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Other identity #55. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Fabio Weik
Arte contemporanea
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistato è Fabio Weik.
Other Identity: Fabio Weik
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Cerco di mantenere un distacco emotivo quasi forzato da una mia produzione, con scarsi risultati, forse stanco della disciplina dei graffiti che impone un certo egocentrismo e si sovrappone a tutta la tua vita sociale, attualmente cerco di rappresentare in maniera visiva ciò che è l’interesse sterile sociale, voglio identificarne i difetti, e ricercare su cosa attrae l’interesse umano».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Ho sempre pensato che l identità di una artista deve essere nel saper rappresentare il periodo storico che tu, persona, stai vivendo, mi identifico in questo, cerco di impormi delle regole, cerco di strutturare la mia professione al servizio di un ecosistema sociale, non penso di avere un identità, penso di avere un ruolo e devo rispettarlo con giudizio, non accomodarmi esclusivamente a ciò che può essere giusto o “hype”».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Preferisco che siano i lavori a vivere di apparenza sociale e pubblica, per me come persona cerco di stare fuori dai giochi anche se sono una persona molto interattiva, soprattutto nello scenario underground e questo porta inevitabilmente ad arrivare prima l’autore che la produzione. Mentre voglio che sia il percorso produttivo l’unica parte a rendersi estremamente pubblica al sociale. In un era dove tutto appare io voglio creare più attenzione su quello che si tende a nascondere».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Sono anche io uno dei colpevoli a cui piace riutilizzare il vecchio e riappropriarmi di ciò che è classico per contaminarlo di tutto ciò che è nuovo, a partire anche dalla scelta dei contenitori che ospiteranno il progetto e degli hardware utilizzati. Attualmente siamo in una società che non si basa solo da qualche cosa di visivo o di tecniche artistiche, un lavoro di una artista allo stato attuale deve fare fronte a dinamiche complesse di estetica, che si avvicinano a suoni scienza e sperimentazione e veri e propri stili visivi, oramai ha più importanza lo stile e il mood concettuale dato alla produzione finita che il prodotto finito, allo stesso tempo odio solamente l’effetto wow in un opera, ama che si tirino fuori i coglioni e non ci si sieda solo su estetiche e concetti da salotto».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un artista agli occhi del mondo?
«Io mi definisco un goffo chirurgo sociale (quello che poi uccide il paziente) e writer. Ho sempre dato tutta la mia vita per la creatività, dalle notti sui binari alle mie amicizie a i miei nemici a i miei amori, sono cresciuto con un indole artistica molto “proattiva”, quasi aggressiva nei confronti del mio quotidiano. Ora cerco le stesse cose in maniera professionale ma portando avanti concetti delle volte scomodi, mi interessa sono dare degli input di pensiero».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Nessuno mi interessa, non amo possedere le cose degli altri».
Biografia
Graffiti Writer dal 1997 e artista multidisciplinare. Esponente attivo della TDK crew e dell’Interplay crew di cui è il fondatore, ha partecipato a importanti interventi urbani, sia in Italia che all’estero. La sua identità underground rimane viva in strada e nel suo studio delle lettere, ma la sua voglia di comunicare non solo a un pubblico underground come quello dei graffiti, lo spingono ad avvicinarsi all’ambiente più istituzionale attualmente è tra le collezioni più importanti artistiche, ha installazioni permanenti in Fabbrica Borroni, e opere in alcune tra le più grandi collezioni: Cariplo, la collezione privata della famiglia Al Maktoum sceicco di Dubai.
Il lavoro di Fabio Weik rispecchia il contesto storico attuale e la società contemporanea dominata dai media e dalla televisione. Utilizzando simboli e icone popolari, un linguaggio artistico basato sulla rapidità di fruizione del messaggio e sulla conflittualità dei soggetti rappresentati, i dipinti, i video e le installazioni site specific, sono a tratti introspettivi ma sempre con riferimenti sociali. Le tecniche sperimentali e l’uso di materiali non convenzionali come acidi, vetro, polvere, gesso e oggetti comuni contribuiscono a spiazzare lo spettatore innescando un processo di identificazione e riflessione sulle tematiche dell’opera.
La sua produzione spazia dalle superfici metropolitane agli spazi pubblici e privati, alle tele, fino ad arrivare ai capi d’alta moda e alla musica. Nel 2009, infatti, disegna ed interviene sui capi della collezione A/I MISSONI uomo instaurando così un’originale collaborazione con Angela Missoni e i suoi stilisti trasformatasi in un rapporto d’amicizia. È creative director e regista, collabora con il mondo della moda e della musica, mantenendo la sua estetica, e la sua poetica artistica anche all’interno dei progetti trasversali.
Attualmente vive tra Milano, Dubai e Miami dove lavora anche come creative director per moda ed eventi culturali. Collabora ed è rappresentato da gallerie di Milano, Dubai, Pechino, Marrakech, Stoccolma, New York, Parigi, Spagna e Australia.