrambi i termini dell'opposizione all'interno di una relazione non gerarchica con la differenza. Il progetto si offre così come uno spazio destinato all'armonia che è nell'incontro degli opposti, come un dispositivo attraverso il quale sperimentare una concezione dell'individuo e del suo modo di porsi nei confronti del reale non più contraddistinta da una logica escludente, ma che al contrario tenda ad includere tutte le modalità espressive e gli ambiti d'azione.
All'interno di questi percorsi formali e mentali interviene anche una dimensione critica nei confronti di modelli cognitivi interiorizzati, acquisiti e consolidati; critica che permette di ridefinire radicalmente le regole di qualunque sistema funzionale, al fine di usare le regole in modo diverso, ignorandone la finalità originaria.
(x)morfismo
Le dinamiche metamorfiche che occupano gli agenti e i soggetti delle reti tecnologiche sono non umani così come gli umani, che quindi possono essere entrambi definiti ibridi, quasi-oggetti o quasi-soggetti. Il fattore x essendo il gioco di indifferenza tra “soggetti” e “oggetti” quando si tratta della costruzione di reti socio-tecnologiche quali reti scientifico laboratoriali, progetti di ingegneria e le comunità umane e naturali che ora dipendono da loro. Attraverso l'osservazione dei quasi-oggetti, non si recupera uno stallo umano/non umano ma un “mondo a ontologie variabili il risultato dell'interdefinizione degli attori. I concetti altamente mobili descrivono una visione neocibernetica della necessaria ibridità di reti simbiotiche e accoppiamenti sistema/ambiente, e descrivono altrettanto bene i paesaggi delle narrazioni metamorfiche. I quasi-oggetti concretizzano e attualizzano le mediazioni formali che tengono insieme natura e società.
“I quasi-oggetti elevano quella che era stata solo una distinzione, poi una separazione, poi una contraddizione, e poi una tensione insormontabile, al livello di una incommensurabilità”
Possiamo chiamare “morfismo” la condizione ontologica della trasformatività mediale, arrivando a quel termine cancellando da “antropomorfismo” l'idealizzazione umanistica dell'anthropos. Se l'umano non possiede una forma stabile, non è per questo senza forma. Se, invece di collegarlo a un polo costituzionale o all'altro, lo avviciniamo al centro, diventa il mediatore e persino l'intersezione dei due. L'espressione “antropomorfo” sottovaluta notevolmente la nostra umanità. Dovremmo parlare di morfismo. Il morfismo è il luogo in cui confluiscono tecnomorfismi, zoomorfismi, fisiomorfismi, ideomorfismi, teomorfismi, sociomorfismi, psicomorfismi. La loro alleanza e i loro scambi, presi insieme, sono ciò che definisce l'antropos. Un tessitore di morfismi, non è una definizione sufficiente?
Accettare questa definizione significa lasciar cadere la distinzione tra l'umano e il non umano: la metamorfosi non umana è sempre stata una proiezione autoriflessiva dell'umano. È vedere che la situazione non umana della contingenza mediale rimane una vera e propria allegoria dell'umano, e che questa allegoria è stata ora accresciuta dalla proliferazione dei poteri scientifici e delle tecnologie informatiche. Trascendenza senza contrario: ovvero, la società si mantiene solo attraverso la comunicazione; comunichiamo solo attraverso i media; quindi, manteniamo senza superare le contingenze mediali della costruzione dell'umano - e i sistemi narrativi eseguono questo mantenimento. L'umano è nella stessa delegazione, dentro il passaggio, nell'invio, nel continuo scambio di forme, e questo statuto è distribuibile a tutto ciò che tocchiamo o che ci tocca: la natura umana è l'insieme dei suoi delegati e dei suoi rappresentanti, delle sue figure e dei suoi messaggeri. In questo mondo post-darwiniano, la forma umana ci è sconosciuta quanto quella non umana; quindi, è meglio parlare di (x)-morfismo invece di indignarsi quando gli esseri umani sono trattati come non umani o viceversa.
Le trasformazioni metamorfiche dei corpi - mescolanze sia fittizie che artefatte dell'umano e del non umano - ricorrono dai tempi arcaici a quelli contemporanei, assumendo forme demoniache che vanno dal magico al tecnologico. Metamorfosi testuali e quasi-oggetti tecnoscientifici sono entrambi trasformatori mediatori che eseguono operazioni di ordinamento sociomitico, negoziando le relazioni non tra cielo e terra, ma tra natura e società. I quasi-oggetti/soggetti partecipano a una continua produzione di mediatori culturali antichi e attuali il cui attributo comune è un propensione alla trasformazione metamorfica delle forme date e normative. Viste attraverso la lente dei concetti di rete, le immagini ricorsive delle metamorfosi risuonano con le evoluzioni operative, le mutazioni e le catastrofi occasionali, dei sistemi naturali e sociali.
L'estensione della socialità oltre le conversazioni umane alle comunicazioni di altri esseri viventi, che segnalano tutti i propri per sopravvivere, e alle cose non viventi che vengono travolte e ridefinite dalla natura e sistemi sociali, allora la vita e la sua evoluzione, compresa l'emergere e la messa in rete di menti e società in tutto lo spettro vivente, è tanto un fenomeno sociale quanto naturale. Quindi né la natura né la società potrebbero rimanere in essere senza le mediazioni traduttive che scorrono tra di loro: tutta la durabilità, tutta la solidità, tutta la permanenza dovranno essere pagate dai suoi mediatori. Quando si osserva che il reale e il demoniaco emergono e si fondono nelle costruzioni sia tecnologiche che narrative, le persone umane classiche - le essenze extra-ambientali dei sé, le anime mantenute da ideali stabilità corporee - diventano allo stesso tempo non moderne e postumaniste, attori relativizzati che svolgono funzioni operative e trasformazioni metamorfiche all'interno di reti e sistemi naturali/sociali. Questa non è una retrocessione dell'umano, ma un'elevazione del non umano a una corretta rappresentazione discorsiva.
IN/ANIMISMO
Una delle questioni controverse nel discorso sul cambiamento climatico è il problema dell'agire materiale o corporeo. Fino a tempi recenti, l'agire è stato il privilegio della coscienza umana. Ci siamo visti ontologicamente diversi dalla natura, cos’ come lo spirito dalla materia. Una tale distinzione ontologica giustificava le persone a usare la natura come risorsa per soddisfare i propri desideri. La Terra non era altro che un semplice sfondo per le azioni umane e la prosperità; tuttavia, il riscaldamento globale e il cambiamento climatico, che sono diventati abbastanza gravi da minacciare la nostra stessa esistenza, ci hanno costretti a riconoscere che la terra è agente a pieno titolo. Cosa c'è di più vivo e attivo di una tale catastrofe globale? Se teniamo presente l'attuale crisi ecologica, allora dobbiamo escogitare una nuova teoria dell'agire per riconoscere il ruolo attivo dei non umani.
Una cosa è separare l'agire dalla coscienza; tutt'altra cosa è separare l'agire dall'intenzionalità. Dobbiamo riconoscere che esiste una forma inconscia di intenzionalità. Più originale della nostra intenzionalità cosciente è l'intenzionalità corporea che ci unisce al mondo nel nostro rapporto con le cose intorno a noi. Il corpo stesso è intenzionale in quanto dirige e influenza gli altri, associandosi o dissociandosi da loro. Sullo sfondo dell'intenzionalità cosciente c'è l'intenzionalità corporea. Come si può pensare all'animismo senza tale intenzionalità corporea?
Il corpo non è materia inerte ma è il potere di influenzare gli altri e di esserne influenzato. Senza tale affettività, un corpo non avrebbe alcuna agenzia (il potere di agire). Agire è “fare” le cose, senza confondere "fare" con "funzione". Se la funzione è neutra e meccanica, allora il fare implica una qualche forma di desiderio, scopo e intenzionalità. Spinoza lo chiamò conatus, uno sforzo per persistere nel suo essere, sia esso umano o non umano. L’agire dovrebbe essere disaccoppiato dai criteri di intenzionalità, soggettività e libero arbitrio. Per prevenire il monopolio umano dell'agire, dovremmo proporre che l'agire non sia una data qualità ma ciò che modifica altri attori attraverso il corso dell'azione. Non dovremmo chiederci se il libero arbitrio sia umano o non umano. Una domanda del genere non è solo irrilevante, ma anche dannosa per la nostra comprensione dell'esatta natura dell'agenzia. L'unico problema è che tradisce la sua richiesta metodologica di iniziare la nostra indagine senza preconcetti. Non si chiede se esista una modalità dell'intenzionalità diversa da quella umana. Non prende in considerazione l'intenzionalità corporea.
L'agenzia definisce la capacità del corpo di influenzare o modificare altri corpi, non distingue gli umani dai non umani né ha bisogno di intenzionalità per la sua azione.
Il cambiamento climatico dimostra che la terra, che abbiamo definito inerte, è più viva di ogni altra cosa. Quale agente è più animato, energico e imprevedibile del riscaldamento globale e dell'innalzamento del livello del mare? La Terra sta tremando! Ora ha di nuovo un soggetto. Il potere agentico della terra è una realtà innegabile, non una costruzione teorica. Abbiamo colpito durTutti i corpi, umani o non umani, sono conatus nella loro essenza. Conatus significa il potere del corpo di agire da solo o insieme ad altre cose per persistere nel suo essere. Tutti i corpi con capacità di influenzare o essere influenzati tendono ad associarsi con o dissociarsi l'uno dall'altro per aumentare e intensificare il loro conatus .Tale intenzione incarnata non è molto diversa dal concetto di anima vegetale e animale: una pianta ha un'anima vegetativa e un animale un'anima sensibile, le loro anime aspirano a crescere e a propagarsi.amente il Reale della terra. La terra, che gli umani credevano di aver disanimato e addomesticato, è animata di nuovo con più forza prima. L'animismo, quindi, non è solo un'alternativa alla moderna visione del mondo, ma è l'unica teoria legittima che può spiegare un fenomeno come i terremoti.
L'animismo è una visione del mondo che non discrimina tra materia animata e inanimata. Potremmo definire l'animismo come una credenza nelle anime personali che animano anche quelli che chiamiamo corpi inanimati. Tutti i corpi, umani o non umani, hanno vita e volontà. Abbracciando una visione così vitale della natura, intendiamo sostituire il concetto di “cosa” con “cosa-potere”: perché le cose hanno propensioni, o tendenze proprie. Non soccombono passivamente al desiderio umano di controllo, ma resistono alla sottomissione. Animali, piante e pietre sono corpi energici e intenzionali come gli umani, anche se in modi diversi. Che siano umani o non umani, animati o inanimati, tutti i corpi si sforzano di preservare il proprio essere.
Ciò che tutti i corpi fanno, influenzando ed essendo influenzati in alleanza con gli altri, ha un significato in quanto riguarda la loro sopravvivenza o estinzione. La vita o la morte sono inseparabili dalla loro agenzia: il corpo con più connessioni con altri corpi è più reale e agentico dei corpi con meno connessioni o assemblaggi. Il corpo non è un'entità ma un processoin evoluzione più o meno efficace. Come non c'è corpo individuale senza assemblea, così non c'è assemblea senza corpo individuale. Il corpo non è chiuso in se stesso ma poroso e dinamico, e i suoi confini possono essere valicati.
Non sappiamo come spiegare l'animismo presente in materia inorganica come nelle pietre nelle macchine. Tuttavia, dobbiamo prendere atto che esiste una differenza significativa nell'intenzionalità materiale tra pietre e animali. Sebbene tutti i corpi senza eccezione si sforzino ugualmente di esistere, c'è un ampio spettro di differenze nel loro conatus, e sono singolari nei loro modi.
Ma può esserci animismo senza intenzionalità corporea?
L'intenzionalità corporea è uno dei tanti ibridi. Il corpo non è solo animato ma anche intenzionale. Sarebbe impensabile immaginare l'animismo senza lotte corporali. Non è sufficiente disumanizzare l'agire disaccoppiandolo dalla coscienza? Non abbiamo bisogno di separare l'animismo dall'intenzionalità: farlo significherebbe confonderlo con il meccanicismo.
Testo estratto da una conversazione tra Like A Little Disaster e ChatGPT
La mostra è prodotta da Like A Little Disaster con il contributo di Romano Exhibit e del Ministero Federale Austriaco delle Arti e della Cultura. Si avvale della partnership della Fondazione Museo Pino Pascali e del patrocinio del Comune di Polignano a Mare.
“And then an insurmountable tension, to the level of an incommensurability”
Artisti
Isaac Lythgoe, Petros Moris, Giulia Essyad, Nicolas Lamas, Jaana-Kristiina Alakoski, Grace Woodcock. Susi Gelb, Jennifer West, Daniela Corbascio, Yein Lee, Adham Faramawy, Dorota Gawęda & Eglė Kulbokaitė, Lucia Cristiani, Cyril Debon, Agnese Guido, Leilei Wu, Mariantonietta Bagliato, Pauline Julier, Ludovica Gugliotta, Pinar Marul, Pedro Barateiro, Élie Autin, Elena Eugeni, Bruno Giacchetti.
A cura di
Like A Little Disaster
Date
18 Marzo / 30 Maggio 2023
Ogni Sabato e Domenica, 18/21
e su appuntamento: info@likealittledisaster.com
Opening
Sabato 18 Marzo dalle ore 19
presso il Palazzo San Giuseppe
Luoghi
Palazzo San Giuseppe, via Mulini, 2
Like A Little Disaster, via Cavour, 68
Polignano a Mare
/////
Like A Little Disaster è onorata di presentare “And then an insurmountable tension, to the level of an incommensurability” una mostra collettiva che coinvolge ventisei artisti (Isaac Lythgoe, Petros Moris, Giulia Essyad, Nicolas Lamas, Jaana-Kristiina Alakoski, Grace Woodcock. Susi Gelb, Jennifer West, Daniela Corbascio, Yein Lee, Adham Faramawy, Dorota Gawęda & Eglė Kulbokaitė, Lucia Cristiani, Cyril Debon, Agnese Guido, Leilei Wu, Mariantonietta Bagliato, Pauline Julier, Ludovica Gugliotta, Pinar Marul, Pedro Barateiro, Élie Autin, Elena Eugeni, Bruno Giacchetti), riuniti a creare uno scenario decolonizzato dall'essere umano, abitato da oggetti/soggetti ibridi, riottosi ad ogni classificazione o definizione definitiva, nodi di una rete proliferante chimere che mettono in discussione i concetti di soggettivazione, oggettivazione e assoggettamento, la classificazione degli esseri e la gerarchia degli attori e dei valori. Il progetto si configura come un panorama strutturato da molteplici connessioni tentacolari mai del tutto chiuse, in grado di mettere in moto conseguenze inattese, imprevedibili e incontrollabili.
Gli artisti hanno realizzato opere che non sono solo fine o scopo di un processo di produzione, ma mezzi, o strumenti che potenziano la facoltà di immaginare uno spazio di co-evoluzione multiforme, attraverso il quale ricercare la cultura nella natura e viceversa, il contingente nel permanente, l’identità nella differenza e in cui sperimentare nuove alleanze e percorsi secondari che forse non porteranno sempre in luoghi lontani ma spostano il nostro punto di vista, permettendoci di considerare altre possibilità.
Le opere in mostra mettono in discussione il binarismo che separa gli umani e le loro culture, la natura e i non-umani, la filogenesi e l'ontogenesi, il patrimonio genetico, e le alterazioni tecnologiche. Una con-fusione causata dall'impossibilità di riconoscere i segni identitari di questi oggetti paradossali: senza contorni, senza termini antitetici, senza residui. Oggetti tali da non potersi più dare semplicemente in opposizione al soggetto umano, ma tra i quali l’uomo stesso è coinvolto e con il quale condividono la stessa mesh e lo stesso destino. Questi sistemi vischiosi e arruffati mettono in discussione la relazione tra umano e non-umano portandoli all’interno di un sistema circolare di reciprocità. Una maglia fatta di attaccamenti a rischio, di entità liquide, viscose, decentrate, graduali e intersoggettive, in cui ogni ente è definibile solo in relazione (pur non essendo la relazione stessa).
Il riduzionismo strumentale trova terreno fertile nella melma bio-capitalista nella quale siamo invischiati. Si fonda sulla nozione di “eccezionalismo umano”, etnocentrico e specista e, da questi, alla costruzione di un sistema fondato sull'opposizione binaria tra natura e cultura, natura e storia, umano e macchina, maschile e femminile, identità e alterità, ecologia e produzione, algoritmi e collegamenti neuronali, patrimonio genetico e alterazione tecnologica, razionalità e istinto, mente e corpo, spirito e materia, reale e virtuale, vero e falso, organico e inorganico, biotico e abiotico, tra senso di responsabilità e idea di gioco, ambiente in cui cresciamo e codice genetico, condivisione e il senso di sé, immaginario ed economia.
In questo doppio gioco uno dei soggetti della coppia cognitiva è sempre dominato dalla sua altra metà repressa e sottomessa. Il progetto aspira, invece, a mettere in luce la divergenza dei possibili significati assenti che sfuggono ad ogni logica dualistica: le opposizioni binarie sono considerate come punti di partenza per rimuovere e riaffermare entrambi i termini dell'opposizione all'interno di una relazione non gerarchica con la differenza. Il progetto si offre così come uno spazio destinato all'armonia che è nell'incontro degli opposti, come un dispositivo attraverso il quale sperimentare una concezione dell'individuo e del suo modo di porsi nei confronti del reale non più contraddistinta da una logica escludente, ma che al contrario tenda ad includere tutte le modalità espressive e gli ambiti d'azione.
All'interno di questi percorsi formali e mentali interviene anche una dimensione critica nei confronti di modelli cognitivi interiorizzati, acquisiti e consolidati; critica che permette di ridefinire radicalmente le regole di qualunque sistema funzionale, al fine di usare le regole in modo diverso, ignorandone la finalità originaria.
(x)morfismo
Le dinamiche metamorfiche che occupano gli agenti e i soggetti delle reti tecnologiche sono non umani così come gli umani, che quindi possono essere entrambi definiti ibridi, quasi-oggetti o quasi-soggetti. Il fattore x essendo il gioco di indifferenza tra “soggetti” e “oggetti” quando si tratta della costruzione di reti socio-tecnologiche quali reti scientifico laboratoriali, progetti di ingegneria e le comunità umane e naturali che ora dipendono da loro. Attraverso l'osservazione dei quasi-oggetti, non si recupera uno stallo umano/non umano ma un “mondo a ontologie variabili il risultato dell'interdefinizione degli attori. I concetti altamente mobili descrivono una visione neocibernetica della necessaria ibridità di reti simbiotiche e accoppiamenti sistema/ambiente, e descrivono altrettanto bene i paesaggi delle narrazioni metamorfiche. I quasi-oggetti concretizzano e attualizzano le mediazioni formali che tengono insieme natura e società.
“I quasi-oggetti elevano quella che era stata solo una distinzione, poi una separazione, poi una contraddizione, e poi una tensione insormontabile, al livello di una incommensurabilità”
Possiamo chiamare “morfismo” la condizione ontologica della trasformatività mediale, arrivando a quel termine cancellando da “antropomorfismo” l'idealizzazione umanistica dell'anthropos. Se l'umano non possiede una forma stabile, non è per questo senza forma. Se, invece di collegarlo a un polo costituzionale o all'altro, lo avviciniamo al centro, diventa il mediatore e persino l'intersezione dei due. L'espressione “antropomorfo” sottovaluta notevolmente la nostra umanità. Dovremmo parlare di morfismo. Il morfismo è il luogo in cui confluiscono tecnomorfismi, zoomorfismi, fisiomorfismi, ideomorfismi, teomorfismi, sociomorfismi, psicomorfismi. La loro alleanza e i loro scambi, presi insieme, sono ciò che definisce l'antropos. Un tessitore di morfismi, non è una definizione sufficiente?
Accettare questa definizione significa lasciar cadere la distinzione tra l'umano e il non umano: la metamorfosi non umana è sempre stata una proiezione autoriflessiva dell'umano. È vedere che la situazione non umana della contingenza mediale rimane una vera e propria allegoria dell'umano, e che questa allegoria è stata ora accresciuta dalla proliferazione dei poteri scientifici e delle tecnologie informatiche. Trascendenza senza contrario: ovvero, la società si mantiene solo attraverso la comunicazione; comunichiamo solo attraverso i media; quindi, manteniamo senza superare le contingenze mediali della costruzione dell'umano - e i sistemi narrativi eseguono questo mantenimento. L'umano è nella stessa delegazione, dentro il passaggio, nell'invio, nel continuo scambio di forme, e questo statuto è distribuibile a tutto ciò che tocchiamo o che ci tocca: la natura umana è l'insieme dei suoi delegati e dei suoi rappresentanti, delle sue figure e dei suoi messaggeri. In questo mondo post-darwiniano, la forma umana ci è sconosciuta quanto quella non umana; quindi, è meglio parlare di (x)-morfismo invece di indignarsi quando gli esseri umani sono trattati come non umani o viceversa.
Le trasformazioni metamorfiche dei corpi - mescolanze sia fittizie che artefatte dell'umano e del non umano - ricorrono dai tempi arcaici a quelli contemporanei, assumendo forme demoniache che vanno dal magico al tecnologico. Metamorfosi testuali e quasi-oggetti tecnoscientifici sono entrambi trasformatori mediatori che eseguono operazioni di ordinamento sociomitico, negoziando le relazioni non tra cielo e terra, ma tra natura e società. I quasi-oggetti/soggetti partecipano a una continua produzione di mediatori culturali antichi e attuali il cui attributo comune è un propensione alla trasformazione metamorfica delle forme date e normative. Viste attraverso la lente dei concetti di rete, le immagini ricorsive delle metamorfosi risuonano con le evoluzioni operative, le mutazioni e le catastrofi occasionali, dei sistemi naturali e sociali.
L'estensione della socialità oltre le conversazioni umane alle comunicazioni di altri esseri viventi, che segnalano tutti i propri per sopravvivere, e alle cose non viventi che vengono travolte e ridefinite dalla natura e sistemi sociali, allora la vita e la sua evoluzione, compresa l'emergere e la messa in rete di menti e società in tutto lo spettro vivente, è tanto un fenomeno sociale quanto naturale. Quindi né la natura né la società potrebbero rimanere in essere senza le mediazioni traduttive che scorrono tra di loro: tutta la durabilità, tutta la solidità, tutta la permanenza dovranno essere pagate dai suoi mediatori. Quando si osserva che il reale e il demoniaco emergono e si fondono nelle costruzioni sia tecnologiche che narrative, le persone umane classiche - le essenze extra-ambientali dei sé, le anime mantenute da ideali stabilità corporee - diventano allo stesso tempo non moderne e postumaniste, attori relativizzati che svolgono funzioni operative e trasformazioni metamorfiche all'interno di reti e sistemi naturali/sociali. Questa non è una retrocessione dell'umano, ma un'elevazione del non umano a una corretta rappresentazione discorsiva.
IN/ANIMISMO
Una delle questioni controverse nel discorso sul cambiamento climatico è il problema dell'agire materiale o corporeo. Fino a tempi recenti, l'agire è stato il privilegio della coscienza umana. Ci siamo visti ontologicamente diversi dalla natura, cos’ come lo spirito dalla materia. Una tale distinzione ontologica giustificava le persone a usare la natura come risorsa per soddisfare i propri desideri. La Terra non era altro che un semplice sfondo per le azioni umane e la prosperità; tuttavia, il riscaldamento globale e il cambiamento climatico, che sono diventati abbastanza gravi da minacciare la nostra stessa esistenza, ci hanno costretti a riconoscere che la terra è agente a pieno titolo. Cosa c'è di più vivo e attivo di una tale catastrofe globale? Se teniamo presente l'attuale crisi ecologica, allora dobbiamo escogitare una nuova teoria dell'agire per riconoscere il ruolo attivo dei non umani.
Una cosa è separare l'agire dalla coscienza; tutt'altra cosa è separare l'agire dall'intenzionalità. Dobbiamo riconoscere che esiste una forma inconscia di intenzionalità. Più originale della nostra intenzionalità cosciente è l'intenzionalità corporea che ci unisce al mondo nel nostro rapporto con le cose intorno a noi. Il corpo stesso è intenzionale in quanto dirige e influenza gli altri, associandosi o dissociandosi da loro. Sullo sfondo dell'intenzionalità cosciente c'è l'intenzionalità corporea. Come si può pensare all'animismo senza tale intenzionalità corporea?
Il corpo non è materia inerte ma è il potere di influenzare gli altri e di esserne influenzato. Senza tale affettività, un corpo non avrebbe alcuna agenzia (il potere di agire). Agire è “fare” le cose, senza confondere "fare" con "funzione". Se la funzione è neutra e meccanica, allora il fare implica una qualche forma di desiderio, scopo e intenzionalità. Spinoza lo chiamò conatus, uno sforzo per persistere nel suo essere, sia esso umano o non umano. L’agire dovrebbe essere disaccoppiato dai criteri di intenzionalità, soggettività e libero arbitrio. Per prevenire il monopolio umano dell'agire, dovremmo proporre che l'agire non sia una data qualità ma ciò che modifica altri attori attraverso il corso dell'azione. Non dovremmo chiederci se il libero arbitrio sia umano o non umano. Una domanda del genere non è solo irrilevante, ma anche dannosa per la nostra comprensione dell'esatta natura dell'agenzia. L'unico problema è che tradisce la sua richiesta metodologica di iniziare la nostra indagine senza preconcetti. Non si chiede se esista una modalità dell'intenzionalità diversa da quella umana. Non prende in considerazione l'intenzionalità corporea.
L'agenzia definisce la capacità del corpo di influenzare o modificare altri corpi, non distingue gli umani dai non umani né ha bisogno di intenzionalità per la sua azione.
Il cambiamento climatico dimostra che la terra, che abbiamo definito inerte, è più viva di ogni altra cosa. Quale agente è più animato, energico e imprevedibile del riscaldamento globale e dell'innalzamento del livello del mare? La Terra sta tremando! Ora ha di nuovo un soggetto. Il potere agentico della terra è una realtà innegabile, non una costruzione teorica. Abbiamo colpito durTutti i corpi, umani o non umani, sono conatus nella loro essenza. Conatus significa il potere del corpo di agire da solo o insieme ad altre cose per persistere nel suo essere. Tutti i corpi con capacità di influenzare o essere influenzati tendono ad associarsi con o dissociarsi l'uno dall'altro per aumentare e intensificare il loro conatus .Tale intenzione incarnata non è molto diversa dal concetto di anima vegetale e animale: una pianta ha un'anima vegetativa e un animale un'anima sensibile, le loro anime aspirano a crescere e a propagarsi.amente il Reale della terra. La terra, che gli umani credevano di aver disanimato e addomesticato, è animata di nuovo con più forza prima. L'animismo, quindi, non è solo un'alternativa alla moderna visione del mondo, ma è l'unica teoria legittima che può spiegare un fenomeno come i terremoti.
L'animismo è una visione del mondo che non discrimina tra materia animata e inanimata. Potremmo definire l'animismo come una credenza nelle anime personali che animano anche quelli che chiamiamo corpi inanimati. Tutti i corpi, umani o non umani, hanno vita e volontà. Abbracciando una visione così vitale della natura, intendiamo sostituire il concetto di “cosa” con “cosa-potere”: perché le cose hanno propensioni, o tendenze proprie. Non soccombono passivamente al desiderio umano di controllo, ma resistono alla sottomissione. Animali, piante e pietre sono corpi energici e intenzionali come gli umani, anche se in modi diversi. Che siano umani o non umani, animati o inanimati, tutti i corpi si sforzano di preservare il proprio essere.
Ciò che tutti i corpi fanno, influenzando ed essendo influenzati in alleanza con gli altri, ha un significato in quanto riguarda la loro sopravvivenza o estinzione. La vita o la morte sono inseparabili dalla loro agenzia: il corpo con più connessioni con altri corpi è più reale e agentico dei corpi con meno connessioni o assemblaggi. Il corpo non è un'entità ma un processoin evoluzione più o meno efficace. Come non c'è corpo individuale senza assemblea, così non c'è assemblea senza corpo individuale. Il corpo non è chiuso in se stesso ma poroso e dinamico, e i suoi confini possono essere valicati.
Non sappiamo come spiegare l'animismo presente in materia inorganica come nelle pietre nelle macchine. Tuttavia, dobbiamo prendere atto che esiste una differenza significativa nell'intenzionalità materiale tra pietre e animali. Sebbene tutti i corpi senza eccezione si sforzino ugualmente di esistere, c'è un ampio spettro di differenze nel loro conatus, e sono singolari nei loro modi.
Ma può esserci animismo senza intenzionalità corporea?
L'intenzionalità corporea è uno dei tanti ibridi. Il corpo non è solo animato ma anche intenzionale. Sarebbe impensabile immaginare l'animismo senza lotte corporali. Non è sufficiente disumanizzare l'agire disaccoppiandolo dalla coscienza? Non abbiamo bisogno di separare l'animismo dall'intenzionalità: farlo significherebbe confonderlo con il meccanicismo.
Testo estratto da una conversazione tra Like A Little Disaster e ChatGPT
La mostra è prodotta da Like A Little Disaster con il contributo di Romano Exhibit e del Ministero Federale Austriaco delle Arti e della Cultura. Si avvale della partnership della Fondazione Museo Pino Pascali e del patrocinio del Comune di Polignano a Mare.
18
marzo 2023
And then an insurmountable tension, to the level of an incommensurability
Dal 18 marzo al 30 maggio 2023
arte contemporanea
Location
PALAZZO SAN GIUSEPPE
Polignano A Mare, centro storico, (Bari)
Polignano A Mare, centro storico, (Bari)
Orario di apertura
Ogni Sabato e Domenica dalle 18 alle 21
e su appuntamento
Vernissage
18 Marzo 2023, 18/24
Sito web
Ufficio stampa
Like A Little Disaster
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